Questione islamica
Charlie Hebdo. L’ undici settembre europeo
Il vaso di Pandora è stato aperto ? C’è da chiederselo dopo l’attentato al settimanale satirico francese Charlie Hebdo, avvenuto il 7 gennaio a Parigi. La Francia è sotto choc e con essa una buona parte d’Europa. Quello che spaventa di più i cittadini comuni, quelli che ogni mattina prendono il metrò, che aspettano il treno in stazione dopo aver lasciato i figli a scuola è la percezione sempre più chiara della minaccia.Il Plan Vigipirate (l’ allerta attentati) è stato portato dalle autorità francesi al livello massimo e, nel giro di poche ore, a Parigi, si sono moltiplicati i controlli e i pattugliamenti da parte di polizia e militari su mezzi di trasporto, luoghi di culto, luoghi pubblici e scuole. Come se non bastasse, a meno di 24 ore dall’attentato, che ha costato la vita di 12 persone, una nuova sparatoria ha avuto luogo a Montrouge, giusto fuori il confine di Parigi. Un uomo ha aperto il fuoco su dei poliziotti urbani intenti a risolvere un problema di circolazione, e ne ha uccisa una. E’ una sensazione strana quella che si prova in queste ore in Francia. Si ha come l’impressione che ci sia ormai un “prima” e un “dopo”. Un po’ come avvenne dopo l’11 settembre 2001. Nel “prima” c’è chi colloca le partenze dei cittadini europei verso i campi di addestramento tenuti dai terroristi islamici in Siria, Iraq o Afghanistan. Nel “dopo” si situa invece la serie di carneficine di civili, operate da alcuni di questi terroristi della porta accanto, una volta tornati dall’addestramento. La lista inizia ad essere lunga : l’assalto alla scuola ebraica di Tolosa nel 2012, l’attentato al Museo Ebraico di Bruxelles il 24 maggio 2014, le aggressioni di Digione e Joué-lès-Tours nel dicembre 2014 e, purtroppo, i fatti del 7 gennaio. Questo “dopo” è ciò che preoccupa di più. Per prima cosa gli eventi recenti sollevano bruscamente il velo che copriva (almeno per l’opinione pubblica) la rete di terroristi made in France o made in Europe, che si è pericolosamente espansa negli ultimi anni. Inoltre la società francese (ma anche quella europea) corre più che mai il rischio di vedere affermarsi una stigmatizzazione dei cittadini di confessione musulmana e la tendenza a fare “di tutta un’erba un fascio” quando si parla di Islam. Una tendenza che rafforzerebbe i partiti di estrema destra e populisti. In cima a tutte le preoccupazioni si colloca comunque il timore trovarsi a poco a poco obbligati a rinunciare a delle libertà fondamentali dell’occidente, come quella di espressione, per evitare attentati. Qualcuno, come il filosofo e membro dell’Académie Française Jean d’Ormesson, sostiene da tempo che “siamo in guerra”. Avrà ragione?
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