Musica
Laura, Charlotte e il violoncello
“A Drum Is A Woman” ci insegna Duke Ellington, ma a ben vedere è tra violoncello e corpo femminile che si è instaurato uno dei legami più sensuali e iconici nell’ultimo secolo.
Ci pensavo in questi giorni, quando il web è stato invaso dalle classiche foto della sfortunata Laura Antonelli, sia nell’atto di suonare il violoncello nuda, sia in quello di essere “suonata” da un infervorato Lando Buzzanca.
Le immagini sono quelle del film Il merlo maschio, diretto nel 1971 da Pasquale Festa Campanile e tratto da un racconto di Luciano Bianciardi.
Un classico della prima commedia sexy, ancora giocato su qualche velleità di tipo psicologico/analitico, prima che le docce spiate dalla serratura e le “dottoresse” si aggiudicassero il pubblico senza troppi riguardi.
Ci pensavo anche perché è da poco uscito un bel libro di Joan Rothfuss – si intitola The Topless Cellist – sulla figura della violoncellista Charlotte Moorman, che più o meno negli stessi anni esplorava con l’artista Nam June Paik una serie di performance multimediali in cui suona nuda (o con due schermi attaccati ai seni), o – rovesciando la prospettiva di Buzzanca – usando lo stesso Paik come violoncello.
Facile fare risalire l’archetipo di questa immagine a Le Violon d’Ingres, di Man Ray, fotografia della schiena di Kiki de Montparnasse su cui l’artista aveva dipinto, nel 1924, due “effe”, i classici fori di risonanza degli strumenti a arco.
E tra alto e basso (una semplice ricerchina su Google digitando nude+cello+woman vi chiarirà l’idea) l’accostamento continua a produrre frammenti di immaginario in cui si fondono l’aspetto “formale” – la somiglianza tra il corpo dello strumento e la schiena – e quello più superficialmente simbolico, dato da un oggetto che si tiene in mezzo alle gambe e che al tempo stesso “copre” ma suggerisce gesti e pratiche di (auto)erotismo.
Sebbene quasi “coevi”, non potrebbe essere più differente il “messaggio” della Moorman da quello veicolato dall’immagine di Laura Antonelli: se nelle performance della prima c’era una forte connotazione “politica”, di ridefinizione dell’indipendenza sessuale femminile, ne Il merlo maschio lo splendido corpo dell’attrice non si emancipa dal ruolo di oggetto e di ossessione che rappresenta per il marito (non a caso Buzzanca, che in quegli anni “era” l’homo eroticus per eccellenza del nostro cinema) e, conseguentemente, per tutti gli spettatori.
A oltre quarant’anni di distanza – e sottoposti come siamo a un tale bombardamento di immagini che usano il corpo – queste annotazioni possono fare forse sorridere, ma ci ricordano una volta ancora come l’immaginario contemporaneo sia attraversato da elementi anche contrastanti che diventano difficili da districare.
Insomma, adesso questa cosa di pensare alla Antonelli quando mi occupo di Charlotte Moorman o viceversa non me la tolgo facilmente dalla testa!
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