Ambiente
La storia del sindaco che ha salvato Norcia. Ricostruire bene si può e si deve
Chi c’è dietro la ricostruzione del terremoto che nel settembre del 1979 devastò Norcia? Il sindaco all’epoca era Alberto Novelli, un personaggio che ha regalato – grazie all’amore per la sua città – l’eredità più importante. Quella che ha permesso alla «sua Norcia», di resistere all’ennesimo micidiale terremoto. Anche adesso, tanti anni dopo.
La sua storia è travagliata. Molto travagliata. Fatta di battaglie per la città e la Valnerina tutta, ma anche di inchieste giudiziarie. Chi lo conosceva lo descrive come «un uomo tenace, intelligente, costantemente animato da uno spirito di servizio incondizionato per la sua terra, testardo e determinato nelle sue battaglie volte ad ottenere riconoscimento e maggiore attenzione per Norcia, appassionato e instancabile nel suo impegno politico e civile».
Ma andiamo per ordine. Il ruolo di Novelli nella ricostruzione è stato determinante. Con il terremoto del ’79 mette da parte i contrasti che aveva avuto più volte con i vertici della «Regione rossa» – una delle accuse che aveva fatto era proprio quella che per i precedenti eventi sismici della zona le istituzioni regionali non aveva speso adeguatamente i soldi assegnati – e si rende subito disponibile per collaborare.
Insieme a Franco Giustinelli, all’epoca assessore regionale delegato alla gestione del post-sisma in Umbria e successivamente senatore per il Partito Comunista, crearono un coordinamento di emergenza. Novelli, come ha raccontato qualche hanno fa lo stesso Giustinelli, «volle fortemente una nuova normativa per la ricostruzione che privilegiasse la sicurezza dei cittadini e, convergenti su questo punto, istituimmo cantieri pilota in queste zone, elaborammo piani di recupero ad hoc e fummo promotori di misure specifiche per lo sviluppo non solo edilizio, ma anche infrastrutturale e culturale».
DETERMINAZIONE E VISIONE A LUNGO TERMINE
«È stato lui, con la sua determinazione e la sua innovativa capacità di disegnare un percorso verso il futuro, a definire obiettivi e modalità della ricostruzione». A parlare in esclusiva a Gli Stati Generali è Michele Sanvico, autore del libro Sindaco Novelli. L’orgoglio della ricostruzione, la fierezza dell’onestà. Alberto Novelli, primo cittadino di Norcia dal 1975 al 1986, «ha condotto la sua gente attraverso quel periodo così difficile scegliendo sempre le soluzioni in grado di assicurare il bene della città, senza percorrere quelle scorciatoie che gli avrebbero certamente garantito un consenso più facile e immediato, e anzi combattendo sempre per convincere i sui cittadini che era necessario procedere ad una ricostruzione pensata non solo per se stessi, ma anche per i propri figli».
Il sindaco di allora aveva pienamente compreso come il terremoto costituisse una opportunità unica per rendere Norcia – all’epoca una remota località della spopolata Valnerina, terra di emigrazione – una città moderna. «Si trattava – spiega Sanvico – non solo di effettuare una completa ricostruzione antisismica di tutto il patrimonio edilizio, ma anche di difendere dalle spinte speculative il tessuto urbano storico in tutti i suoi pregevolissimi aspetti d’arte e di bellezza. Non gli bastava ricostruire: voleva preservare, recuperare e rinascere». Per far questo, bisognava percorrere un’unica strada. «Una completa pianificazione dall’alto, tramite la quale il Comune di Norcia avrebbe potuto avere il pieno controllo sulla verifica dei danni, sulla progettazione preliminare e infine sulla redazione dei Piani di Recupero, gli innovativi strumenti urbanistici introdotti solamente pochi anni prima con la legge n. 457/1978».
I vantaggi di questo approccio ricostruttivo sono stati enormi. «Innanzitutto – continua l’autore del volume su Novelli – la messa in sicurezza dell’intera città. Gli interventi attuati nell’ambito dei Piani di Recupero andavano ad insistere non sulla singola unità immobiliare, ma sulla cosiddetta Unità Minima di Intervento (U.M.I.)». Nella piccola cittadina umbra, quasi tutti gli edifici storici sono strutturalmente connessi tra di loro, «poggiano muro contro muro». E non avrebbe avuto alcun senso realizzare interventi antisimici su di un solo appartamento, o anche su di un singolo palazzo: «bisognava agire sulla U.M.I. nel suo complesso, organicamente, inchiavardando tra di loro tetti e solai, anche appartenenti ad immobili diversi. Ed il risultato si è visto oggi: i gruppi di edifici individuati all’epoca come U.M.I. e oggetto di intervento antisismico hanno retto anche oggi di fronte a scosse telluriche tra il 5° e il 6° grado Richter».
LA COMPLESSA STORIA GIUDIZIARIA
Successivamente, Novelli – che si è sempre dichiarato innocente – è stato indagato per il reato di concussione, relativamente alla gestione dei fondi per la ricostruzione e nel 1989, l’ex sindaco, dopo 10 ore di camera di consiglio, è stato condannato a 2 anni e 10 mesi di reclusione. Condanna mantenuta anche in appello. «Si tratta di una vicenda giudiziaria estremamente amara», racconta Sanvico. «All’inizio del 1983, i Piani di Recupero sono ormai pronti: si può cominciare a ricostruire. I privati, ora protagonisti, dovranno stipulare contratti con le imprese da loro prescelte per la riedificazione delle U.M.I. di cui fanno parte. Ma nel circondario di Norcia, non esiste un numero sufficiente di imprese in grado di condurre un’attività così estesa e complessa. Numerose imprese vengono quindi invitate a recarsi a Norcia da tutta Italia per valutare la possibilità di lavorare in loco».
Le prime a rispondere all’appello sono alcune imprese con base nel Veneto, che in seguito risulteranno essere già in difficoltà finanziarie, le quali, dopo avere stabilito i primi cantieri, riscuoteranno i primi pingui anticipi per poi sparire. Secondo le accuse, «Alberto Novelli avrebbe invitato quelle ditte a Norcia garantendone l’affidabilità di fronte ai concittadini; avrebbe inoltre riscosso da esse tangenti per far sì che i privati affidassero loro i lavori. Viene costruito un multiforme teorema accusatorio, che porterà nel 1986 alle dimissioni di Novelli dalla carica di sindaco». In seguito, nel 1989, continua l’autore del saggio Sindaco Novelli. L’orgoglio della ricostruzione, la fierezza dell’onestà, dove viene analizzata dettagliatamente anche l’intera vicenda giudiziaria, «si giungerà ad una condanna in primo grado e ad una successiva conferma in appello alla fine del 1990, che riguarderà uno solo degli episodi inizialmente oggetto del complesso castello di accuse, e per la sola, discutibile concussione con induzione, essendo cadute le accuse per ogni altro infamante reato».
UN PERSONAGGIO SCOMODO
Alberto Novelli era un personaggio ingombrante, scomodo per molti. A causa del terremoto, su Norcia sarebbe discesa una pioggia di miliardi e miliardi delle vecchie lire, oltre 135 miliardi fino al 1989. «Quei soldi – spiga Sanvico – facevano gola a molti. Come in Friuli, come in Irpinia, avrebbero permesso di costruire e costruire e costruire ancora. Molti avrebbero potuto godere dei frutti dell’enorme speculazione edilizia che ne sarebbe scaturita». Purtroppo, però, il sindaco in carica stabilì che sarebbe stato il Comune, e non i privati, a decidere cosa, come e quando costruire, imponendo una completa pianificazione dall’alto. «Senza contare il malcontento prodottosi tra la popolazione in conseguenza della dilatazione dei tempi della ricostruzione: studiare, pianificare, progettare con cura significava non poter mettere subito mano a cazzuola e calcina, e dunque attendere un maggiore numero di anni in tenda, prefabbricato o roulotte. Molti – quel sindaco – non potevano sopportarlo».
Inoltre, Alberto Novelli rappresentava un personaggio scomodo anche per il suo partito, la Democrazia Cristiana (DC). «Negli anni ’70 e ’80, infatti, la DC governava la piccola enclave della Valnerina, perduta nel mare di una pervasiva egemonia comunista distribuita nel resto della regione Umbria. I maggiorenti locali della DC, accusava pubblicamente il Novelli – nelle interviste sui giornali e nelle sedi di partito – si erano accomodati in posizioni di comodo a margine della vita economica e politica, con il benestare dello stesso Partito Comunista Italiano (PCI) e dunque rinunciando a fare vera opposizione tra la gente. Alberto Novelli stava crescendo, puntava ad acquistare una dimensione regionale ed in seguito nazionale. E dava fastidio a molti». All’inizio degli anni ’80, «il sindaco Novelli si è trovato ad essere isolato. Ed è stato facile, con una inedita convergenza di interessi, creare le condizioni affinché egli si trovasse costretto ad abbandonare la carriera politica. Provocando, però, anche la morte dell’uomo».
NEL CUORE DELLA GENTE DI NORCIA
Ma qui a Norcia, dove la terra continua a tremare, Alberto Novelli è rimasto un eroe e qualche anno fa gli è stata dedicata anche una via della città. «È rimasto scolpito nella mente dei cittadini di Norcia come l’uomo che ha saputo ricreare Norcia dopo il terremoto del 1979, ma anche come il capace amministratore che già nel corso degli anni ’70 aveva operato fattivamente per rendere moderno e aperto al mondo il capoluogo della Valnerina, portando nuovo benessere a tutta la popolazione». Il primo cittadino di Norcia di allora, «voleva mettere in pratica ciò che egli stesso aveva affermato molti anni prima, e cioè che “chi volesse operare a favore della Valnerina, doveva farsi missionario, intendendo in ciò, una totale capacità di porsi al servizio della Valle, in modo globale e continuativo”». Una missione che, nell’animo di uomo nato all’interno di una famiglia di contadini, «era sostenuta ed alimentata da un profondo amore per la propria terra». Ed è per questo che, oggi, «è importante riconsiderare la figura di quest’uomo, che ha donato la vita per la propria gente ed il proprio territorio, spegnendosi il 5 dicembre 1990, sei giorni dopo la pronuncia della sentenza di appello».
«Quasi profeticamente – conclude Michele Sanvico – un anno prima di morire, in un ultimo discorso pubblico, Novelli aveva pronunciato queste parole: “devo difendere la mia amicizia con la gente. E un bel giorno si vedrà, chi avrà ragione”. Oggi, forse, quel giorno è arrivato». Ma una cosa è certa. Se oggi in Umbria non si piangono nè morti nè feriti gravi, è sicuramente anche merito di Novelli. Morto, ancora da innocente, aspettando la Cassazione.
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