Partiti e politici
Insieme fino alle regionali, poi liberi tutti: cosa resterà di Forza Italia
La roccaforte è a Napoli, esattamente a Palazzo Santa Lucia, sede della Regione Campania. La data fissata è il 31 maggio. E l’ultima battaglia di Forza Italia è comandata da un generale tutt’altro che carismatico, molto lontano dall’irruenza berlusconiana: Stefano Caldoro, ex ministro per l’Attuazione del Programma e presidente uscente della Regione Campania. I forzisti, per salvarsi dal naufragio totale, sperano di conquistare la riconferma del governatore campano per consolarsi di fronte al disastro annunciato. Gli appuntamenti fissati da qui ad allora, compresa la convocazione dei vertici per la prossima settimana, non potranno evitare lo schianto: forse, nella migliore delle ipotesi, solo attutirlo.
Insomma, il ritorno alla libertà di Silvio Berlusconi e l’assoluzione al processo Ruby hanno ridato fiato solo per poche ore alle truppe azzurre. Il pensiero è andato subito alla Waterloo che si profila a maggio, con la consapevolezza che da giugno in Forza Italia nulla più sarà come prima. Perché non può bastare il salvataggio del fortino campano dall’assalto dello sceriffo Vincenzo De Luca che, al di là delle ipotesi di defenestrazione da parte di Renzi, resta il candidato del Pd.
All’interno è difficile capire “chi sta con chi”. Silvio Berlusconi chiede fiducia e cerca di riorganizzare il partito. Ma intorno a lui è tutto un “fuggi fuggi”. L’europarlamentare Raffaele Fitto ha avviato il tragitto della corrente dei ‘ricostruttori’, che già alle Regionali sta facendo prove tecniche di scissione. Lo stesso eurodeputato ha minacciato di candidarsi in Puglia, la personale roccaforte elettorale, contro il candidato ufficiale del centrodestra, Francesco Schittulli. Sarebbe un regalo a Michele Emiliano, pronto a raccogliere l’eredità di Nichi Vendola.
Intanto l’ex uomo forte del berlusconismo, Denis Verdini, è pronto a trasferire le truppe del suo apparato di potere alla corte di Matteo Renzi: non è certo disposto a fare il figurante in Forza Italia. Verdini non è intenzionato a fare un partito, bensì a spostare il proprio pacchetto di potere, con lo spietato pragmatismo che ha caratterizzato il suo percorso politico. In mezzo al marasma, con parlamentari in cerca di un seggio per il futuro, c’è Silvio Berlusconi, che è in parte contento della diaspora, in modo da liberarsi dei vecchi arnesi e lanciare una Forza Italia 2.0. Un modello “Forza Silvio” con tanti giovani forti e sorridenti. D’altra parte c’è la tentazione del déjà vu, cercando di trattenerli e calamitare gli scontenti del Nuovo Centrodestra. In primis Nunzia De Girolamo. Per il Cavaliere decaduto è un bel rebus.
La mappa della sconfitta
Nella geografia delle Regionali, le Marche incarnano un caso emblematico. Forza Italia sa di andare verso una debacle e così cerca un inedito alleato: il presidente della Regione Gian Mario Spacca, che alle ultime elezioni era candidato del Pd e oggi a capo dell’associazione Marche 2020. «Abbiamo preso visione dei titoli dei punti programmatici, possiamo dire che li condividiamo tutti», ha ammesso il coordinatore regionale forzista, Remigio Ceroni. In assenza di un candidato proprio, quindi, Fi cerca la sponda addirittura in un “ex democrat”.
In Liguria Forza Italia cerca di raccogliere le energie residue intorno all’eurodeputato Giovanni Toti e chiede al Carroccio di allinearsi, rinunciando a presentare Edoardo Rixi, in realtà già sceso in campo. Salvini medita di lasciare l’onere della probabile sconfitta a Toti contro Raffaella Paita, in testa nei sondaggi nonostante la doppia concorrenza a sinistra tra Pastorino e Pagano, che al momento rappresentano due diverse istanze. In Umbria va anche peggio: Forza Italia è allo sfascio, nonostante la linea ufficiale sia per il sostegno al sindaco di Assisi, Claudio Ricci. Il deputato Pietro Laffranco è pronto a presentare liste civiche alternative. In Toscana la musica è la stessa: il ‘ricostruttore’, seguace di Fitto, Maurizio Bianconi, ha già detto che si candiderà in caso di alleanza tra Fi e Lega. E intanto prende quota la candidatura di Deborah Bergamini con un patto di sostanziale desistenza siglato con il Carroccio.
Resta così in piedi il “laboratorio Veneto”, fondamentale per capire la direzione presa dagli azzurri. Forza Italia ha l’occasione di aggregarsi al centro, puntando su Flavio Tosi, lo scissionista della Lega che correrà da indipendente. La decisione di Berlusconi di puntare sul sindaco di Verona o sul presidente uscente, il leghista, Luca Zaia, avrà un senso politico “nazionale”, perché i forzisti possono contare ancora qualcosa in Veneto nonostante il disfacimento della macchina di potere dell’ex governatore Gianfranco Galan. Gli azzurri devono assumere una posizione tra due strade: sciogliersi nel “forzaleghismo” – ma questa volta sarebbero le ‘cravatte verdi’ a fare da propulsore con Fi a rimorchio – oppure abbracciare un neo-moderatismo, con tanto di riavvicinamento a quel che resta del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. Ma sembra già tracciata la rotta che porta tra le braccia della Lega.
Il quadro è insomma abbastanza chiaro: alle Regionali c’è ancora una parvenza di partito. Dopo, però, scatta il “liberi tutti” o anche un “si salvi chi può”.
Le ripercussioni nazionali
La situazione ha inevitabili ricadute a livello nazionale. I ricostruttori di Fitto coltivano un progetto stile “Partito del sud” con una propaggine appenninica, come in Umbria, dove l’eurodeputato gode del supporto di qualche notabile locale. Il progetto è in divenire, ma scrutando gli orizzonti politici le pretese di essere una “forza nazionale” sono al momento eccessive. Il risultato minimo è quello di mettere sul tavolo voti pesanti nel meridione per cercare interlocutori nell’ottica di future alleanze.
La liquefazione di Forza Italia è insomma un’assicurazione sulla vita del governo Renzi. Silvio Berlusconi non vuole andare alle elezioni, anche se l’idea di un ritorno alle urne con il “Consultellum” -la legge elettorale in vigore totalmente proporzionale, potrebbe rendere indispensabile Forza Italia. Prima, però, l’ex presidente del Consiglio deve ricostruire un partito e, da attento comunicatore, sta studiando un nuovo brand da lanciare nel mercato politico elettorale. Forza Silvio è il suo sogno, ma – prima di scegliere – preferisce ascoltare gli esperti per capire come orientarsi. Dunque, da giugno lavorerà per una forza di opposizione, che possa approfittare delle prime sbandate del renzismo, per conservare ed eventualmente incrementare quel circa 15% di voti personali che porterebbe comunque Berlusconi a essere rilevante sul piano politico. E del resto se Silvio fosse ancora Silvio, potrebbe far male a Renzi.
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