Teatro
Le meraviglie del Teatro di Figura
Non so come sia andata a voi, ma mio figlio è rimasto molto colpito, impressionato e spaventato dai fatti di Parigi. Ha otto anni. E per lui elaborare una tale quantità di notizie non è facile. Da quel giorno, avverte una certa, insondabile, “paura”: un sentimento ovviamente comprensibile, ma da non sottovalutare.
Perché poi ci sono davvero troppe “istigazioni alla paura”. Ovunque. Cresce innegabilmente una apologia della paura, un senso diffuso di insicurezza che viene sistematicamente coltivato, complici – come ben sappiamo – media sicuramente energici nel cavalcare l’ondata di terrore e la fibrillazione collettiva, e dei politici che sciacalleggiano sulla confusione altrui pur di stare tre minuti in più in tv.
Roma, inoltre, registra un sensibile aumento di aggressività, di rabbia malcelata, di tensione contagiosa – cui dà buoni argomenti anche il disservizio diffusissimo, a tutti i livelli: ce ne accorgiamo in metropolitana, in strada, alla posta. Tutti pronti a urlare o a menar le mani per prevaricare l’altro.
Allora, contro la fantomatica minaccia, con i vecchi e nuovi “invasori”, contro l’eterno “uomo nero”, la prima reazione è tapparsi in casa, chiudere porte e finestre e star là, serrati, e sperare che il nemico passi oltre.
I bambini tutto questo lo avvertono, eccome.
Ecco perché ho visto con molto entusiasmo uno “spettacolino” di egregissima fattura, firmato da tre attrici-perfomer-manipolatrici che con grande garbo e sapienza affrontano proprio il tema della paura. Il gruppo si chiama Unterwasser, lo spettacolo Out e loro sono Valeria Bianchi, Aurora Buzzetti, Giulia De Canio e già si sono fatte notare in vari premi nazionali. Nella vivace stagione del Teatro Brancaccino, il lavoro è stato accolto da sinceri applausi.
La storia ha come protagonista un bambino dal corpicino fatto a forma di gabbia: dentro cela un uccellino, e vive chiuso – anche lui – nella gabbia della propria stanzetta. Il mondo fuori è rumoroso e pericoloso: meglio, appunto, starsene chiusi dentro.
Poi, però, accade che quell’uccellino-cuore scappi, prenda il volo, fuggendo dalla finestra inopinatamente aperta. E il piccolo eroe di legno deve, per forza, affrontare il mondo. Deve uscire fuori.
Inizia così il più classico dei viaggi-avventura, alla scoperta del sé e dell’Altro, passando dal timore-tremore iniziale a una consapevole coscienza della libertà. Le avventure si susseguono, gli incontri straordinari si moltiplicano, le magie incantano, come nella migliore tradizione della “morfologia della fiaba”.
Il percorso iniziatico è dunque un viaggio dentro se stessi, ma che attraversa il mare e la natura, con lucciole e gabbiani a far da interlocutori. Un viaggio in cui capita di imbattersi in un adulto che parla a vanvera e non ascolta, o in una vecchietta che è un pupazzo il cui corpo è fatto di cassetti: ad aprirli vengono fuori ricordi, musichette d’antan, memorie di un passato anche doloroso in cui riecheggia una guerra lontana.
Non mancano, ovviamente, momenti di spavento: ma è proprio sul superamento della “paura” che insiste lo spettacolo, e lo fa in modo equilibratissimo.
Nel silenzio generale – non una parola, nello spettacolo, ma un bel flusso di rumori e musica – i pupazzi, gli oggetti, le ombre si animano e commuovono, come si dice, grandi e piccini.
Non sono un esperto di teatro di figura, ma mi piace come – con sapienti trasformazioni della materia, sappia essere letteralmente meraviglioso: oggetti quotidiani assumono valenze semantiche altre, materiali spesso semplici e primari sprigionano capacità evocativa e onirica. In simili soluzioni, Out dà il meglio di sé. Bianchi, Buzzetti, De Canio gestiscono bene, con partecipe serietà, anche i cambi scena che scandiscono la narrazione in quadri o stazioni. E questa semplice e mirabolante avventura svela il chiaro messaggio: apriamo la gabbia del nostro cuore, inutile chiudere, erigere barriere, inutile serrarsi in casa. Meglio esplorare, volare, nuotare, giocare. O no?
E il pubblico di bambini, di prima e seconda elementare, che assisteva allo spettacolo, con grande attenzione e partecipazione emotiva, forse ne farà tesoro.
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