Lavoro

La malattia di Capodanno? I vigili romani la preparavano da settimane

3 Gennaio 2015

Serviva un “casus belli “a Matteo Renzi per riaprire completamente la partita sul pubblico impiego e rimettere in discussione tutta quella serie di diritti e tutele che nella narrazione del lavoro all’epoca del Jobs act sono state trasformate in privilegi. Non ha dovuto aspettare tanto: senza troppi sforzi gli è bastato osservare da Courmayer il Capodanno romano e la “fuga” dei vigili.

Poco importa sapere che il dato dell’83% non si riferisce esclusivamente ai malati, ma comprende la globalità degli assenti, quindi anche coloro che a vario titolo hanno rifiutato di eseguire un turno straordinario. Quello che rimarrà di questa vicenda è soprattutto la spaccatura sempre più profonda tra la politica e il mondo del lavoro, dove i sindacati, come in questo caso, pagano l’attività di lobbismo esercitata sui lavoratori, finendo per correre dietro agli iscritti, senza produrre una reale strategia politica ma solo confusione. Con un  risultato devastante: chi credeva di lottare per i propri diritti, come i vigili urbani di Roma, ha di fatto colpito un’intera categoria, quella dei dipendenti pubblici. Che se aveva sorriso di fronte ai provvedimenti di Brunetta, ora teme una nuova stagione di lacrime e sangue.

Dello “scherzo” di capodanno nei corridoi delle segreterie se ne parlava ormai da settimane. Ma ad essere caduti “con tutte le scarpe”, sono stati gli stessi vigili, usciti indeboliti come non mai dallo scontro con il Campidoglio. Che non poteva non sapere ciò che sarebbe accaduto, e  forse, proprio per questo, ha fatto in modo che accadesse, potendo ascrivere un punto decisivo a suo favore nella “guerra” in atto da mesi.

D’altronde il malessere dei vigili romani è profondo e coinvolge tanto la base quanto i funzionari, che mai sono entrati in sintonia con il sindaco di Roma Ignazio Marino, ma soprattutto con il comandante Raffaele Clemente, “l’intruso”, messo a capo del comando di Roma dopo una carriera nella Polizia di Stato con l’obiettivo di fare “piazza pulita”, se necessario, anche a colpi di Twitter. La questione del salario accessorio, poi, non ha fatto altro che aumentare le distanze con Campidoglio. Oltre alle preoccupazioni sulla perdita del salario, raccontano i diretti interessati, i vigili sono quelli che pagano di più non avendo mai la legge riconosciuto le loro prerogative di forza dell’ordine. E continuare ad equiparare un impiegato amministrativo che lavora allo sportello anagrafico  a un agente di polizia locale che effettua servizi di polizia giudiziaria o nei campi rom, di fatto rappresenta un’anomalia difficilmente superabile.

A far esplodere la situazione c’è stata inoltre l’inchiesta di “Mafia Capitale” che ha coinvolto esponenti di spicco dell’attuale consiliatura, come l’ex presidente dell’assemblea capitolina Mirco Coratti e l’ex assessore Daniele Ozzimo, ma  soprattutto il referente del Campidoglio per la Trasparenza, Italo Walter Politano, indagato per associazione mafiosa, uno degli artefici, insieme al comandante Clemente, del tanto discusso provvedimento che introduce la rotazione obbligatoria dei vigili,  forse il maggiore ostacolo nella trattativa tra le parti. “Hanno paura che si smontino alcuni sistemi di potere”, spiegano i più favorevoli al progetto. Ma per i vigili, che già lo scorso 11 novembre avevano protestato al grido “non siamo corrotti”, ad essere inaccettabile, anche alla luce dell’inchiesta in corso, è la presunzione di colpevolezza che si cela dietro un provvedimento che va a colpire uno dei pochi ambiti, quello della Polizia Locale,  non macchiato dall’organizzazione del “Mondo di mezzo”, nonostante i rom fossero uno degli interessi dall’asse Buzzi/Carminati.

Il discorso è diverso per i conducenti della Metro A, l’unica linea della capitale dove si sono verificati rallentamenti nella notte di Capodanno. I sindacati anche in questo caso parlano di carenze “strutturali” denunciate da anni (“mancano 50 macchinisti”) e tendono a minimizzare l’accaduto puntando sui ritardo di programmazione che paga la città in generale. La malattia avrebbe riguardato solo 4 persone tutte raggiunte dalla visita fiscale. Non manca però chi faccia notare come i disagi si  siano registrati solo su un’unica linea, la A, tradizionalmente legata a due organizzazioni la Orsa e la Cisl, dove da mesi è in corso un braccio di ferro sulla questione degli straordinari. Un tema su cui l’attuale governance dell’Atac ha messo dei paletti ben precisi, chiedendo ai lavoratori un cambio di rotta rispetto al passato in cui veniva garantita ampia libertà ai macchinisti sui turni.  Apparentemente sembra solo una mera questione organizzativa. Nella realtà rischia di trasformarsi in una delle vertenze decisive attorno a cui ruoterà il destino del trasporto pubblico locale di Roma. Sempre che rimanga pubblico.

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