Partiti e politici

La parola chiave che manca alla Sinistra per mettere le idee in ordine

26 Febbraio 2017

Il tempo e le urne diranno se l’ultima spaccatura del centrosinistra sarà in grado di produrre un vero progetto di futuro, che sia altro da un semplice scontro di ambizioni personali. E mentre attendiamo gli eventi, da oggi iniziamo, con questo articolo di David Bidussa, un viaggio fra le molte #paroledisinistra, di vecchio o nuovo conio ma sentite ancora come vive, alla ricerca di quella parola che obblighi a ripensare le scelte, a esprimere una gerarchia di temi e di problemi. Parole che servono a tutti, sia quanti pensano che il Pd non possa più rappresentare una casa “di sinistra”, sia quanti credono il contrario. E per tutti, infatti, è questo dibattito. Per costruire – attraverso il contributo dei brains degli Stati Generali, di quelli che ci sono e di quelli che si aggiungeranno – un #GrafoRosso delle parole, delle priorità, delle scelte.

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Le scissioni politiche hanno spesso la fisionomia della liberazione – qualcuno esce da una casa e se ne va via cantando, inneggiando al futuro, convinto di lasciare una casa di morti e di andare a inaugurare una casa di vivi. Anzi, convinto che gli unici vivi siano quelli che aderiranno alla nuova casa. Nella vecchia casa di solito la scena è speculare, eguale e contraria. Quelli che rimangono vedono gli altri andarsene e pensano che anche per loro quell’atto sia una liberazione. Ora tutto sarà più chiaro: fine di compromessi, rilancio della propria iniziativa, nuovo protagonismo.

È una scena a doppia trama che abbiamo visto molte volte nella storia delle sinistre in Italia negli ultimi cento anni. Probabilmente in maniera convulsa, con scene di teatro proprie, si ripeterà anche questa volta. L’essenziale tuttavia non sta lì.

Oggi a tutte le anime della sinistra in Italia mancano parole, immaginario sociale e politico. Soprattutto, non hanno una enciclopedia, o un “grafo della conoscenza” per dirla alla Google.

In genere, le enciclopedie sono un precipitato di concetti, parole, che registrano una concreta e solida stabilità del sapere. Indicano certezza intellettuale. Talvolta, tuttavia, l’enciclopedia è la percezione di un sapere mutante, il che vuol dire anche di una cultura che si cerca, che rinvia a una società che vede emergere nuovi valori e che con quelli deve misurarsi se non vuole soccombere o restare in balìa del giorno per giorno.

La condizione della cultura mondiale, delle sensibilità, degli snodi tematici, dell’ultimo trentennio ha mostrato una tendenza a rivedere, rimuovere, cambiare. In mezzo sono cambiati il significato e il senso delle parole che usiamo, sono scomparse intere branche del sapere e dell’immaginario collettivo, mentre altre parole, fino a quel momento percepite come residuali, hanno trovato nuova forza e si sono collocate al centro delle emozioni e delle passioni collettive.

Oggi dunque la prima questione dovrebbe essere costruire un nucleo di parole orientate gerarchicamente costruito intorno a un lemma molto forte su cui ripensare il complesso non solo e non tanto del nostro sapere, quanto del nostro sentire e dunque poi del nostro agire.

Lemma molto forte non significa usare una parola icona e trasformarla in un mito politico, ma scegliere una parola che obbliga a ripensare le scelte, a esprimere una gerarchia di parole, di temi e di problemi fortemente vincolati a quella parola chiave che a quel punto funziona come principio fondatore e organizzatore di significati.

Un grafo che ha nodi, archi, punti di fuga, ma che, soprattutto, ha un fuoco, al massimo due. Per esempio: sostenibilità ci appare oggi come la parola che ha assunto il significato di futuro. Da sola quella parola non ce la farà. Al massimo si trasformerà in icona, ma non darà luogo, da sola, a un pacchetto di contenuti, a un grappolo di altre parole che hanno la funzione di spiegare, ampliare, articolare, indicare il raggio di azione. Quella possibilità di funzione si fonda se si individua una parola la cui funzione non è essere un’icona o un simbolo, ma obbligarci a scegliere. Ovvero a dare fisionomia di progetto a comportamenti, scale di priorità, urgenze, deliberazioni.

Limite può essere quella parola? Forse.

Quello che conta però è il principio. Una parola che non sia un mito ma che ci costringa a “mettere in ordine” e perciò a comunicare il profilo di un progetto di futuro: concreto, comprensibile, misurabile, falsificabile, ovvero capace di essere messo sotto scacco e di correggersi. Laico, dunque.

La sinistra ha bisogno di un’enciclopedia non di un lemmario.

Un lemmario, infatti, si compone di parole chiave capaci di concorrere a dare una fisionomia e una postura al volto della sinistra di domani a partire da oggi. Ma quel volto si costruisce non sommando tante parole, ma individuandone una, due, massimo tre che insieme diano fisionomia alla sinistra, che formino la cartina di tornasole con cui valutare tutto il resto. Potremmo così comporre un lemmario. Diversamente conieremo un lungo elenco di parole, alcune anche molto importanti, ma senza un principio che le lega, e dunque “deboli”, perché non indicano la coerenza di una filiera.

Non è vero che in questi anni la sinistra non abbia coniato parole. Ne ha coniate molte, o ne ha adottate molte – e dunque ha anche guardato al fuori –, ma non ha mai fondato un’enciclopedia. Per questo si trova periodicamente, sempre più frequentemente, a ricominciare daccapo e sempre più spesso a pensare di salvarsi rimpiangendo il tempo antico.

@davidbidussa

#paroledisinistra #graforosso


Gli Stati Generali del 1789

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