Benessere
Scusa, mi daresti una spintarella?
Ha appena compiuto un anno Nudge Italia, ma quasi nessuno sa che esiste. Intanto il suo britannico fratello (molto) maggiore, il Behavioral Insight Team, noto come Nudge Unit, è attivissimo sulla scena politica e sociale. E così negli Stati Uniti, dove il concetto stesso è nato. Di cosa stiamo parlando? Partiamo dalla parola nudge, traducibile come “incoraggiamento”, “piccola spinta”, “pungolo”. In pratica, questo termine riassume l’abilità di spingere le persone verso un dato comportamento, senza imporre niente, senza chiedere niente, ma creando un “ambiente di scelta” che, facendo leva sui tanti automatismi e le mille irrazionalità della mente umana, porti nella direzione voluta. Manipolazione? Senz’altro, ma a fin di bene.
Come spiegano bene Richard H. Thaler e Cass R. Sunstein, economista il primo e studioso di diritto il secondo, capostipiti della teoria e autori di Nudge: la spinta Gentile (Feltrinelli, 2009), le applicazioni del nudge sono finalizzate a migliorare la società, sopratutto dal punto di vista sanitario e ambientale, stimolando comportamenti virtuosi in modo “gentile”, ancorché subdolo. Del resto, non viviamo già in una società dominata dal marketing, dove i prodotti che una catena di supermercati vuole vendere di più sono posizionati ad altezza occhi e dove la pubblicità fa costantemente leva sull’associazione istintiva fra un acquisto e un sentimento? Ecco, il nudging sfrutta le strategie del marketing ma, anziché spingere verso un acquisto, incoraggia per esempio a donare organi, fare la raccolta differenziata, iscriversi a un piano pensionistico oppure mangiare in modo più sano. Come? Con un sofisticato sistema di comunicazione che, anziché far leva su informazioni utili ma spesso percepite pedanti dai più, rinuncia a spiegare e talvolta informare ma crea stimoli cognitivi (dal richiamo alle norme sociali alla cosiddetta peer pressure, dal priming al settaggio di determinate opzioni di default) che fanno sì che alcuni comportamenti vengano messi in atto spontaneamente. O quasi.
Non per niente, e con tutte le polemiche del caso, l’hanno chiamato “paternalismo libertario”, apparente ossimoro che però riassume benissimo il nocciolo della questione: non imporre niente dall’alto ma, sempre dall’alto, presupporre di sapere “quel che è bene” per i cittadini e spingerli in quella direzione. Parliamo di cittadini perché è prevalentemente nelle istituzioni (governi nazionali e locali) che il nudge trova applicazione pratica. E invece dove prende la teoria? Prevalentemente da studi, esperimenti e pubblicazioni delle scienze comportamentali, branca di ricerca a cavallo tra economia e psicologia che ha avuto un’esplosione negli ultimi anni. In Italia i Behavioural Studies, per dirla all’anglosassone, occupano ancora un ruolo minore, ma qualcosa si sta decisamente muovendo. Intanto c’è il lavoro dell’instancabile Matteo Motterlini, filosofo ed economista il cui ultimo libro, La psicoeconomia di Charlie Brown. Strategia per una società più felice (Rizzoli, 2015) riassume felicemente molte delle teorie del nudge, rielaborandole in modo creativo e giocando con i personaggi dei Peanuts. A Parma è attivo il centro studi Iescum (Istituto Europeo per lo Studio del Comportamento Umano), finalizzato a trovare soluzioni pratiche a piccoli-grandi problemi sociali attraverso la psicologia, gli studi comportamentali e appunto i nudge. E diretta emanazione di Iescum è il piccolo gruppo di Nudge Italia, niente di paragonabile alla Nudge Unit inglese o al lavoro che il co-fondatore della teoria Cass Sunstein ha fatto per il governo Obama (che lo ha messo a capo dell’Oira, White House Office of Information and Regulatory Affairs, come lo stesso Sunstein racconta nel suo libro Semplice), ma sempre un inizio.
Dopo gli entusiasmi iniziali, in tanti nel mondo anglosassone, liberista per definizione e tradizione, sono insorti nei confronti del “paternalismo” dei nudge. Ultimo in ordine di tempo, all’indomani della Behavioral Exchange Conference, un articolo dell’Observer il cui succo era, alla fin fine, «Manipolazione? No grazie». Eppure chi non vorrebbe strade più pulite, un sistema sanitario più agile e cittadini più responsabili? Nelle prossima “puntate” faremo un piccolo riassunto di strategie comportamentali, vedremo qualche esempio pratico di nudge e mostreremo perché schierarsi pro o contro è tutt’altro che semplice.
UPDATE
Barack Obama, in compenso, appare decisamente “pro”: la Casa Bianca ha appena diramato un Executive Order intitolato Usare le conoscenze della scienza comportamentale per servire meglio il popolo americano. Con particolare riferimento a sanità, piani pensionistici e spese universitarie, il decreto sprona a rendere più stretta la collaborazione fra gli studiosi di behavioural studies e le istituzioni ed enti, e chiede esplicitamente a questi ultimi di «Migliorare il modo in cui le informazioni sono presentate […] e identificare programmi che offrono scelte, tenendo bene in considerazione il modo in cui sono presentate e strutturate tali scelte, compresi l’ordine, il numero e la successione delle possibilità, in modo che possano promuovere attivamente il benessere pubblico, quando appropriato, dando particolare importanza alla selezione dal setting delle opzioni di default». Certo, i detrattori del “paternalismo libertario” si accaniranno su quel «Quando appropriato», ma l’ufficialità dell’annuncio la dice lunga su quanto le scienze comportamentali siano tutt’altro che un gingillo di conversazione per salotti accademici.
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