Roma
Dall’Italia alla Germania e ritorno. Intervista a Paola Concia
Chiamo Paola Concia a mezzogiorno di sabato, lei sta facendo le valigie per Roma. È candidata, al secondo posto, nella lista PD a sostegno di Roberto Giachetti. “Due valigie, parto oggi pomeriggio!”, la voce squillante è tranquilla ed emozionata allo stesso tempo. Le chiedo se non senta un brivido, sta cambiando di nuovo la sua vita dopo due anni in Germania. “Quello c’è sempre, ma sono contenta: non mi ha obbligato nessuno, vado a Roma per scelta”.
Così, pochi convenevoli, iniziamo con le domande: fatte da expat a (quasi ex) expat. Io vivo da quasi 10 anni a Monaco di Baviera, e ho conosciuto Paola all’estero: da due anni vive a Francoforte lavorando come consulente di Business Development per la ITKAM, la Camera di Commercio Italiana per la Germania.
Hai detto che la tua decisione di tornare a Roma dopo due anni a Francoforte sul Meno è dovuta alla passione politica. Che cosa significa politica per te?
La politica per me è quello che mi hanno insegnato i miei genitori, dirigenti dell’Azione Cattolica: è impegno, è voglia di cambiare le cose in meglio, di migliorare un po’ il mondo e condividere questo percorso con altre persone. L’impegno è quello che i miei genitori, che ora non ci sono più, mi hanno trasmesso.
Quando ho letto che ti saresti candidata a Roma ho pensato che in fondo stai facendo una pazzia: candidarsi ora a Roma con il PD, dopo quello che è successo negli anni scorsi, sembra una scelta a perdere…
Quello che Roma sta vivendo è un momento difficilissimo. È stata spazzata via una classe dirigente, sono stati commessi degli errori. Molti addirittura si vergognano a dire che si candidano con il PD: io no, io ne vado fiera! Tra i dirigenti e i militanti ci sono tante persone per bene, oneste, capaci: la mia ambizione è quella di rappresentarle. Ho scelto di dare una mano con generosità: i cittadini e le cittadine di Roma meritano una classe dirigente migliore.
Come hai vissuto la passione politica in questi due anni in Germania? Che cosa ti è mancato di più?
Anche in questi due anni a Francoforte non ho mai perso di vista la politica italiana. Per lavoro sono spesso a Roma e a Firenze [da settembre 2015 fa parte del CdA della Fiera di Firenze]; faccio parte della Direzione Nazionale del PD, seguo – anche se a distanza – la vita politica del mio partito e del governo. Certo, mi sono mancati la carne e il sangue di una campagna elettorale e dell’impegno diretto: ma porto avanti il mio impegno per migliorare l’Italia nel mio lavoro alla ITKAM, nella promozione delle aziende italiane che esportano in Germania, a contatto con l’economia reale.
Nei mesi scorsi sei stata a Roma per seguire da vicino l’iter della legge sulle unioni civili. Tu sei sposata, in Germania, con tua moglie Ricarda. Cosa ha significato da questo punto di vista trasferirti a Francoforte, dove la tua unione è ufficialmente riconosciuta?
Durante gli anni in Parlamento – eravamo minoranza, c’era Berlusconi e io ero l’unica omosessuale dichiarata tra gli eletti – ho fatto tutto quanto era nelle mie possibilità per portare avanti la legge contro l’omofobia: mi sono dedicata completamente al lavoro, avevo più del 90% di presenze in aula. Finita questa fase ho fatto una scelta andando a vivere nel paese di mia moglie: come tutti, ho mandato il curriculum e ho fatto colloqui di lavoro. E ho avuto la possibilità di toccare con mano che cosa voglia dire essere sposata in un paese che, per legge, riconosce la mia famiglia. Ha significato capire davvero in che modo le leggi cambiano la società. In Germania l’omosessualità non è un tema nel dibattito pubblico: semplicemente le unioni omosessuali sono regolamentate con diritti e doveri. In questa campagna mi piacerebbe poter raccontare che cosa vorrà dire in concreto l’approvazione [prevista per la seconda settimana di maggio] della legge Cirinnà sulle unioni civili: lo posso fare per esperienza diretta, perché sono cose che vivo sulla mia pelle. Al Comune di Roma vorrei contribuire alla realizzazione dei provvedimenti attuativi di cui la città dovrà dotarsi perché la legge venga concretamente applicata.
Tra gli italiani all’estero attivi in politica si ripete spesso che occorrerebbe uno scambio di best practices tra l’Italia e gli altri paese europei. Quali buone pratiche tedesche vorresti portare con te a Roma? C’è qualcosa della Germania che ti piacerebbe importare in Italia e nel tuo lavoro per il Comune di Roma?
Una cosa che apprezzo molto della Germania è la capacità di fare sistema tra pubblico e privato, tra istituzioni e aziende, per un obiettivo comune. L’incapacità di questa sinergia è un grosso problema economico per l’Italia: è un problema di mentalità con ripercussioni economiche significative. Vorrei poter raccontare che un modo diverso di fare sistema è possibile, anche in una realtà come quella romana in cui proprio il rapporto tra pubblico e privato è così deteriorato e problematico.
In Germania, poi, è diffuso nella mentalità l’amore per la cosa pubblica: è un fatto molto evidente nella quotidianità. Spesso a Roma si ha l’impressione che la città non sia di nessuno, vorrei che tornasse ad essere di tutti. Bisogna combattere chi maltratta Roma, e per fare questo serve un patto di fiducia tra cittadini e amministrazione in cui ognuno faccia la sua parte. Tutta Roma deve fare il suo: e io voglio occuparmi di tutta Roma, del centro, delle periferie, ma soprattutto delle persone.
Presso la Camera di Commercio italiana in Germania lavori per la promozione dell’Italia e delle sue imprese all’estero. Secondo la tua esperienza, che cosa manca all’Italia per migliorare la sua immagine internazionale? Che cosa faresti, una volta eletta, perché “Roma torni Roma” anche a livello internazionale dopo la triste fase di Mafia capitale?
Roma deve tornare protagonista dell’economia e della cultura anche a livello europeo. Per questo occorre innanzitutto rendere più efficiente la rete dei servizi; e poi bisogna fare in modo che la città torni ad attirare non solo turisti ma anche energie giovani e investimenti. Un primo passo è senz’altro quello, reso possibile dal governo, della banda larga: ma sul digitale serve ancora molto lavoro perché Roma si metta al passo con altre capitali europee. E poi serve un racconto: Roma deve uscire da quella cupezza che le è stata cucita addosso, ogni cambiamento a cui lavoreremo andrà raccontato bene anche all’estero. In Europa dobbiamo essere in grado di raccontare l’Italia che cambia e Roma che cambia.
Le valigie sono quasi pronte, il viaggio è programmato nel pomeriggio. Tre cose che hai messo in valigia?
Il computer, dei libri di politica e di svago, e poi le mie scarpe a fiori: mi accompagneranno per tutta la campagna.
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