Scuola
Vita da college e Free school che avanzano
C’è chi approfitta della doccia per i tagli sulle gambe, chi non riesce a trattenersi nemmeno durante le lezioni e, seduto al banco, si infila la punta del compasso nel polso: l’autolesionismo nelle scuole britanniche non è un fenomeno nuovo, ma di certo è in aumento al punto che lo scorso dicembre i casi segnalati dal servizio sanitario nazionale hanno raggiunto il livello più alto negli ultimi cinque anni.
La depressione, l’immagine del proprio corpo, gli esami per accedere all’università, la sfida di trovare un lavoro e ciò che ruota attorno ai social media sono alcune delle cause: nel numero di agosto Tatler, posh magazine che in autunno pubblica una delle guide più dettagliate sugli istituti d’Inghilterra, la giornalista Sophia Money-Coutts racconta le storie di chi è caduto nella trappola e raccoglie le diagnosi di psichiatri e psicologi che operano all’interno delle scuole e dei college d’Oltremanica, come il dottor Will Napier: “L’autolesionismo equivale, in un certo senso, alle scene di quei film western nelle quali al ferito viene detto di stringere qualcosa tra i denti quando viene ferito. Una distrazione dalle preoccupazioni emotive”.
Riguarda sia i maschi che le femmine, anche se quest’ultime restano le più esposte ai pericoli perché i primi tendono a sfogarsi con pugni sul muro o risse. “E’ una dipendenza”, confessa un diciassettenne. “Ho provato metodi alternativi: infilando la testa in un catino pieni di giacchio, prendendo a pugni un cuscino, ma niente riesce a darmi lo stesso sollievo”. Nel cortocircuito, ammette una ragazza, accade di vedere le proprie compagne che arrotolano le maniche per mettere in mostra i segni lasciati dai tagli.
Anche realtà come Eton e Radley, tra i college più prestigiosi dell’isola, sono impegnate ad affrontare il problema: l’HMC (Headmaster’s and Headmistresse’s Conference), l’associazione che raggruppa i presidi delle independent school, organizza incontri per informare e sensibilizzare i genitori degli studenti e assume esperti.
E’ l’altro lato della vita in college, che d’altronde non può essere giudicata solo per i casi più estremi e drammatici. Tra le mura antiche sono conservate le caratteristiche delle boarding school, dove ragazzi e ragazze studiano e vivono con lo stretto necessario, condividendo spazi e momenti con compagni e docenti. Fa parte della loro formazione: per quanto possano provenire da famiglie facoltose, il tempo trascorso all’interno del campus, tra orari e regole da seguire, ambienti essenziali e marcati dal tempo, attività fisiche e didattiche, deve contribuire a rafforzare la personalità e a responsabilizzare, non facendo sconti particolari a seconda del portafoglio della famiglia.
Il rito delle due settimane estive in questi corridoi serve ancora come monito anche all’accompagnatore italiano che trascorre i giorni in compagnia del suo gruppo di ragazzi, tra common room, mensa, bagni da caserma e, se proprio capita, inquilini che si infilano nelle stanze altrui per scherzi e dispetti. Un’esperienza raccomandabile.
Se per certi aspetti l’orologio sembra essersi fermato anni fa, per altri continua a correre e accade che una realtà come la Royal School di Wolverhampton imbocchi la strada che la porterà ad unirsi al gruppo delle free school, modello lanciato dall’ex Education Secretary del primo governo del conservatore David Cameron, Michael Gove. Le free school nascono per iniziativa di genitori o gruppi, comunque privati, per promuovere un’istruzione competitiva anche nelle aree più disagiate e in difficoltà, dove il sistema statale è in affanno nel garantire un buon rendimento tra gli studenti.
La riforma è stata avviata nel 2010. Per quanto fomenti le polemiche dei sindacati e dei laburisti, non ha tenuto banco durante la scorsa campagna elettorale che ha riconfermato Cameron nel ruolo di Primo ministro e sembrava essersi arenata dopo che Gove, l’estate scorsa, era stato messo da parte: nel nuovo esecutivo conservatore si occupa di giustizia, ma il suo piano per l’istruzione non si è mai veramente fermato e tra gli istituti che hanno deciso di riformarsi compare per l’appunto da inizio primavera la Royal School, fondata nell’800 e la cui retta annuale arriva – al momento – fino a 30.000 sterline (42.200 euro).
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