Storia
Il Giubileo salvato da Padre Pio
Migliaia di fedeli hanno salutato l’arrivo della teca di vetro con i resti mortali di Padre Pio davanti al Cimitero Monumentale del Verano. Da lì dopo una tappa intermedia alla chiesa giubilare di San Salvatore in Lauro dove stanotte saranno vegliati da migliaia di fedeli. Venerdì 5 infine arriveranno in processione a San Pietro, come deciso personalmente da Papa Francesco.
L’arrivo a Roma della salma di Padre Pio può essere interpretato come la rivincita, peraltro ormai iniziata molto tempo fa, del rapporto inquieto tra Padre Pio e la Chiesa di Roma.
È una vicenda su cui con acribia ha scritto Sergio Luzzatto anni fa in un libro dal titolo Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del Novecento (Einaudi). Un libro che vale la pena riprendere in mano.
Non solo per studiare la biografia di Padre Pio, ma per scendere e scavare nel ventre profondo dell’Italia: di allora, ma anche di ora. L’Italia profonda – quella delle campagne, delle comunità e dei villaggi lontane dagli snodi inquieti della modernità – e l’Italia emergente, quella caratterizzata dalle rapide trasformazioni, dove si incrociano i faccendieri e i furbi, i creduloni e i visionari.
La vicenda di Francesco Forgione, meglio noto come Padre Pio da Pietrelcina, è una vicenda complessa che riguarda almeno due cicli di vita:
– il primo è quello del lungo conflitto che lo oppone al Sant’Uffizio;
– il secondo è quello del trionfo definitivo della devozione, una fama di santità estesa urbi et orbi. Un trionfo che si consolida a partire dagli anni ’50 fino alla morte (23 settembre 1968) e che ha il suo trionfo nel maggio 1999 con la sua beatificazione da parte di Giovanni Paolo II.
Il passaggio tra i due cicli è accompagnato da una lunga galleria di personaggi che descrivono le molte anime del Paese.
Emanuele Brunatto, per esempio. Prima laico, vicino ai socialisti, poi in odore di fascismo nei primi anni ’20, irriverente verso la Chiesa e poi improvvisamente devoto di Padre Pio. Organizzatore e faccendiere per la costruzione delle locomotive Zarlatti un’impresa che sarebbe dovuto servire a incrementare il culto e la devozione del frate cappuccino e poi riciclata in quella in quella del business delle fotografie e delle immagini del frate, l’alter Christus, ma anche in rapporto con l’Ovra; organizzatore del mercato nero negli anni di Vichy; pellegrino da Mussolini nei messi della Repubblica sociale, ma anche in rapporto con Angelo Roncalli nei mesi della sua nunziatura a Parigi nell’immediato dopoguerra.
Non è l’unico personaggio di questa strana vicenda Con lui se ne incrociano altri.
Per esempio Giuseppe Caradonna, il ras del fascismo foggiano, un personaggio cui direttamente e indirettamente Padre Pio deve la sua protezione politica e che gli consente di parlare all’Italia da San Giovanni Rotondo, un luogo dove nell’Italia del Novecento la mistica e le rivelazioni religiose non sono solo di Padre Pio, visto che, a pochi chilometri di distanza, proprio nello stesso tempo prende corpo la visione messianica di Donato Manduzio e dei nuovi ebrei di San Nicandro.
Oppure, per aprire un diverso squarcio, la giornalista inglese Barbara Ward, che tra anni ’40 a e anni ’50 si attiva per la costruzione della Casa sollievo della Sofferenza, l’ospedale affiancato al convento che segna un’inversione di tendenza nell’ambito della medicina cattolica tra miracolo e scienza: il taumaturgo che investe nella scienza, nella pratica scientifica e non viceversa.
Per finire con la inversione di atteggiamento della Chiesa romana nei confronti di Padre Pio. Osteggiato o comunque fortemente inviso nella prima metà del Novecento, recuperato e rilanciato da Pio XII, e dopo la breve parentesi giovannea, rilanciato da Paolo VI, per finire beatificato da Giovanni Paolo II, attratto da Padre Pio già ai tempo della sua tesi di dottorato dedicata al misticismo carmelitano e che a San Giovanni Rotondo si reca già nell’aprile 1948.
Il Paese Italia è, dunque, il vero attore e protagonista: sia di coloro che gli sono devoti, sia di coloro, soprattutto, dall’interno della Chiesa di Roma, non gli sono amici e diffidano del culto popolare di cui è oggetto:
– di coloro che manifestano il loro fervore come Riccardo Bacchelli o Giovanni Papini, o come Gino Bartali, o Helenio Herrea, il “mago” degli anni d’oro dell’Inter F.C. , Massimo Giletti o Lino Banfi (ma anche il cattolicissimo Tazio Nuvolari non avrebbe mancato di visitarlo nel 1951);
– di coloro che lo guardano con sospetto come Agostino Gemelli, il fondatore dell’Università cattolica, o il commissario Vincenzo Trani, forse l’osservatore più acuto e minuzioso della costruzione della fabbrica del santo che intuisce già nei primi anni ’20 gran parte della storia che viene;
– di coloro che hanno nei suoi confronti un giudizio alterno, come don Giuseppe De Luca.
Lo stesso culto popolare torna protagonista in queste ore quando la sua salma, con il carico della entrata in scena di tanti devoti, diventa il ticket per dare slancio a un Giubileo che “stenta a partire”.
La lunga vicenda di e intorno a Padre Pio si arricchisce dunque di un nuovo episodio che è in linea con una lunga storia. Una storia che di fatto è un altro modo per descrivere e comprendere la storia profonda dell’Italia. È l’Italia nella sua trasformazione: dalla sua condizione di paese contadino, fatto di miseria, di emigrazione, di latifondo e di capolarato fino all’Italia contemporanea, quella del boom economico, che nella devozione a Padre Pio celebra la sua identità lunga. Quella di paese moderno – che si misura con la dimensione del sacro tecnologico, o che non disdegna la tecnologia, e quella di un Paese antico, apparentemente impermeabile al tempo.
Un Paese che nelle sue molte facce e nel tempo lungo del Novecento ritrova per vie traverse sempre Padre Pio, anche nella scena più incredibile di un’Italia lontana, irriverente, ribelle, atea. È il biglietto con cui Marilena saluta Carlo Giuliani a un anno di distanza dalla sua morte e che lascia a Piazza Alimonda a Genova: «Carlo, anche se non ti ho mai conosciuto t.v.b. e Padre Pio veglierà su di te!!! By Marilena».
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