Roma
A Villa Ada gli alberi non cadono per caso
Doveva succedere e, per fortuna, nessuno si è fatto male. Gli alberi cadono e l’immagine del pino schiantato sui giochi dei bambini di Villa Ada è la dimostrazione di un sistema che è arrivato a un punto di crisi.
Villa Ada, come molti altri parchi e giardini pubblici è un sistema naturale complesso: gli alberi compiono il loro ciclo di vita e, anche a causa di patologie e condizioni ambientali, muoiono e schiantano. Succede, in natura, che gli alberi crollino nelle foreste, creando le condizioni per la rigenerazione dell’ecosistema, alimentando un ciclo naturale che si mantiene in equilibrio anche grazie al legno morto e ai micro-organismi che si sviluppano.
Un parco di grandi dimensioni, come Villa Ada, inserito in un contesto urbano ha la necessità di una pianificazione complessa, dove il piano di assetto forestale, con una manutenzione programmata, fatta di tagli e nuovi impianti, non può essere estemporanea ma deve essere un lavoro costante, fatto con serietà e competenza.
I 160 ettari di Villa Ada, le migliaia di alberi, le colline e i piccoli corsi d’acqua hanno la necessità di essere tutelati e gestiti, con la cura che solo professionalità specifiche possono dare: come Villa Ada le altre Ville storiche di Roma e le grandi estensioni di verde pubblico che rendono questa città così bella ed eterna.
Bisogna saper leggere e interpretare i segnali, prevedere i tempi giusti per fare la manutenzione del patrimonio arboreo, così come si fa per proteggere i beni culturali e artistici: il paesaggio e i beni comuni sono aspetti importanti, capaci di fare la differenza, rendendo una città più inclusiva, accogliente e competitiva. Senza alberi e giardini una città rischia di essere fatta solo di rettangoli grigi di cemento e asfalto, senza la cura per il bene comune diventa un luogo dove vivere e lavorare significa soltanto trascorrere una parte di tempo, senza voler bene alla città stessa, senza identità e senso di comunità.
Ragionamenti che portano lontano, che fanno capire come sia venuta meno la capacità di pensare alla città come un luogo vivo, vissuto da una comunità: strugge pensare agli alberi abbandonati perché quegli alberi, quelle panchine divelte, quei giochi distrutti, sono anche il segno di un contratto che è saltato, il contratto che lega la città ai cittadini.
Le notizie sulla rete criminale di Mafia Capitale hanno svelato un fiume di denaro pubblico che è stato dirottato, da personaggi sleali, per fini personali, alimentando avidità e depredando proprio gli ambiti più fragili della città, tra cui l’ambiente.
Ragioniamoci bene, ricordiamoci di cosa significhi gestire i beni comuni, dove ogni cittadino è parte di una comunità e deve poter partecipare alla crescita del capitale sociale, delle regole della convivenza e della cura per la città. È inutile accorgersi degli alberi soltanto quando cascano: bisogna curarli gli alberi, volendogli bene ogni giorno.
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