Partiti e politici

Ma +Europa è di sinistra? Chi lo decide? È così importante saperlo?

15 Febbraio 2018

Silvia Bianchi si chiede se abbia senso per un elettore “di sinistra” scegliere +Europa invece che il PD, concludendo che  “sostenere ‘Più Europa’ come alternativa al PD vuol dire “mettere una toppa peggiore del buco”, dato che il suo programma è “liberale e liberista”.

Vorrei cercare, a titolo strettamente personale, di rispondere a queste affermazioni. Premetto di non condividere con l’autrice certezze granitiche su cosa sia “di sinistra” o “liberista”; in generale e soprattutto dopo gli enormi cambiamenti demografici e del mercato del lavoro degli ultimi due decenni.

Dunque, le osservazioni di Bianchi si concentrano sulle politiche economiche e l’atteggiamento verso l’Unione Europea, mentre le posizioni in materia di ambiente, immigrazioni e diritti civili sembrano superare l’esame.

Privilegiando la sovrastruttura rispetto alla struttura, comincio dalla politica europea. Per Bianchi essere “di sinistra” vuol dire “affidare il potere ad un Parlamento Europeo pienamente sovrano”, mentre i “liberali e liberisti” sono per una federazione leggera, a cui vengono devolute alcune funzioni. Il perché una scelta sia più di sinistra delle altre dipende ovviamente da cosa si definisce per sinistra. Faccio però solo notare che:

– Le competenze di questa federazione leggera non sarebbero poi così marginali, dato che includerebbero diplomazia, ricerca scientifica e, cosa che dovrebbe stare a cuore a chi è di sinistra, redistribuzione sociale e regionale. Inoltre le risorse trasferite al bilancio europeo consentirebbero all’Unione Europea di svolgere quelle politiche anticicliche che sono mancate in Italia sia durante la crisi del 2008 che, soprattutto, in quella del 2011.

– Nell’attuale Parlamento, la necessità di bilanciare le dimensioni dei gruppi parlamentari fa sì che il PPE non cacci dal proprio gruppo il partito di Orban. Lo stesso Parlamento, poi, ha appena bocciato la possibilità che alle elezioni del 2019 si presenti una lista transnazionale.

– Visto il clima attuale di ostilità verso le istituzioni comunitarie il rafforzamento delle cooperazioni tra stati nazionali  è forse la maniera più pragmatica di avanzare verso l’unificazione europea. Ovviamente si può discutere se proporre soluzioni fattibili sia “di sinistra”.

Insomma, una federazione leggera potrebbe rappresentare il primo passo per arrivare a una piena sovranità parlamentare. In politica, si sa, la distanza piu’ breve tra due punti non e’ certo una linea retta!

Passando all’economia, il giudizio di “liberale e liberista” deriva da parecchie considerazioni. Prima di tutto l’idea di congelare per cinque anni la spesa pubblica, che toglierebbe risorse e peggiorerebbe i servizi pubblici, seguita dalla riduzione delle aliquote IRPEF, compensate dall’aumento dell’IVA e la reintroduzione della tassa sulla prima casa. Inoltre la possibilità di privatizzare servizi pubblici, il rafforzamento della contrattazione aziendale e il mantenimento di Jobs Act e Legge Fornero sarebbero indizi inequivocabili di influenze  destrorse.

Ripeto, ho enormi difficoltà a definire cosa sia “di sinistra”. A occhio una maggiore inclusione e la riduzione delle diseguaglianze dovrebbero fare parte del pacchetto. Propongo quindi di valutare rapidamente le principali proposte economiche di +Europa secondo questi due criteri.

Prima di tutto dobbiamo definire come valutare le diseguaglianze. Anche qui non c’è consenso, ma limitandosi all’Italia, è noto che il grosso delle diseguaglianze si ha tra Nord e Sud e tra giovani ed anziani. Su quest’ultimo punto esistono decine di studi (tra tutti le analisi della Banca d’Italia che mostrano come la sperequazione di ricchezza tra giovani ed anziani sia aumentata nel tempo), e vorrei ricordare un solo dato: ad oggi la povertà colpisce il 4% degli italiani con più di 65% anni, ma ben il 12% di quelli sotto i 18.  Congelare la spesa pubblica significa in prima battuta contribuire a ridurre il debito, ovvero il conto che le generazioni future dovranno pagare per le spese di quelle correnti. E’ persino banale ricordare che la spesa per interessi sottrae risorse e rende il bilancio pubblico molto più fragile rispetto all’andamento dei mercati (specialmente dato che da qui ad un anno il nostro debito non sarà probabilmente più appoggiato dagli acquisti della BCE). Allo stesso modo, abolire la riforma Fornero significherebbe negare a molti lavoratori più giovani (che hanno già pagato molto più degli anziani le ultime crisi) la possibilità di una pensione decente.

Ovviamente è fondamentale il come si pensa di ridurre il debito. Bianchi implicitamente paragona il congelamento della spesa ai tagli lineari di governi passati. Si assume quindi che tutta la spesa pubblica attuale sia buona e che sia impossibile selezionare e stabilire priorità (ovvero, fare politica economica). Penso che a tutti vengano in mente esempi di spesa pubblica che si potrebbe tagliare senza fare precipitare gli italiani nella miseria, e le relazioni sulla spending review offrono più di una soluzione.

Tasse: la proposta di +Europa prevede una riduzione delle aliquote più marcata per i redditi medio bassi, una semplificazione del sistema di deduzione e detrazione e misure di sostegno al reddito per chi è in povertà assoluta. A spanne questo dovrebbe andare bene a chi è preoccupato delle diseguaglianze. L’aumento dell’IVA sarebbe sì regressivo, ma si accompagnerebbe al ripristino della tassazione sulla prima casa e compenserebbe solo in parte un taglio delle imposte dirette ben più sostanzioso. Va ricordato che i proprietari immobiliari sono più ricchi e anziani della media, e quindi non si capisce il perché di un’ostilità di sinistra a questa misura. In termini generali, spostare la tassa dal lavoro alle rendite non mi sembrerebbe così male. Infine, stimare il risultato netto in termini di distribuzione richiede molte ipotesi e calcoli complicati che lasciano ampi margini di incertezza, quindi etichettare a priori l’insieme di queste misure mi sembra come minimo approssimativo.

Per quanto riguarda l’inclusione, cito solo tre punti. Primo, il Jobs Act è criticabilissimo e forse ha disatteso molte delle sue promesse, ma bisognerebbe ricordare quello che c’era prima. Faccio fatica a capire perché le finte partite IVA dovrebbero essere più di sinistra rispetto ai contratti a tutele crescenti.  Secondo, +Europa propone misure per conciliare lavoro e famiglia (che prevedono investimenti nelle scuole materne e controlli alle imprese sulle retribuzioni, tra l’altro), con l’obiettivo esplicito di raggiungere un equilibrio di genere nelle carriere e degli stipendi, il che non mi sembra tratto da nessuna Bibbia del liberismo. Terzo, si prevede una semplificazione burocratica e una riduzione delle tassazione per le partite IVA con fatturato fino a 60mila euro, e altre misure (come l’abolizione degli acconti) per rendere più semplice la loro attività .

E poi c’è il proseguimento delle liberalizzazioni, che, come ricorda(va?) spesso Bersani (lui è di sinistra, giusto?) favoriscono soprattutto le persone con reddito più basso.

In definitiva, guardando più in dettaglio alle proposte e tentando di ragionare sui loro effetti appare un quadro un po’ più articolato di quello tratteggiato da Bianchi nel suo articolo.  Il che può essere incoraggiante per un elettore di sinistra, qualsiasi cosa questo voglia dire.

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