Partiti e politici
I consensi nel 2015: Renzi domina, gli altri si litigano le briciole
L’elettore non è il cane di Pavlov, dicevo settimana scorsa. Non cambia idea ad ogni tweet o ad ogni dichiarazione di qualche leader politico. Per fargli mutare la propria scelta di voto, occorre una serie abbastanza lunga, nel tempo, di comportamenti poco condivisibili del partito cui si sente più vicino. E anche, contemporaneamente, un’offerta alternativa credibile alla quale approdare se non vuole finire nell’astensione. Per questo motivo, possiamo già prevedere quali saranno i consensi per le diverse forze in campo per i prossimi mesi.
Le intenzioni di voto non cambieranno in questo anno, non almeno in maniera sensibile, a meno di qualche improbabile rivoluzione. Vediamo cosa accadrà dunque alle principali forze in campo, iniziando dal movimento che ancora non ha specifici connotati: la coalizione di Landini, se diventasse una sorta di partito, godrebbe certamente dei favori degli elettori di “sinistra-sinistra”, oggi orfani. Potrebbe diventare un interessante pungolo allo stesso Pd, ma difficilmente potrà superare una quota di consensi del 5-6%. Non molto oltre i consueti consensi delle diverse formazioni che, negli ultimi anni, hanno popolato quell’area di riferimento (dalla Sinistra arcobaleno alla lista Tsipras).
Molto affollato il cosiddetto centro dello schieramento politico: la novella Area Popolare (Udc+Ncd?, il nuovo partito di Passera (Italia Unica), i profughi montiani, divisi oggi in centro rivoli. Nessuno di loro potrà sfondare, e dovranno accontentarsi delle briciole lasciate dalle forze maggiori. Percentuali dunque non superiori ai 3-4 punti.
Capitolo centro-destra: anche questo abbastanza affollato, ma con chance di performance elettorali, o di consensi, largamente maggiori. Fratelli d’Italia, capitanato da Meloni, stava andando benino, prima che la Lega di Salvini, spostatasi decisamente nell’area lepenista, non sottrasse loro una buona fetta dell’elettorato di destra. Potrebbe restare sui suoi risultati europei, vicini al 4%. La nuova pelle della Lega le permetterà di ottenere consensi nelle aree politiche e territoriali precedentemente precluse: destra e centro-sud del paese. Una strategia che può permetterle di superare Forza Italia, con un consenso superiore al 15%, se l’affrancamento dagli antichi slogan padani verranno recepiti positivamente anche nel meridione.
La stessa Forza Italia avrà anche quest’anno un futuro molto tormentato. L’ennesima ridiscesa in campo del suo leader maximo è difficile possa migliorare di molto le sue attuali posizioni competitive. Berlusconi non viene più recepito dagli italiani come un simbolo di rinnovamento. Per risorgere davvero, si dovrà attendere un nuovo leader, capace di comunicare almeno in parte come il suo fondatore.
Il Movimento 5 stelle ha il destino più difficile da prevedere, poiché molte delle sue fortune future dipenderanno dal ruolo che il fondatore Grillo vorrà ritagliarsi all’interno di questa forza politica. Un suo abbandono troppo rapido inciderà negativamente sull’appeal del movimento, che ancora non è riuscito a sedimentarsi autonomamente nelle coscienze degli elettori. La strategia migliore per il M5s è quella di restare ancora legato alla sua figura per almeno un altro anno, cercando nel frattempo di darsi una compattezza di intenti e di personale politico che finora è un po’ mancata. Se così non fosse, sarà destinata ad essere un comprimario, certo significativo ed importante, ma mai decisivo nei giochi politici.
Il Partito Democratico, infine, potrà contare per qualche mese, forse per un anno, del favore che ancora circonda il premier. Sebbene in relativo calo rispetto all’iniziale luna di miele, Matteo Renzi è tuttora vissuto da una grande fetta di elettori, a torto o a ragione, come l’unico uomo politico in grado di cambiare le cose nel paese. I destini del suo partito sono oggi legati a doppio filo con le sue performance di governo. Non saranno eventuali scissioni, piuttosto improbabili se non per qualche figura di rilievo, a compromette l’appeal del Pd, quanto il possibile fallimento dell’azione politica del segretario.
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