Quirinale

Mattarella vola alto, il parlamento applaude a caso

3 Febbraio 2015

All’inizio avevo pensato di contarli, come si fa in America quando il presidente fa il discorso sullo stato dell’Unione. Ma al quarantesimo applauso del parlamento, a interrompere il neoeletto presidente della Repubblica, ho rinunciato. Parlava di ingiustizie economiche, di riforme da fare, di lotta alla criminalità, seminava passaggi interessanti da affidare agli esegeti (ad esempio sulla necessità di bilanciare il rapporto tra potere esecutivo e potere legislativo), il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma sempre con maggiore frequenza, con ossessione quasi compulsiva, veniva sovrastato dagli applausi di un parlamento che sembrava, via via, preso dall’isteria. Tanto che, alla fine, le parole di Mattarella dovevano faticosamente farsi largo tra la selva di applausi insistenti, quasi ossessivi, di un Parlamento che non sembrava capaci di stare fermo, zitto, ad ascoltare un discorso importante, visto che è quello programmatico di un capo dello stato appena insediato.

La cosa, si dirà, è marginale nell’economia complessiva della giornata di oggi. Abbiamo un nuovo presidente della Repubblica, che promette che sarà l’arbitro imparziale. Abbiamo un nuovo presidente della Repubblica che fa un discorso d’insediamento alto, che si fa garante di una Costituzione declinandola lungo binari di temi concreti e rilevanti, come i diritti, l’eguaglianza di genere, la lotta alla criminalità, la giustizia in tempi rapidi. Insomma, cose importanti per la vita di tutti noi e per ridare – o dare, finalmente – all’Italia, lo spazio di civiltà che chi ha fondato una Repubblica sull’antifascismo ha progettato per noi.

Eppure, alla fine di questo discorso d’insediamento, resta, da queste parti, un amaro in bocca  ritmato da questi applausi sguaiati, plateali, fastidiosi. Che restituiscono l’impressione di un parlamento che, invece di dare spazio e solennità al momento storico (per definizione) dell’elezione di un nuovo presidente, sente l’infantile bisogno di prendersi la scena e, in qualche modo, il merito delle parole e dei valori espressi da Mattarella. Come se non fossero, in gran parte, valori universali e universalmente riconosciuti a fondamento (almeno teorico) della nostra democrazia, e come se non fosse – di conseguenza – anche colpa del parlamento, cioè dei nostri legislatori, se questi stessi valori sono in gran parte ancora bisognosi di concreta e costante applicazione.

Lasciamo da parte il retropensiero che Sergio Mattarella riempia tutti di gioia perché – come riferivano diversi deputati nei giorni scorsi – non è uomo da scioglimento delle camere. Mettiamo da parte ogni retropensiero su accordi criptici con Berlusconi, scambi sottobanco e altre dietrologie assortite. Guardiamo ai fatti e alle parole dette. Sergio Mattarella ha fama e aspetto di uomo austero, rigoroso, misurato. Non pare uno disponibile a farsi comprare con la moneta vile del complimento e del narcisismo. Tenga fede alla premessa, aiuti il paese a diventare grande, costi quel che costi. E guardi più in là del parlamento: in milioni di italiani hanno ascoltato le sue parole, con attenzione, senza applaudire, senza pretendere un posto in prima fila, senza fare rumore. Conti su di loro. È l’Italia che, grazie al cielo, è molto più grande del parlamento italiano.

 

Leggi qui il Messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Parlamento nel giorno del giuramento

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