Questioni di genere
Ora di religione, questione di genere e omofobia. La nuova crociata?
E così la gerarchia cattolica (la curia di Milano nella figura di don Gian Battista Rota) ci è ricascata. Secoli di persecuzioni contro il dissenso e la devianza da parte dell’Inquisizione non sembrano aver insegnato nulla. E forse nemmeno l’esempio di papa Francesco. Dopo l’odio antiebraico e l’odio contro l’eterodossia (le “eresie”) avremo forse l’omofobia galoppante (che tra l’altro sarebbe un reato)?
L’omofobia cattolica non sarebbe una novità. Ora, però, verranno schedate le scuole che insegnano la tolleranza nelle questioni riguardanti la sessualità (in ottemperanza alle dichiarazioni dei diritti umani e al principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione), secondo il quotidiano La Repubblica, infatti, i 6.102 docenti di religione della curia di Milano avrebbero dovuto fare da informatori per illustrare, in un’indagine “informale”, in quali scuole si fosse svolta quella che viene testualmente chiamata «una vasta campagna tesa a delegittimare la differenza sessuale affermando un’idea di libertà che abilita a scegliere indifferentemente il proprio genere e il proprio orientamento sessuale». Sembra dunque che la scuola italiana indottrini gli studenti a tollerare l’omosessualità e a considerare il genere sessuale una scelta. Al fine di valutare la situazione e «l’effettiva diffusione dell’ideologia del “gender”», per avere «una percezione più precisa del numero delle scuole coinvolte, sia di quelle in cui sono state effettivamente attuate iniziative in questo senso, sia di quelle in cui sono state solo proposte», gli insegnanti di religione dovrebbero intervenire come informatori.
Al di là del fatto che probabilmente tutte le scuole statali dovrebbero occuparsene, e che dovere degli insegnanti sarebbe quello di far vedere come certe identità vengano costruite e a volte imposte – da quella nazionale a quella padana, da quella di italiano a quella dell’immigrato, del cinese o dello zingaro, da quella della seduttrice o madre a quella del maschio virile (cominciando, all’asilo, dai bambini ai quali si vieta di indossare il rosa e alle bambine alle quali si dice che il calcio è “roba da maschi”), da quella di milanista a quella di juventino, da quella di cattolico a quella di musulmano (nessuna di queste è infatti “naturale”) – qui sembra a noi che da parte cattolica si presupponga che la posizione secondo cui il genere è costruito e non naturale sia un’ideologia, più che una posizione argomentata (magari da un punto di vista sociologico e culturale).
E invece no. Possiamo discutere se il genere sia una questione naturale come, per lo più, il sesso di appartenenza (avremmo più ermafroditi, forse, se non li avessimo perseguitati e sterminati), o non invece culturale. Ma per farlo dovremmo discutere seguendo il Galateo della discussione. Se lo facciamo presupponendo che l’interlocutore sia ideologizzato, che indottrini i poveri bambini ingenui (che secondo la curia dovrebbero essere indottrinati diversamente, a fin di bene), finiamo per non discutere affatto. Ci scambiamo solo accuse e colpi bassi. Accresciamo l’odio con il livello dello scontro.
Nella ormai nota lettera della curia (che, secondo la Repubblica sarebbe sparita dopo le prime polemiche), si parla di “ideologia”. Ma di cosa si tratta?
Definiamo l’ideologia come un modo di ragionare basato esclusivamente sul metodo deduttivo nel quale le premesse da cui partiamo per trarre le nostre conclusioni (o le ragioni che forniamo a sostegno delle nostre posizioni) sono dubbie ma vengono accettate senza discuterle (e senza sentire l’esigenza di provarle, nonostante i nostri interlocutori possano non condividerle affatto). Per lo più, in un’ideologia, proprio ciò che è da dimostrare viene usato come punto di partenza indiscusso e indiscutibile (o autoevidente, a meno che non sia giustificato ricorrendo a una qualche versione dell’argomento d’autorità), impedendo così una vera discussione. Nel vocabolario della logica, parleremmo di una petitio principii (presupporre ciò che si deve dimostrare).
Riteniamo che sia questo l’errore di ragionamento, e quindi anche la violazione delle regole del Galateo della discussione, presente nella lettera di don Gian Battista Rota (ci piacerebbe leggerla direttamente, ma non siamo insegnanti di religione): che il genere sia una questione naturale e non culturale va argomentato, e discusso. Non presupposto. Possiamo iniziare a farlo seriamente?
Speriamo che i nostri colleghi di religione, sia quelli più tolleranti e aperti al fenomeno religioso nelle sue varie fome sia quelli più intolleranti (i quali, magari, vogliono sostenere che l’omosessualità è un “peccato”, che è una “malattia da curare”, che è una “porcheria contro natura”), discutano con noi. Potremmo uscirne arricchiti, se rispettassimo il Galateo.
Se, invece, apriamo bocca (o smanettiamo su internet) per cercare solo conferme al nostro odio e non per mettere in dubbio le nostre assunzioni, allora possiamo anche non discutere. La discussione consiste in un patto nel quale dobbiamo accettare anche di esserci sbagliati, altrimenti vogliamo solo manipolare il consenso, cioè, indottrinare.
Logon Didonai
Riferimenti
Il canovaccio del Galateo della discussione verrà pubblicato tra qualche giorno sugli Stati Generali. Per il momento, però, è possibile prendere parte alla discussione sulle regole di cortesia per comporre una divergenza di opinioni all’indirizzo:
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