Il primo quadrimestre di Virginia
Oggi si chiude il primo quadrimestre di Virginia Raggi come sindaco di Roma. Il 19 giugno scorso è il giorno in cui gli elettori romani le hanno conferito l’onore (e l’onere) di essere la prima cittadina della capitale.
Normalmente a fine quadrimestre arrivano le pagelle. Non ho alcuna autorità – né autorevolezza – per dare i voti al sindaco, per cui mi limito a testare un po’ di ipotesi, numeri alla mano.
Una delle ipotesi più accreditate in questi primi mesi della nuova amministrazione è che abbia prodotto poco: pochi atti formali, Assemblea capitolina ferma, giunta poco decisionista e con le idee non chiarissime e così via. Per testare la validità di questa ipotesi la stampa ha spesso confrontato la produttività di Virginia Raggi con quella della collega di Torino, Chiara Appendino, o con gli altri sindaci delle città metropolitane eletti nell’ultima tornata elettorale.
A mio avviso è più corretto fare una comparazione tutta “romana”, per le note differenze tra Roma e le altre grandi città italiane. Roma è un “mondo a parte”. Per tale ragione, grazie al motore di ricerca interno del portale istituzionale di Roma Capitale, ho confrontato la produttività di Virginia Raggi con quella di Ignazio Marino e di Gianni Alemanno (evitando di estendere la comparazione a sindaci rappresentativi di un’altra “era politica”, pre-crisi, con l’indebitamento facile e pre-commissariamento del debito, pre-finanziarie “lacrime e sangue”, ecc. ecc. ).
La comparazione è incentrata sugli atti principali delle istituzioni centrali, ossia: Ordinanze del sindaco, Delibere di giunta e Delibere dell’Assemblea capitolina (alias Consiglio comunale).
Il risultato in valore assoluto è il seguente:
Come si evince dal grafico, effettivamente l’amministrazione Raggi è la meno produttiva delle tre prese in considerazione. Tuttavia, l’inerzia dell’Assemblea capitolina nei primi mesi di attività sembra una costante in tutte le amministrazioni considerate. Una tendenza in parte normale, nel senso che le delibere dell’Assemblea spesso derivano da un lavoro preparatorio della Giunta e quest’ultima nella prima fase deve prendersi il tempo necessario per “strutturarsi” e capire quali siano le priorità su cui avviare l’iter normativo. D’altro canto, però, Virginia Raggi è il primo sindaco ad avere una maggioranza monopartitica in Assemblea, il che aggrava quel ritardo, nel senso che tanto Marino quanto Alemanno avevano una coalizione a supporto, con la complicazione di dover mettere d’accordo più partiti. Raggi ha, in linea teorica, un vantaggio netto su questo fronte. Sottolineo però la “linea teorica”, dato che abbiamo già visto non poche schermaglie tra giunta e gruppo consiliare M5S. Insomma, il governo monopartitico diventa stabile ed efficace, solo se anche il partito è stabile ed efficace….
Sul fronte delle Delibere di giunta e delle Ordinanze del sindaco il gap della Raggi aumenta, specie in confronto ad Alemanno (che ha prodotto il doppio delle Ordinanze e oltre il triplo delle Delibere), molto meno rispetto a Marino. Sulle delibere, un’altra ipotesi ricorrente è che gran parte di esse siano in realtà inutili alla città perché hanno a che fare con assunzioni o mobilità del personale. Ad oggi, su 55 Delibere della giunta Raggi, 22 hanno a che fare col personale, ossia il 40% del totale. Il rapporto tra Delibere sul personale e Delibere totali però non è affatto alto, dato che con Alemanno era pari al 54% e con Marino addirittura quasi al 70%, nello stesso periodo di riferimento, ossia i primi quattro mesi di attività (dati riportati nel grafico che segue).
Questo dato, da un lato depotenzia l’ipotesi appena menzionata, dall’altro però mette in luce uno dei problemi più evidenti di questa fase di “avvio” dell’amministrazione Raggi, ossia la mancanza di numerosi pezzi importanti della macchina amministrativa. Ad oggi, infatti, Roma Capitale è ancora senza capo di gabinetto, in attesa del nuovo segretario generale ed eventualmente di un direttore generale (city manager), con un vertice della Ragioneria generale “ballerino” e con oltre 100 posizioni dirigenziali scoperte. Il che significa che la giunta dovrà necessariamente ricorrere a decine di dirigenti esterni, per evitare che quelli attualmente in organico abbiano troppi interim e finiscano per disperdere energie, responsabilità e risorse. Rischiano così tanto la paralisi amministrativa, quanto eventuali “danni” da sovraccarico di funzioni. Attualmente, non è stato nominato alcun dirigente esterno. Può sembrare un dato virtuoso, ma non lo è, data la situazione di partenza. Sembra piuttosto un indicatore di idee poco chiare e problemi decisionali interni. Staremo a vedere nelle prossime settimane.
Complessivamente, dunque, emerge un’amministrazione meno produttiva rispetto alle precedenti – il che era anche prevedibile data la scarsa esperienza dei protagonisti – e in ritardo nella composizione della squadra, senza il completamento della quale la produttività non può che continuare a essere bassa. Al di là di tutte le critiche e perplessità di questa prima fase, quello resta il problema principale, a mio avviso, oltre ovviamente alla coesione interna del gruppo politico, fondamentale per stilare un’agenda di priorità e per dare avvio ai procedimenti più importanti. Ma anche per effettuare le nomine che ancora mancano…che sia quest’ultima un’altra spia di un “condominio” confuso e un po’ troppo agitato?
Un commento
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Le delibere di Alemanno le possiamo chiamare per il 70% parentopoli e per il restante 30% mafia capitale. Quelle di Marino, beh qui non è che si possa parlare di lana caprina… 90% mafia capitale e il restante 10% lo lascio al libero arbitrio.Non è la quantità ma la qualità che fa la differenza. Per il resto è una buona analisi.