Teatro

La grottesca tragedia del tempio italiano della tragedia

14 Febbraio 2016

Se non fosse il “tempio” della tragedia, ci sarebbe da ridere. Risate amare, amarissime. All’Inda, Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa, si procede per commissariamenti e inchieste multiple di magistratura e ministero. Lo storico ente siciliano, che ha da poco compiuto 100 anni, è di nuovo sotto i riflettori non tanto per la qualità delle produzioni che ogni anno, a maggio, richiamano migliaia di spettatori, quanto per un dissesto interno sistematico, che sembra un costante, inarrestabile crollo. Difficile capirci qualcosa, da fuori, ma provo a spiegare quanto ho intuito.

L’Inda è uscita dal commissariamento appena due anni fa, ma è di nuovo commissariata. Anche perché la magistratura ha rinviato a giudizio due dipendenti. E il Mibact di Dario Franceschini, che finanzia annualmente con una quota fissa di un milione di euro, dopo una indagine ispettiva sulla gestione, ha giustamente deciso per tale soluzione.

Il sovrintendente Gioacchino Lanza Tommasi, nominato il 20 dicembre 2014, si era già dimesso ma esce malamente da questa storia; e il “consigliere delegato” Walter Pagliaro (che potrebbe essere una sorta di “direttore artistico”) ha appena fatto una aspra conferenza stampa per denunciare il clima invivibile che si respira in città. Il Sindaco di Siracusa, nonché presidente dell’Inda, il piddino Giancarlo Garozzo, festeggia per l’arrivo del commissario, senza forse accorgersi che è la sua stessa gestione ad essere commissariata.

Un bel pasticcio, insomma. Senza dimenticare che a Ortigia, in bellissimo centro storico di Siracusa, c’è un magnifico teatro in perenne restauro, le cui sorti sono quanto meno buie. Il fatto è che il teatro a Siracusa, e l’Inda in primissimo piano, è da sempre oggetto e soggetto di “sottopotere” politico locale – su cui ha regnato a lungo Stefania Prestigiacomo; di scontro di faide (interne ed esterne) che ne inficiano la regolare attività. A meno di due mesi dalla stagione (annunciati Alcesti, Elettra e Fedra di Seneca, ma ancora tutt’altro che definita), arriva il commissario Pierfrancesco Pinelli. Manager di qualità, già chiamato a commissariare il settore lirica, Pinelli ha il compito non facile di rivedere lo statuto, che era stato “aggiornato” nel 2004.

Lo statuto prevedeva, infatti, una sorta di “triumvirato”: oltre al CdA, c’è il sindaco-presidente, il sovrintendente e il consigliere delegato, tutti più o meno con potere decisionale. Tanti galli a cantare nel pollaio ricco di Siracusa, e non a tutti, però, sono richieste le necessarie e specifiche competenze di settore. Nel mezzo volano gli avvisi di garanzia, anche con capi d’accusa pesanti, per alcuni soggetti con compiti organizzativo-amministrativi: siamo “innocentisti” fino a prova contraria, ma certo è che la gestione, nei meandri siracusani, non sia adamantina.

Walter Pagliaro, gentiluomo oltre che bravo regista, non nasconde la sua amarezza: «Ci sono diversi atteggiamenti nei confronti della legalità e della trasparenza. A fronte di avvisi di garanzia pesanti, che riguardano persone che lavorano all’interno dell’Inda con responsabilità importanti, noi del Cda dovevamo un qualche modo prendere le necessarie distanze. Detto questo, mi spiace, però che il Ministro Franceschini si sia in qualche modo “lasciato prendere la mano”: dopo il commissariamento di due anni fa, stavamo ricominciando a lavorare, avevamo individuato le criticità dell’Inda e stavamo facendo, credo, un buon lavoro per ritrovare qualità nella proposta artistica».

Per Pagliaro la scelta di commissariare, dunque, non è la più adatta?

«Il precedente commissario, Alessandro Giachetti, bravissima persona, non sapeva nulla di teatro, e aveva dato una serie di deleghe piene alle persone ora indagate: le mansioni di queste persone erano totali all’interno della governance dell’Inda. Ovviamente, non conoscendo il settore, Giachetti si è affidato agli “uffici”. Questo è il risultato».

È necessario rinnovare lo Statuto?

«Da una parte ci può essere l’idea di uno statuto da rinnovare: quello che abbiamo è vecchio di 15 anni, è stato ereditato da altre situazioni, frutto di altre mediazioni politiche fatte allora, anche nell’ottica di “collocare” qualcuno o qualcun altro». Ecco perché c’è questa sorta di “sovrapposizione” di cariche. Ma all’interno dello statuto sarebbero già previsti contrappesi che bilanciano i poteri. Si tratterebbe solo di osservarlo, lo statuto: se semplicemente te ne freghi non si va da nessuna parte».

Al di là delle indagini della magistratura, dunque, dove è il problema?  

«Pensiamo che il presidente dell’Inda è il sindaco di Siracusa. E il Sindaco Garozzo ha interpretato il suo ruolo non solo come rappresentativo, ma in maniera decisamente operativa: e questo ha creato problemi».

Il sovrintendente Lanza Tomasi lamentava l’eccessiva responsabilità artistica data al “consigliere delegato”…

«Ho trovato deludente – risponde Pagliaro – il suo atteggiamento. Ha pensato che avesse gli stessi compiti di Pereira alla Scala, ma non è così. È un titolo che ha orgine politica, inserito al tempo nello statuto Inda per favorire qualcuno. Ma se si va a leggere bene, appare chiaro che è assimilabile alla figura di “direttore organizzativo”, non artistico. E Lanza Tomasi, pure persona preparata in Opera, di prosa non sa nulla, non conosce registi e attori del nostro teatro».

In questo bel clima da “teatrino all’italiana”, cosa serve per il futuro dell’Inda?

«Non potevamo andare avanti così, senza una comunione di intenti: era diventato uno stillicidio. Servono competenze, indipendentemente dallo schieramento politico. Nessuno dei membri del CdA andava a teatro. Non c’era linguaggio comune tra noi: ma così come si ragiona? C’è una carenza culturale all’interno dell’istituto – conclude Pagliaro – e non c’è innovazione. L’Inda ha conosciuto periodi, con la guida di un illustre intellettuale come Giusto Monaco – che certo non era un leninista – di grande apertura: Monaco chiamava registi come Cobelli o Trionfo, che scandalizzavano il pubblico. Ora, invece, l’Inda sembra il regno della muffa fascista: un luogo reazionario, conservatore».

Comunque, al solito, la stagione 2016 si farà: la città vive di quella manifestazione. Importa forse sempre meno la qualità, ma si va avanti, come pugili suonati. Due commissariamenti in pochi anni sono un fatto grave e, vista la situazione, non sarebbe inopportuno fermare tutto per un anno e pensare ad un progetto di respiro non solo locale e regionale ma mediterraneo e internazionale. Guardare al futuro, dunque, senza inchiodarsi al solito conservatorismo di un “classicismo” farlocco e inutile: l’innovazione, anche e soprattutto nei territori della tragedia greca (e romana) non solo è possibile, ma auspicabile. Chi se ne occuperà?

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In copertina, il Teatro greco di Siracusa, foto di Federico Lukkini, licenza CC

 

 

 

 

 

 

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