Roma
Gli arresti a furor di popolo non ci piacciono: neanche per Spada
“Il fermo di Roberto Spada è la dimostrazione che in Italia non esistono zone franche”. Lo ha detto il ministro dell’Interno Marco Minniti, ringraziando la Procura della Repubblica di Roma e l’Arma dei Carabinieri. Roberto Spada ha rotto il naso con una testata, a favor di telecamera accesa, al giornalista Daniele Piervincenzi, che stava cercando di intervistarlo per la trasmissione Rai Nemo. Il fatto è successo martedì, e il video che mostra l’accaduto è stato reso pubblico ieri. Ventiquattr’ore dopo, dopo tanta comprensibile indignazione e rabbia per quanto successo, per la violenza del comportamento criminoso e per la protervia con cui è stato messo in atto, arriva il provvedimento di fermo. Del caso è stata investita la Direzione Distrettuale Antimafia, per appurare se ci sia anche l’aggravante del comportamento mafioso, anche data la provenienza ambientale del soggetto accusato di violenza aggravata. La vicenda, come noto, ha ampie implicazioni politiche, e le continue esagitate smentite dei vertici di CasaPound di rapporti tra (gli) Spada e il movimento di estrema destra suonano, effettivamente, come altrettanti autoaccuse manifeste.
Qui, però, piace concentrarsi sulla dinamica del dibattito pubblico che ha portato al fermo di oggi. I fatti capitano martedì, e diventano noti a tutti mercoledì. In un attimo, la circolazione delle terribili immagini le porta molto lontano. Tutte le vedono, le vediamo. Tutti ci incazziamo, e ci preoccupiamo. No, non tutti, ma tanti, e ovviamente, giustamente, tanti giornalisti. Ci sarà certo la solidarietà di categoria ma i certo, anche, c’è l’idea sacrosanta che se non si possono fare domande siamo vicini alla crisi della democrazia. Giustissimo. Oggi pomeriggio arriva il fermo di Spada, mentre la canea politica non si è mai quietata. La domanda che emerge, però, è assai semplice: perché Spada viene fermato? La legge italiana prevede che questo provvedimento cautelare scatti in caso di pericolo di fuga, e non abbiamo alcun elemento per valutare se questo pericolo c’era o no. A quanto pare Spada è stato bloccato a Ostia, da cui non si era allontanato, ma anche questo potrebbe non dimostrare nulla. L’unico altro caso in cui è possibile procedere al fermo, anche fuori dal caso del rischio di fuga, è quello che riguarda i casi previsti dal codice antimafia. Non a caso, prontamente il “contesto mafioso” è stato prontamente contestato, a Spada: ma una contestazione così grave in una fase così germinale del procedimento penale – ormai dovremmo saperlo tutti – certo non equivale a una condanna.
Quel che invece possiamo valutare è che il provvedimento scatta dopo 24 ore di polemiche e di invocazioni di giustizia, anche sommaria, magari in nome dell’antifascismo e dei valori democratici. Se Spada meritava il fermo, tanto più se il fatto si spiega col “contesto mafioso”, e dato che era ampiamente identificato e conosciuto alle forze dell’ordine benché incensurato, questo doveva scattare subito, tempestivamente, perché solo così uno stato dimostra – come dice Minniti – “che non ci sono zone franche”. Se invece questo fermo è tecnicamente sbagliato, cioè non rispetta i vincoli di legge, e avviene sull’onda di una protesta pubblica, piccola o grande che sia, esso semplicemente non doveva scattare, e uno stato che fa lo stato deve avere la forza impopolare di spiegare che tutti, perfino Spada, hanno diritto a non essere sottoposti a misure cautelari, cioè a limitazioni della libertà personale, se non sono previste dalla legge. In ogni caso, resterà invincibile, nell’aria, il sospetto che si sia proceduto a fermarlo per dare un segnale di forza assecondando la rabbia e l’indignazione: esattamente il contrario di ciò che deve fare lo stato di diritto.
Insomma, comunque sia andata, è andata male e la vicenda dimostra, semmai, che di zone franche ne esistono, eccome.
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