Teatro
Ariane Bieou, manager: da Matera2019 nuovi valori per l’Europa
Mentre si spengono i riflettori sull’edizione 2017 del Festival Nessuno Resti Fuori, a Matera non si smette di progettare. Andrea Santantonio e Nadia Casamassima, i giovani ideatori della manifestazione, già pensano alla prossima edizione e guardano, con attenzione, a quanto c’è da fare. Naturalmente, punto di riferimento di ogni progettualità in città e in Regione è la Fondazione Matera2019.
Ariane Bieou ne è da qualche mese manager culturale: dopo varie esperienze internazionali – e molti anni passati in Italia – arriva nella futura Capitale della Cultura con un bagaglio di lavoro non indifferente. Ci accoglie nella casa al Sasso Barisano, alza gli occhi dal computer e per prima cosa prepara il caffè. Accoglienza molto mediterranea per una manager di piglio sicuramente europeo…
La grande domanda che grava sulle teste di tutti è: “opportunità” o “baratro”? A Matera sono altissime le aspettative per il 2019…
Sono, in questa fase, aspettative emotive. Dopo aver vissuto il momento di entusiasmo e di euforia per la vittoria della candidatura, c’è stato un tempo di attesa. E oggi un momento di messa a sistema che crea, all’esterno, una sensazione di stallo. Ma stiamo lavorando. Credo che nelle attese ci sia un senso di riscatto e un’ansia per il futuro. Io non mi occupo del riscatto, ma posso e voglio mettere le basi operative per creare la migliore Capitale europea possibile e assicurare la sostenibilità e la continuità del dopo. Non è una banalità, fa parte del programma: ma pensare al “dopo” è per me una condizione sine qua non. Anche in questa prospettiva, nello spirito del dossier, la fase operativa è pensata in costante “co-creazione”, senza protagonismi da direttori artistici.
Sembra partire tutto dal basso…
Non diciamo dal “basso” o dall’”alto”, sono categorie che non mi piacciono. Diciamo dalla comunità, e non solo. La domanda è: “Cosa Matera e la Basilicata portano all’Europa e cosa l’Europa porta a Matera e alla Basilicata”? Allora, dalla comunità andiamo verso l’Europa identificando cosa caratterizza fortemente questo territorio anche come “soluzione” o “chiave di lettura” della nostra società.
Che impatto ha avuto arrivando a Matera? Lei cosa porta in questa città, con il suo sguardo?
Mi preme dire una cosa. Quello che si è fatto a Matera fino ad oggi, e si continua a fare, è enorme a confronto ai mezzi disponibili e alla popolazione. Avrei voglia, dunque, di lavorare su alcune nozioni o valori che esistono qui. Penso ad alcune parole già presenti nel Dossier e che sto riscoprendo in città. Trovo molto forte, ad esempio, l’idea della “frugalità”. Perché è un concetto che la città in sé possiede e in qualche modo connota anche la comunità culturale. Frugalità, allora, vuol dire non solo sostenibilità ma riuscire a dare valore alle piccole cose, portatrici di valori umani. In tempo di crisi e insicurezza a livello europeo, questo messaggio può essere molto forte. Poi ho scoperto, a Matera, un senso dell’accoglienza straordinaria. E ancora mi piace il concetto di “Festina Lente”, che non corrisponde al più semplice “slow down” inteso come tendenza sociale, e che invece può portare ulteriore senso. E poi il coraggio, la passione, la voglia di mettersi in gioco senza protagonismi. Insomma, la voglia di “fare” prima di “apparire” o di “essere”. Allora vorrei che questi valori, che personalmente mi affascinano – naturalmente ce ne sono altri: il patrimonio, la storia, l’umanità ma vorrei darli più per assodati – fossero trasmessi all’Europa. Senza dimenticare il concetto qui storicamente fondamentale di “Vergogna”: un tema su cui riflettere è proprio “la più bella delle vergogne”.
Come mettere in pratica tutti questi concetti?
Abbiamo un ricco e articolato Dossier da cui prendere le mosse. La scelta fatta è di puntare sulla scena creativa lucana, per affrontare questi temi più specifici e farne non solo produzioni, ma renderli valori tali da portare in Europa. In questa fase, molto operativa e concreta, ci confrontiamo con i fatti: dopo l’entusiasmo, la battuta d’arresto, siamo alla messa a punto di una fase di co-creazione. Ecco lo strumento reale per la messa in pratica dei concetti. Non ci sono metodi già prestabiliti e – nonostante sia piuttosto complesso – procediamo “su misura”, ossia caso per caso. Più avanti, metteremo a sistema questa prassi, per il momento però vogliamo lavorare con la scena creativa lucana seguendone le specificità. Ciò significa fare incontri, test, passi congiunti per uscire dalla logica semplicistica del “prodotto culturale”. Non ci immaginiamo una situazione per cui da un lato c’è la Fondazione che finanzia e dall’altro l’artista che produce. Vogliamo muoverci, anzi, al di là della co-produzione o della commissione. Quel che abbiamo messo in atto è un processo condiviso, che non si limita all’affiancamento o al capacity building: oltre al prodotto, cerchiamo l’originalità delle creazioni, con una condivisione effettiva di intenti e obiettivi.
In quali spazi prenderà vita Matera2019? In regione, ad esempio, ci sono pochi teatri attivi…
È in corso una mappatura dei luoghi, per ora a livello sperimentale, che comprende anche spazi alternativi, ossia non convenzionali. In un secondo momento, sarà fatta una razionalizzazione di luoghi scelti, nella prospettiva di allestirli per una attività lunga tutto l’anno, dunque ottimizzando l’aspetto tecnico delle produzioni. In questo contesto, si colloca il lavoro che dovrà realizzare l’Open Design School, che farà “palchi” originali per le produzioni, ossia luoghi attrezzati per la rappresentazione che non siano solamente palcoscenici.
Dunque si prospetta un’attività annuale, con eventi, appuntamenti fissi?
Ancora è presto per raccontare quel che avverrà. Posso dire quello che Matera2019 non sarà: non sarà un accatastamento di eventi. Su questo siamo tutti d’accordo. Non sarà un fuoco d’artificio, né una vetrina di progetti paracadutati da fuori. E, dopo la prima fase, ossia quella che da Matera va verso l’Europa, ci sarà la seconda, con l’Europa che verrà verso Matera. Allora cambierà la domanda: quali artisti o creativi europei possono cimentarsi in questi progetti, magari assieme ai creativi lucani? Quali chiavi di lettura possono portare su simili soggetti? Mi piace l’idea che, con questa opportunità, la scena locale e del Sud Italia, e la scena europea e del nord Italia possano essere messi sullo stesso livello, scambiandosi contenuti.
E il Mediterraneo?
Ci sono vari progetti che guardano al Mediterraneo. Quando dico Europa non penso solo al Nord del continente. Nel mio percorso, sono stata sempre molto attenta a quanto accade nei paesi dell’Europa centrale, molto giovani e attivi, o nel Sud Est europeo. Intanto, ad esempio, c’è un collegamento e un canale privilegiato di scambio con Plovdiv in Bulgaria, l’altra Capitale della Cultura. Insomma, non si tratta di inseguire il Nord, assolutamente. Altrimenti non saremmo sullo stesso livello, e non capisco perché.
Possiamo immaginare un programma improntato al teatro, alla danza, alla musica?
Indaghiamo tutti i territori della creazione. A me la differenza tra discipline suona obsoleta. Sono per lavorare su diversi formati: questo non vuol dire che dobbiamo abbandonare i settori o le discipline tradizionali, ma possiamo sperimentare aspetti più innovativi, facendo incrociare la scena locale e l’Europa, tentando contaminazioni e nuovi linguaggi. Senza dimenticare che anche la prospettiva delle Lingue è fondamentale: parlare diverse lingue, andare al di là delle lingue, è un segnale importante di ascolto dell’Altro, e dunque di apertura. La diversificazione dei generi, dei linguaggi e delle lingue – sentite, viste, lette – è fondamentale nel nostro approccio.
Viviamo, in Italia e non solo, un forte sentimento antieuropeo, fatto di disincanto, critica, attacchi, disinformazione. Il ruolo di una Capitale Europea è forse anche quello di contrastare simili visioni. O è troppo?
Credo che assicurare quella diversità di linguaggi sia già una risposta, o almeno un tentativo di rispondere a certe visioni. Ci troviamo di fronte a una concezione dell’Europa datata, sostanzialmente economica, e ci riguarda poco. A livello culturale, invece, possiamo provare a ricrearla nei suoi collegamenti sud-nord e est-ovest. Ho girato molto l’Europa e sono sempre sorpresa da qualcosa di nuovo, diverso, bello. Forse anche per questo sono e rimango un’europeista convinta. A Matera possiamo mettere un tassello a un’altra idea d’Europa, che non è più quella delle economie o delle grandi nazioni. Esistono punti comuni da cui ripartire. Spero che una programmazione innovativa, capace di sperimentare nuovi codici, contribuisca a scrivere un’altra visione e possibilità dell’Europa.
Possibile fare anticipazioni sul programma?
No, non ancora. Ci sono già, però, i 31 progetti dei Project leader, tutti già avviati. Quel che posso dire è che il programma sarà pronto e annunciato nel giugno 2018. Il che significa anche che ci restano solo dieci mesi per chiuderlo! All’esterno può sembrare che non stia succedendo ancora molto: ma stiamo lavorando. Guardiamo al 2019, a quando sarà il nostro appuntamento: tra due anni, non ora. Nel frattempo, ci saranno delle tappe di avvicinamento: nel 2018 non vedremo grandi spettacoli o eventi, ma faremo prove, in piccolo, dei vari progetti, che permetteranno alla città di Matera e alla Basilicata di verificare quanto si sta preparando. Occorre dunque attendere il prossimo anno per delle anticipazioni in pillole.
Di cosa avreste bisogno? Cosa manca a Matera?
Il tempo. Ma il tempo manca sempre: tanto vale vivere il poco tempo a disposizione come una sensazione abituale, ormai conosciuta. Dunque serve ripensare le fasi di produzione operativa in funzione del countdown. Da manager culturale, posso dire che per me ci sono tre punti cardinali: le risorse umane ovviamente, ossia non solo lo staff ma tutti gli operatori; il tempo, e le capacità operative del sistema. Dunque, non potendo cambiare il tempo, intanto stiamo migliorando e rodando il sistema. Però, sono le risorse umane quelle che possono fare la differenza. Più siamo compatti, verso un obiettivo comune, al di là dei mille progetti che possiamo avere, più possiamo avere successo.
Non ci sono problemi di budget?
A oggi no. Speriamo nei partner finanziari. Siamo fiduciosi.
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