Festival Orizzonti, atto secondo: parliamo dei danni?
Resta ancora avvolta nel mistero la repentina chiusura del Festival Orizzonti. Al di là delle rare prese di posizione politiche, infatti, ci si confronta con una evidenza: il festival non si farà. Danni ce ne saranno anche nel territorio, in termini di indotto, ma la qual cosa, peraltro, non sembra scaldare gli animi: nemmeno il sito del festival dà ancora la notizia e, oltre alla attenta stampa locale, c’è stato un appassionato, partecipe articolo quasi “dall’interno” di Andrea Pocosgnich su Teatro e Critica ma poco altro.
Così chi ci rimette più di tutti, come al solito, sono gli artisti. L’altro giorno abbiamo dato spazio alle amare costatazioni di Roberto Latini, che inerme vede tramontare un progetto di compagnia che aveva sostenuto e che lo aveva già visto impegnato.
Oggi è la volta della compagnia Leviedelfool, di Simone Perinelli e Isabella Rotolo, uno dei gruppi che aveva creduto nell’impegno produttivo del Festival Orizzonti. Il loro nuovo lavoro, Heretico, avrebbe dovuto debuttare proprio a Chiusi. Dopo un’interessante anteprima fatta a Firenze, nell’ambito di Fabbrica Europa, (ne parlava qui Tommaso Chimenti) ora lo spettacolo si trova in un limbo inquietante.
«La chiusura del Festival Orizzonti – dicono Perinelli e Rotolo – ci mette di fronte ad una situazione inaspettata e quanto mai imbarazzante perché Heretico è prodotto proprio dal Festival. La decisione improvvisa della Fondazione Orizzonti d’Arte ci priva del debutto, del contributo di produzione che sarebbe andato a coprire le spese già sostenute dalla compagnia, ma soprattutto ci priva della dignità del nostro lavoro». Aggiungono i due fondatori del gruppo:«“Con la sospensione del Festival decade tutto quanto e quindi anche le quote di coproduzione” è la frase sintetica, quanto mai lapidaria nel testo di una mail ricevuta il 30 maggio che sancisce oggi, a meno di due mesi dal debutto, la fine di un accordo produttivo siglato il 5 ottobre scorso. Crediamo che un festival che chiude sia un segnale grave: ma il fatto che lo faccia a due mesi dal suo inizio senza tener conto dei danni recati agli artisti e facendo decadere degli accordi senza preavviso, crediamo sia gravissimo. Nonostante oggi disponiamo di tutti i mezzi tecnologici necessari per abbattere le distanze geografiche, ci chiediamo quale buco nero comunicativo abbia separato la direzione artistica del festival Orizzonti dall’amministrazione comunale di Chiusi, tanto da non aver preso le dovute precauzioni molti mesi prima, evitando questo grande disagio generale a ridosso del festival e a giochi fatti. Ancora una volta ci rimboccheremo le maniche, sorvoleremo sui disastri creati da questa mala gestione della politica culturale, ci assumeremo la responsabilità di portare il lavoro al suo meritato debutto».
Sospesi in un angosciante limbo sono anche gli otto selezionati (su 450 domande) della ormai ex compagnia, che non nascondono perplessità, tanto da elaborare un comunicato stampa – pubblicato a fine articolo. Maria Valentina Principi, una dei selezionati, ci racconta la breve, brevissima esperienza con la compagnia del Festival Orizzonti.
«Ho partecipato al bando – parlo per me, ma anche per molti altri – perché volevo l’opportunità di lavorare guidata da Roberto Latini, confidando poi di trovare un esito all’interno di un festival di rilievo. Non fare solo un laboratorio, dunque, ma iniziare un percorso insieme: anche perché si presupponeva, almeno da bando, che questa diventasse davvero la compagnia stabile del festival, dunque con una continuità di impegno nel tempo, al di là del primo anno. Ciò non era specificato, né ci era stato detto se ci sarebbero state ulteriori repliche ma era, come dire?, nello spirito del bando stesso. Erano comunque previste e annunciate due date di spettacolo nel festival 2017».
Come si spiega le 450 domande arrivate?
«Non credo che tutti avessero le stesse motivazioni o aspirazioni, ovviamente. Lo si intuiva anche durante i provini: c’era un po’ di tutto. In generale era condivisa la ricerca di una possibilità di lavoro, ormai rara in questo Paese. E diffuso il desiderio di incontrare qualcuno che avesse una propria poetica, un peso nella scena nazionale come Roberto Latini. Altri, inutile negarlo, hanno provato per provare».
Questi provini come sono andati?
«Latini ha seguito la sua linea di lavoro, abbiamo passato assieme 4 o 5 ore, vedeva molte persone, ma si è dedicato con attenzione a noi. Poi c’è stata la selezione e sono stata scelta con altri sette».
E avete iniziato a lavorare…
«Sì, partendo prima da un testo su Pirandello e Marta Abba di Katia Ippaso, poi seguendo altre suggestioni. Ognuno di noi portava i propri contributi creativi d’attore. La bellezza del gruppo selezionato è che venivamo tutti da esperienze diversissime: e dunque è stato, da subito, un bell’incontro, con cui potevamo crescere professionalmente. Abbiamo lavorato due settimane in due mesi diversi, ma nelle “pause” continuava la ricerca singolarmente, indipendentemente dall’incontro, facendo memoria, o discutendo assieme. Poi è arrivata la telefonata, da parte della persona della Fondazione che si interfacciava con noi: ci è stato detto apertamente dei problemi economici, pochi giorni prima che il sindaco prendesse la decisione definitiva».
Poi che è successo?
«Telefonate di rito. Ma ci siamo chiesti: possibile che non si sapesse dell’esistenza di un deficit così grande, di 300mila euro, prima della pubblicazione del bando? Anche se alla Fondazione hanno lavorato con noi e per noi in tutto quel tempo, bisogna assumersi la responsabilità di quel che si decide di organizzare. È stata una leggerezza incredibile ».
Adesso che fate?
«Niente. Non credo si possa fare alcunché. Non abbiamo firmato contratti. Abbiamo accettato, da bando, condizioni capestro, in buona fede, per la stima in Roberto Latini. Collocati, a zero, per le prove, solo con assicurazione. Poi saremmo stati pagati per due repliche. Ma, come detto, speravamo fosse l’inizio di un percorso. Invece il contratto non è mai arrivato. Ora abbiamo chiesto pareri legali, e stiamo aspettando risposte. Ma temo finisca tutto qui. Intanto abbiamo investito dei soldi, pagandoci i viaggi da tutta Italia, rinunciando ad altri lavori».
E Latini?
«Ci siamo sentiti, ci ha chiamato. Già aveva espresso perplessità di fronte alle 450 candidature, si sentiva il peso di questa responsabilità. Ci si è dedicato, ha lavorato. Per questo risultato…».
Di fatto questi episodi sono sempre meno saltuari o straordinari, e stanno diventanto, anzi, una triste abitudine. Si può fare qualcosa? Sembra troppo chiedere alla politica, locale e nazionale, di fare la politica – ossia dare indirizzi, regole chiare, investimenti e finanziamenti adeguati alla vita culturale? E se gli organizzatori e gli amministrativi rispettassero un poco di più, anche solo un poco di più, gli artisti? E se gli artisti, i tecnici, e tutti coloro che fanno vivere il teatro, si facessero sentire un po’ di più?
Ecco il comunicato degli otto attori e attrici della dissolta Compagnia del Festival Orizzonti:
Questa è una Breve Storia Triste. Non più di altre tristi storie, non meno. È triste e si ripete. A Chiusi si chiude. Siamo gli otto attori selezionati: lo siamo nella purezza, nel coraggio e nella dedizione con cui ci siamo imbarcati nell’esperienza Orizzonti. Ma, prima di essere tra gli otto, siamo anche ognuno dei 450 che si erano candidati al Bando Orizzonti, nel desiderio e nella desolazione. Nessuno avrebbe mai pensato che per la Compagnia Orizzonti, l’orizzonte fosse così vicino, un orizzonte mortificante e indegno. Indegno per il professionista e per la persona. Non ci sono parole che possano esprimere lo sgomento e la delusione di noi artisti coinvolti – e presi in giro – dalla Fondazione Orizzonti. Dopo le 450 richieste, abbiamo partecipato a una ulteriore selezione con 150 persone, abbiamo iniziato un percorso e stavamo per entrare nel vivo del lavoro.
Tutto questo a condizioni economiche comunque già minime, ma che avevamo accettato spinti dall’occasione preziosissima di creare insieme a Roberto Latini. Dall’opportunità di creare una compagnia che, secondo gli intenti, sarebbe dovuta diventare DEL festival, quindi – si supponeva – una compagnia STABILE. Invece l’ingiustizia che stiamo vivendo ci ricorda che nulla è stabile per chi sceglie questo mestiere. Neanche il rispetto. La dignità. La trasparenza. Hanno giocato? Se così fosse lo hanno fatto con lievità. Nessuno potrà restituirci il desiderio, l’amore, l’energia, la fatica, il tempo che abbiamo investito in un progetto destinato a naufragare all’inizio del suo percorso. Fino a che punto ci si può spingere, fino a che punto, ci chiediamo, si può essere coinvolti nell’andare a fondo?
E’ possibile, a soli due mesi dal festival, con una programmazione già confermata e accordi già presi e in essere, scoprire dell’esistenza di un grave problema di bilancio? E se non era un segreto, com’è stato pensabile emanare due bandi pubblici nazionali – a cui peraltro hanno aderito tante centinaia di giovani artisti – per far saltare tutto violentemente due mesi dopo? Com’è possibile agire con tanta leggerezza, superficialità e indifferenza? Com’è possibile che ancora, per l’ennesima volta, si giochi con le vite e la sensibilità di professionisti che si impegnano, investono, che credono? Un buco enorme, nel rispetto, nella cura, nella dignità. Vogliamo tutti giustizia e chiarimenti da una Fondazione poco trasparente e ingiusta.
Noi, in quanto attori della Compagnia Orizzonti nata per l’edizione “#Vita” del Festival e destinata a morire, invochiamo giustizia. Se siamo stati imbrogliati, che si sappia e che non si lasci naufragare tutto questo nell’indifferenza. Una compagnia che muore sul nascere, violata e macerata, e con lei muore tutto ciò che si poteva. Si poteva, sì, si poteva. Ma non si può, non se ne può. Più. E questo è un racconto breve, di una breve storia triste, che non si può, non si può più.
Seguono le firme:
Federica Carra, Nicolò Todeschini, PierGiuseppe Di Tanno, Sara Firrarello, Maria Valentina Principi, Letizia Bravi, Riccardo Spagnulo, Matteo Ciucci.
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