Scuola

Una requisitoria in difesa dei test INVALSI e contro chi sciopera

13 Maggio 2015

Sollecitati da più parti, colleghi, studenti, redattori e tirocinanti, nel bel mezzo di lezioni, esami, adempimenti di fine anno ecc. ecc., dobbiamo infine intervenire sui test INVALSI e sul (parziale) boicottaggio degli stessi.

Innanzi tutto: di cosa si tratta? Del nostro unico sistema nazionale mirante a comparare le competenze acquisite dagli studenti nelle diverse scuole (diverse per dislocazione territoriale, tipologia ma anche, semplicemente, perché lasciando immutato il resto, in alcune ci sono docenti migliori).

Cercheremo di entrare in seguito nel merito dei test, sempre perfettibili (ma di anno in anno migliori, perché più consapevoli), così come i test internazionali OCSE-PISA, che mirano a confrontare gli esiti degli studenti di diversi Paesi.

Non si tratta di superficiali test a crocette, di questionari, di un’involuzione della pubblica istruzione, e questo per vari motivi.

Primo, si tratta di test basati sulle competenze, non sui contenuti. Quindi, si mira a verificare se gli studenti delle scuole prescelte sono in grado, per esempio, di leggere un testo, di capirlo, di trovare sinonimi per un termine indicato o, nel caso della matematica, di risolvere problemi adatti all’età di riferimento attraverso le competenze disciplinari.

Secondo, l’obiettivo non è quello di valutare gli studenti su questa base e basta, tanto per stilare qualche statistica e dire che le scuole dell’Italia settentrionale sono migliori (sì, in effetti, a grandi linee lo sono, a livello delle migliori nazioni europee, ma si tratta di capire perché e come) ma, dovendo e volendo valutarli per poterli confrontare (e cioè, esplicitiamolo, per capire dove si lavora bene in classe e dove no…), è necessario individuare una base comune. I test invalsi sono allora questa condizione necessaria per la valutazione, e miglioreranno con il tempo e l’aiuto degli insegnanti e degli studenti (se ci sarà).

Terzo, la nostra scuola è basata prevalentemente sui contenuti (troppi, ci dicono tutti i colleghi stranieri con i quali ci siamo confrontati negli ultimi 12-13 anni, dalla Germania alla Francia, dalla Spagna alla Polonia), e, solo parzialmente, sulle competenze, cioè, su cosa gli studenti sanno fare con il loro sapere. Che i contenuti siano eccessivi lo si può forse capire dagli esami di maturità, ai quali sono ammessi quasi tutti, anche quelli che hanno più insufficienze, nonostante la lettera della legge preveda l’ammissione solo per chi non ne ha nemmeno una. Una sorta di compensazione, avendo dovuto riconoscere che proprio non ce la fanno?

Vi meravigliate? Colleghi e presidi insisteranno per cambiare il vostro voto a maggioranza e… miracolo! Uno studente che aveva 3 in più discipline ha improvvisamente tutti 6, e non c’è modo di sapere come sia accaduto (la scuola pubblica è ormai valida quanto i migliori esamifici privati, da questo punto di vista). E all’esame? I colleghi sono concordi. Il livello di conoscenze, competenze e abilità (scusate il didattichese) si abbassa costantemente (e in commissione d’esame si arrossisce quando i commissari esterni ci chiedono lumi sulle ammissioni).

 

E allora valutiamo i docenti sulla base dei risultati degli studenti. Perfetto. Fantastico. Solo che i voti li danno loro (i docenti), anche agli studenti insufficienti. E chi vorrà sembrare migliore, alzerà i voti. Ovvio, no? Ma che bravo docente, comprensivo, di manica larghissima.

Solo che… voi vi fareste operare di cuore di cuore da un neomedico il quale aveva un voto insufficiente all’esame di anatomia? Che so, magari perché non sapeva dove fosse l’aorta, o dove si trovassero le valvole cardiache? Solo che… l’insufficienza era stata cancellata perché anche le università vogliono apparire migliori, i fondi infatti si assegnano sulla base degli iscritti agli anni successivi al primo…

Ecco perché occorre un controllo esterno. Ecco la necessità dei test INVALSI, e PISA-OCSE, e aggiungeremmo anche test universitari di ammissione (boicottati anch’essi, persino dai famigerati tribunali amministrativi regionali), altrimenti una laurea sembra valere l’altra (no, non siamo contro il valore legale del titolo di studio, ma a favore di controlli esterni ed oggettivi che classifichino scuole, docenti e università sulla base dei risultati degli studenti). Il problema, in questo caso, è che ci si trova ad avere, per esempio, laureati in Germanistica (chi studia il tedesco è un germanista) che non sanno tradurre un semplice testo e non spiccicano parola in quella lingua, perché l’importante è il numero dei laureati, non dei competenti. No, non stiamo scherzando e lo sappiamo per esperienza: ogni tanto collaboriamo con qualche casa editrice (non solo per il tedesco).

Ma il problema non è nemmeno quello della cosiddetta “scuola classista” (che agli occhi di alcuni dei miei studenti legittima la contestazione della “buona scuola”), perché l’obiettivo dei test e dei confronti non è quello di eliminare gli studenti “inadatti” (magari “riorientandoli” verso altre scuole che, a loro volta, o “riorienteranno” o faranno ripetere qualche anno o promuoveranno per pietà, senza fare del bene a nessuno), bensì quello di capire dove sono i problemi, proprio per tentare di risolverli (in questa direzione va anche la normativa sulle disabilità e sui bisogni educativi speciali, inclusi i problemi specifici degli alunni stranieri).

 

Ecco perché siamo preoccupati, irritati e anche un po’, perdonate, indignati per quello che accade in questi giorni: scioperi e boicottaggi dei test, con sindacati che attaccano il governo per aver cambiato la data (che cadeva casualmente durante gli scioperi) senza un preavviso di qualche mese.

Perché gli scioperi e i boicottaggi non ci aiutano a capire chi va bene.

Perché non ci aiutano a capire chi va male e deve essere aiutato

Perché non ci aiutano a capire chi lavora bene e chi invece no, e mette tutti in un solo calderone.

Perché non fa il bene della scuola, pretendendo di difenderla.

Perché, riempiendosi la bocca con la difesa della scuola pubblica, la danneggia.

Perché ruba il futuro dei nostri studenti, e dei nostri figli, fingendo di volerli aiutare: impedendoci di lavorare come si deve, lascia tutto immutato; livellando i risultati e impedendo confronti seri sulla base di essi, riserva il futuro agli incompetenti e raccomandati (e se non sapevate che, attualmente, funziona così, mi chiedo in quale Paese abbiate vissuto sino ad oggi)

Ci aspettiamo, come prossimo passo, che ci impediscano di fare lezione, che boicottino i progetti di integrazione per gli alunni stranieri e per gli alunni con disabilità, progetti che, faticosamente, nonostante l’inerzia generale e i boicottaggi sistematici, sono stati avviati negli anni scorsi. E poi?

E poi, se la scuola pubblica morirà, dovremo ringraziare non il governo Renzi, bensì proprio quei sindacati che da troppi anni impediscono che si trasformi, che si rinnovi. Quelli che hanno boicottato le scuole di formazione per docenti (a partire dal boicottaggio delle assunzioni in ruolo degli specializzandi delle SISS-SILSIS), quelli che tutelano chi non lavora bene (perché i diritti sono diritti, non sia mai) ma non gli studenti.

 

Techne Maieutike e Leguleio Azzeccagarbugli

 

Riferimenti:

Un sito studentesco serio

Il ministero

 

 

 

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