Partiti e politici
Raggi abbaglianti. Le responsabilità dei media
I mezzi di comunicazione di massa producono un sacco di danni alla politica.
La cosiddetta media logic – ossia, in sintesi, la necessità che i mass media hanno di stare sul mercato, “vendendoci” le notizie – spinge giornali e tv a trasformare ogni avvenimento e ogni settore della società in un mix di sensazionalismo, personalizzazione, banalizzazione, voyeurismo, gossip. In una parola: spettacolo. Come diceva Guy Debord, nulla sfugge dalla logica dello spettacolo, è come un blob che avanza e si mangia tutto. Se non ci si adegua a quella logica, semplicemente non si vende alcuna informazione. Perché non intrattiene e nessuno la “compra”.
La politica non è per niente indenne da questa logica, anzi ne è la prima vittima sacrificale.
Sono spariti i programmi, le politiche pubbliche, le aree culturali, le idee, i partiti, a tutto vantaggio di storie individuali, “immagini dei candidati”, profili più o meno veritieri di singoli “eroi” chiamati a sobbarcarsi imprese sempre più impossibili. Con campagne elettorali incentrate su gravidanze, curriculum, Ferrari, pettegolezzi, retroscena, ecc.. E niente altro, questo è il problema…
Questa deriva ha trasformato completamente la percezione della politica agli occhi dei cittadini, buona parte dei quali ritiene che un singolo può governare qualunque cosa, praticamente da solo, pur non avendo idea di ciò che sta per governare. La complessità è sparita, le competenze pure. Tutti possono fare tutto, basta che siano onesti (il che peraltro è semplice da dimostrare, quando non hai mai governato nulla…).
Tempo fa scrissi questo pezzo sottolineando quanto fossi rimasto colpito dal fatto che nel M5S ci fossero ben 209 persone convinte di poter fare il sindaco di Roma, mentre i partiti “tradizionali” faticavano a trovare candidati.
Perché oltre 200 cittadini romani si candidano con un videoclip alla carica di massimo cittadino della capitale? Semplice, perché non hanno idea di quello che stanno facendo.E non avendo idea, si sentono in grado di farlo.
E perché ci si dovrebbe lanciare in un’impresa del tutto ignota con tanta leggerezza? Perché la politica ormai passa per una cosa alla portata di tutti. La ragione per cui “gli altri” hanno fallito è “solo” la loro disonestà. Se io sono moralmente granitico, anche se non ho idea di cosa sia la politica e l’amministrazione, sono serenamente in grado di guidare l’amministrazione più complessa e messa male d’Italia…
Ieri, a Piazza Pulita, Formigli, Berlinguer, Mieli e Sgarbi si interrogavano sulla capacità di Virginia Raggi di governare Roma. Uno di loro, addirittura, ha detto: “se riesce a mettere a posto le buche e a migliorare il traffico, è fatta”. Ecco, questo è il messaggio che passa e che fa danni incredibili. Se gli opinion leader, le “autorità cognitive”, ci dicono in tv che basta fare due cose “semplici” per governare bene Roma, noi ci convinciamo del fatto che tutti i predecessori siano stati degli inetti totali, oltre che ladri (ovviamente). E che dunque basta una “brava ragazza” che arriva e risolve tutti i problemi con la bacchetta magica e una dose massiccia di buona volontà.
Diamo qualche numero su Roma:
– oltre 1200km quadrati di superficie, pari a 8 volte Milano e alla somma delle superfici delle prime 9 città italiane per abitanti. Il territorio amministrato dal Sindaco di Roma è pari alla somma delle superfici di Milano, Torino, Napoli, Palermo, Genova, Firenze, Bologna, Venezia e Catania.
– Circa 6000km di strade: da Roma alla Groenlandia, per capirci.
– Un bilancio di circa 7 miliardi di euro (e di circa 3 mila pagine…).
– Un debito residuo ancora oggi pari a oltre 13 miliardi.
– 23 mila dipendenti; circa 55 mila considerando anche le aziende municipalizzate.
– 15 Municipi, 23 Dipartimenti, 6 strutture di supporto agli organi politici.
– Un numero di centri di costo imprecisato, nessuno è riuscito a quantificarli….in ogni caso nell’ordine delle centinaia.
– Circa 20 mila provvedimenti amministrativi all’anno, tra delibere, determine dirigenziali e ordinanze sindacali.
Potrei andare avanti, ma mi fermo qui. Aggiungo solo una mia notazione personale. Quando dirigevo il Dipartimento di comunicazione istituzionale di Roma Capitale “viaggiavo” a 100 telefonate in entrata al giorno e circa 400 mail. Nessuna delle quali era per salututarmi o per chiedermi “Ciao, come stai?”… Immaginate cosa arriva alla segreteria del Sindaco.
Ora, torniamo alla domanda di Formigli. Può farcela Virginia Raggi a governare Roma meglio degli altri? Ecco, questa domanda è semplicemente insensata. La domanda sensata dovrebbe essere: è in grado Virginia Raggi di mettere in piedi una squadra super competente, che conosca perfettamente la città, i suoi diversi territori, gli stakeholders principali, la macchina amministrativa e le sue municipalizzate? Ed è in grado di portare avanti a livello nazionale una discussione seria sulla governance di Roma? O, in alternativa, di ottenere risorse abbondanti da Governo e Regione Lazio per provare a mettere qualche toppa ai tanti problemi strutturali di questa città?
Invece, niente. Le “squadre” non esistono più nell’era della personalizzazione: è tutta una questione individuale. Come non esiste la complessità: tutto semplice, basta riempire qualche buca… (per le quali servirebbero 4-500 milioni l’anno, particolare che “sfugge” a tutti).
Dove ci porta questa logica? Mi pare abbastanza evidente. Ci porta a tritare e a consumare come caramelle tutti gli “eroi” individuali possibili e immaginabili. Ognuno è costretto a sobbarcarsi “mari e monti” per essere eletto e poi paga l’onere di dover affrontare individualmente anche ogni responsabilità, dagli scontrini alle multe, fino alle vicende più grandi e complesse. E nessuno può uscire indenne. Neanche Mandrake può governare Roma da solo.
Alle condizioni attuali, il Sindaco di Roma è l’incarico pubblico più difficile in Italia e sul quale vi è il carico di aspettative più alto in assoluto. Servirebbe un dream team e probabilmente non basterebbe. Una squadra iperlegittimata, in grado di dialogare con autorevolezza con tutti i settori della città, con gli stakeholders più importanti, capace di trasformare un’amministrazione affaticata e “impaurita” in un’azienda virtuosa ed efficiente e in grado di impostare una riforma della legge su Roma Capitale dialogando con le istituzioni statali. Una squadra con una vision della città, che dia un senso alla Roma contemporanea, al suo ruolo nella “megalopoli globale”: una vera e propria metamorfosi culturale e strategica.
Insomma, mai come oggi Roma avrebbe bisogno di una classe dirigente super e di un appoggio incondizionato delle altre istituzioni nazionali.
Quello che vedo, invece, come probabile maggioranza tra due settimane, è un gruppetto di ragazzi di buona volontà senza competenze specifiche che ritengono gli stakeholders solo lobbies e “poteri forti” da evitare come la peste, vedono l’amministrazione come un covo di potenziali corrotti da far ruotare come trottole per evitare le tentazioni, e possiedono una vision della città che ha prodotto pannolini lavabili e baratto come magiche soluzioni di lungo periodo. Inutile dire poi come sarebbe il rapporto col governo nazionale e con la Regione Lazio, data l’innata ritrosia del M5S a “trattare” con chiunque faccia parte dei “vecchi partiti” (le parole più usate da Virginia Raggi in tutta la campagna elettorale).
Ecco, non credo sia questa la classe dirigente super di cui abbiamo bisogno. Ma d’altronde, se “a Roma basta riempire qualche buca per fare il Sindaco”…è quella che ci meritiamo ed è quella che vince grazie alla deformazione della realtà impressa dalla banalizzazione mediatica.
La “realtà mediaticamente determinata” che viviamo quotidianamente ci riempie di illusioni ottiche. Una vera e propria malattia autodegenerativa per il sistema. Per ora questa dinamica folle ha “solo” ucciso la politica di professione. Fra breve ucciderà anche gli outsider civici (i tecnici li ha già fatti fuori). Resta solo da capire quanto ci metterà a distruggere il sistema-paese e l’intera comunità politica.
Tutta colpa dei media? O, meglio, della loro “logica di sopravvivenza”? No, la politica ha le sue responsabilità, quelle di inseguire e adattarsi, suicidandosi, a queste logiche. Ne parlo qui.
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