Partiti e politici

Talk-show con Salvini? Qualche consiglio su come affrontarlo

23 Giugno 2015

Recentemente, il premier Matteo Renzi parlando alla direzione del suo partito ha dichiarato: “come prepariamo le nostre presenze in tv?”. È chiaro che facesse riferimento a una tendenza, sotto gli occhi di tutti, a soccombere in TV di fronte a tematiche delicate come “scuola” e “immigrazione”. Che i dirigenti del PD (tranne rare eccezioni) non abbiano mai bucato lo schermo è cosa nota, ma si pensava il vento fosse cambiato con il nuovo corso renziano; il problema è, invece, che nessuno riesce a tenere il livello del loro leader, come spiega bene Claudio Velardi, perché la partecipazione in TV non si improvvisa e prevede un approfondito studio non solo del tema ma delle dinamiche della trasmissione e delle modalità espressive.

Adesso, facciamo un esempio, il massimo della difficoltà: Matteo Salvini, uno contro uno, tema immigrazione. Le scommesse danno l’esponente del PD con handicap di partenza, ma come si fa a limitare i danni e provare ad uscirne vivi?

Salvini ha costruito il suo posizionamento su questi temi, chiaramente non c’è un omologo dall’altra parte, forte sul tema e altrettanto riconoscibile come l’esponente della lega nord. Ma, non tutto è perduto, si può portare a casa un pareggio. Come?

– Salvini usa, in maniera efficace e vincente, il frame “uomo nero”, egregiamente rappresentato e spiegato da questo video dei the jackal: dove il giovane precario non crede all’amico razzista che dà tutta la colpa ai neri, ma al primo contatto con l’altro, cede alla pressione sociale e dei pari. Ipsos MORI ha pubblicato dei dati sulla percezione dell’immigrazione in Italia: si crede che gli immigrati rappresentino il 30% della popolazione generale, di fronte a un dato reale del 7%. Anche sul sito che mi ospita, Antonio Nizzoli parla del ruolo dei media nella costruzione dell’emergenza. È evidente che un’operazione “verità” funzioni pochissimo, laddove la percezione è tutt’altra risulta inutile ricordare che i numeri parlano diversamente. Portare, invece, esempi positivi in contrapposizione al frame: per esempio, dati su un impatto delle ritenute irpef e contributi inps degli immigrati, una storia bella di integrazione che ha un impatto sulla economia di un paese, come ad esempio quella di Riace. Non inseguire sullo stesso “frame” Salvini, il rischio è di far finire lo spettatore come il personaggio del video dei the jackal a dar ragione alle peggiori congetture.

– l’efficacia communicativa di Salvini gioca sostanzialmente sulla costruzione di una contrapposizione su qualunque tema e qualunque interlocutore. Attaccare personalmente Salvini, fa il gioco di Salvini. Lo spiega, quasi scientificamente, l’esperimento della pagina “Napoletani per Salvini” in questa intervista su termometro politico; “perché dire una cosa intelligente attrae solo gli intelligenti, spararla grossa attira tutti. Chi va sulla bacheca di Salvini a sfotterlo o insultarlo lo legittima e fa il suo gioco”. Per non fare il gioco di Salvini, anche in TV, è inutile affrontare i temi provando a riportare la retorica salviniana a razzismo e populismo, ma sembrerebbe più efficace spostare il focus, in maniera strategica, su altro prima che lo faccia Salvini (cosa che fa spesso, “mi interessa parlare della legge fornero, i rom non sono il primo problema dell’Italia” cit. salvini) oppure ribaltare nel più classico degli schemi “sì, ma le foibe?”, rimbalzare tutto all’interlocutore, come suggerisce Maria Cafagna in questo tweet.

– troppo spesso l’ospite del PD si trova messo all’angolo durante il dibattito con Salvini e incappa nei più classici degli errori: 1) rimandare a un governo passato (“è stato Maroni a…”), sbagliato. L’efficacia di Salvini è nel suo hic et nunc, nell’affrontare tutto di petto, nello stilema “ruspa” ripetuto sempre e comunque; è inutile andarsi a cacciare in quella che alle orecchie dello spettatore appare come una giustificazione. 2) dare ragione a Salvini, “sul fatto che i bambini rom devono andare a scuola siamo d’accordo, ma…” è qui che Salvini porta sempre il suo avversario ed è su questo subdolo e incosciente appoggio che poggia la sua strategia dialettica. Dice un dirigente del PD: “noi non minimizziamo il problema”, dico io: lo stai già facendo indeed.

Questi sono alcuni consigli per non uscire con le ossa rotte, ma per vincere il duello servirebbe, in primis, una strategia chiara per superare il dibattito sia intorno ai “migranti” che ai “campi rom”. Oggi, non c’è un contenuto chiaro, comunicativamente spendibile, sull’emergenza profughi da parte del governo. Ancora l’altro giorno, l’incontro tra Matteo Renzi e François Hollande, è finito con un nulla di fatto e una dichiarazione del premier vaga e generica: “servono solidarietà e responsabilità” ma non c’è la ricetta. Una volta trovata, serve una buona strategia comunicativa per presentare il piatto, allora sì, particolarmente indigesto a Salvini e Lega Nord.

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