Roma

“Io, minacciato dai Casamonica, vi spiego perché non sono i padroni di Roma”

23 Agosto 2015

“Il numero uno del mondo, l’ho fatto sempre e sempre deve rimanere”, diceva Vittorio Casamonica, in un vecchio video, ancora disponibile su You Tube, parlando dei festeggiamenti per il suo imminente sessantesimo compleanno. E così è stato anche nel giorno della sua morte,  soprattutto grazie alle polemiche che hanno trasformato una questione tremendamente seria, come il tema delle mafie a Roma, in una farsa mediatica, fra rimpalli di responsabilità e improbabili interviste ai parenti.  Vittorio Casamonica non era un elemento “ai margini”, come goffamente la questura ha provato a descriverlo nel giorno del suo funerale, ma una delle teste più influenti della sua famiglia, un uomo di “pace”, come racconta chi lo conosceva da vicino, chiamato a dirimere le controversie nella galassia degli “zingari” romani, quella manciata di pochi nomi e cognomi che si ripetono con sistematica periodicità in alcune zone di Roma. Sullo sfondo di una delle tante foto appese all’esterno della basilica di Don Bosco, Vittorio Casamonica staziona davanti al Cafè de Paris di via Veneto, lo storico locale della Dolce Vita, finito nelle mani della ‘ndrangheta degli Alvaro. Il “re”, tirato a lucido, sorride, in mano tiene forse un bicchiere, come se brindasse davanti ai salotti “buoni” della città, quelli del potere. L’immagine sarebbe perfetta per descrivere l’ascesa criminale di un clan nella conquista di Roma, ma chi come il marmista iraniano Mehdi Dehnavi ha “sperimentato” sulla propria pelle il “sistema” della famiglia, è il primo a ridimensionarla. “Loro non sono i padroni di Roma, loro non sono nulla”.

Lei nel 2010 denunciò due esponenti della famiglia Casamonica dopo aver subito delle aggressioni per aver richiesto il pagamento di lavori realizzati e mai saldati. Cosa ne pensa di quello che sta accadendo?

Loro adesso, immagino, saranno contenti di tutto questo casino, che si parli di loro come se fossero veramente i padroni di Roma – racconta agli Stati Generali Mehdi Dehnavi  – ma sostanzialmente rimangono dei vigliacchi che utilizzano dei disperati per il lavoro sporco. Questo perché difficilmente si espongono, ma preferiscono mandare avanti gli altri, salvo poi mettere in scena sempre la stessa recita. Folle oceaniche che si radunano in un baleno, donne che svengono, i bambini in prima fila a fare casino, l’ambulanza che arriva. Il lavoro sporco lo lasciano agli altri, a quel piccolo esercito di schiavi sempre a servizio e pronti a tutto per qualche soldo.

Quindi è eccessivo tutto questo clamore attorno ai funerali di Vittorio?

Le immagini del funerale hanno fatto il  giro del mondo ed è una vergogna che in una città come Roma sia possibile fare una cosa del genere in tutta tranquillità. Bisognerebbe innanzitutto capire chi ha agevolato questa farsa che ha messo in ridicolo la nostra Roma. E’ ridicolo che a pagare sia solo il pilota dell’elicottero che in fin dei conti è l’anello debole di tutta la catena, al quale è stato semplicemente dato un ordine di lavoro. Come è possibile attraversare mezza Italia in totale relax con un velivolo del genere? Allo stesso tempo, però, trovo assurdo che gli sia stata attribuita tutta questa importanza, anche perché loro non sono nessuno.

Sta dicendo che il clan non conta nulla sul piano criminale?

Non dico questo. I giornali li leggiamo tutti. Basta andare su internet e vedere tutti i reati commessi, gli arresti e i sequestri fatti in questi anni. Di sicuro, però, non sono i padroni della città. Sono persone ignoranti, a loro interessano solo i propri affari e le banconote rosa con cui pensano di poter comprare tutto e tutti, ma non hanno la minima cognizione di cosa sia la politica o il potere. Nel racconto che si fa sui giornali in questi giorni non si mette mai in luce, se non in forma caricaturale, la loro estrema ignoranza, quella che li porta a scrivere “re di Roma” sulla bara di un defunto a cui erano tutti legati, ben sapendo che non era il re della città. Per raccontare chi siano i Casamonica si dovrebbe invece partire proprio da questa cosa, dalla loro ignoranza, che rischia di essere contagiosa in un paese che non tutela la giustizia e la cultura.

Lei ha avuto problemi dopo la sua denuncia del 2010?

In questi anni le minacce velate non sono mancate, ma sono sempre arrivate da terze persone che magari fra una chiacchiera e l’altra mi avvertivano di stare attento.  Io me ne sono sempre fregato. Utilizzano il loro cognome per ottenere quello che vogliono, per intimidire. A loro piace dire “noi siamo i Casamonica”, lo hanno fatto anche con me. Ma la gente non deve avere paura a di fronte a loro. La paura è la loro unica forza, ma loro non sono nessuno. Di fronte a gente che non ha paura, sono i primi ad aver paura. Scappano.Vittorio Casamonica

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