Partiti e politici

Le redditizie fake news dei fan di Lega e M5S sono un pericolo per la democrazia

26 Novembre 2017

Davide Colono, responsabile marketing di nextmediaweb e fratello di Giancarlo – proprietario di Web365, la società editrice di direttanews.it e di altre decine di siti che secondo un’inchiesta condotta da Buzzfeed diffondono quotidianamente Fake News – ha rilasciato a Claudio Messora di byoblu.com un’intervista in cui lamenta una presunta ingiustizia subita da parte di Facebook, che nei giorni scorsi ha chiuso due pagine con milioni di like da loro gestite (direttanews.it e inews24.it) e da cui venivano diffusi i contenuti dei relativi siti accusati dal portale di informazione americano di diffondere il falso. Colono, che ha rifiutato di essere ripreso dalla telecamera (ricalcando una caratteristica dei profili fake, quella di non metterci mai la faccia) ha definito l’attività delle testate di famiglia “espressione della libertà di opinione”, una libertà che a suo dire sarebbe stata calpestata perché “non allineata” al potere. Quello gestito dalle società che fanno capo alla famiglia Colono è un network che – come spiega Jacopo Iacoboni su La Stampa – può raggiungere tra gli otto e i dieci milioni di like su Facebook, più della somma di due dei tre principali quotidiani italiani.

L’intervistato conferma, suo malgrado, ciò che in fondo si sapeva da tempo. Esiste un’economia basata sul click-baiting che non disdegna la disinformazione su temi molto sentiti come la medicina, la religione, l’economia, l’immigrazione, il nazionalismo e tutte le parole d’ordine dei populisti, per produrre milioni di click che si traducono in soldi facili. Chi ne gestisce i contenuti sa bene che un titolo ad effetto contro personaggi di primo piano come la Presidente della Camera, Laura Boldrini, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi (le donne in politica tendono a scatenare i bassi istinti di molti) e ovviamente il segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, possono attrarre un pubblico potenziale, così come tutte quelle notizie dove ci sono di mezzo fatti di cronaca che coinvolgono gli immigrati. La tecnica utilizzata è molto semplice: si prende una news pubblicata da un quotidiano, la si rende più violenta e volgare, (spesso e volentieri romanzandone il contenuto) e nel titolo si invoglia al click, magari aggiungendo espressioni come “ecco come è andata”. Il target principale è quello dei cosiddetti analfabeti funzionali, quella larga fetta di popolazione che non è minimamente in grado di distinguere un contenuto vero da uno artefatto. Nei casi più gravi la notizia è inventata di sana pianta o si basa su una bufala già esistente.

A beneficiare direttamente e indirettamente dell’industria del fake, come si legge in un articolo di Jason Horowitz sul New York Times, sono i due partiti che più sfruttano la rabbia anti-sistema per attrarre consenso: il Movimento 5 Stelle e la Lega di Matteo Salvini. Ormai da anni i fan più o meno organizzati e più o meno “istituzionali” dei due partiti populisti utilizzano i contenuti di siti senza alcuna credibilità per affermare le loro tesi, per denigrare gli avversari politici e in molti casi per scatenare pulsioni di rabbia contro i migranti. Lo stesso blog di Beppe Grillo e altri siti collegati alla Casaleggio Associati sono è più volte finiti al centro di polemiche per aver diffuso notizie false. Sulle pagine fan non ufficiali di Salvini o su quelle di esponenti del M5S come Di Maio, Raggi e Di Battista, le fake news sono spesso alternate a card in stile “meme” (di solito si tratta di foto con scritte bianche o gialle in carattere impact) come quella apparsa su tutti i giornali e le tv che ritrae la Presidente della Camera e altri esponenti delle istituzioni alla cerimonia funebre di Emmanuel Chidi Namdi (un ragazzo nigeriano fuggito dalla guerra e ucciso da un italianissimo razzista di Fermo) dove si spaccia quel funerale per quello di Totò Riina. A diversi giorni dall’accaduto, il candidato premier del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, ancora non ha spiegato il suo rapporto con il profilo Facebook che porta il nome di Adriano Valente – taggato dal vicepresidente della Camera in alcuni post – admin del gruppo Virus5Stelle (80mila seguaci), dove è stata diffusa quella card e dove vengono quotidianamente postati molti altri contenuti simili.

I meme, nati sui social come pezzi di satira, sono oggi diventati dei veri e propri strumenti di lotta politica. E qui mi permetto di dissentire dall’ottimo Michele Fusco, che su queste pagine ha scritto – riferendosi al suddetto funerale “fake” – un articolo dove sostiene che non si può considerare quella card una fake news. Scrive Fusco: «Non mi è passato neppure per l’anticamera del cervello di considerare quell’improbabile accrocco fotografico come una fake che potesse spostare alcunchè (nè le convinzioni, nè tanto meno il consenso). Piuttosto un congegnino da terza elementare per decerebrati». Più avanti, per ribadire il concetto e minimizzare le preoccupazioni sollevate dal New York Times e dagli esponenti di punta del Partito Democratico, aggiunge: «Dunque, secondo queste autorevolissime fonti saremmo così sbandati come livello medio intellettuale che simili pirlate avrebbero la capacità di rimodellare il nostro consenso elettorale».

Quello che secondo il mio modesto parere Fusco non vede – essendo persona colta – è che i bassifondi della società italiana sono estremamente permeabili e impreparati a quest’era digitale, molto più di quanto si possa immaginare. Milioni di persone, specialmente in età avanzata, non sono minimamente in grado di districarsi nel bombardamento di informazioni che subiscono ad ogni ora del giorno e della notte da quando sono in possesso di uno smartphone o di un tablet che gli consente di navigare in rete, di condividere informazioni sui social network e di poter interagire virtualmente con altri. Non a caso molti si trasformano in veri e propri haters.

Prima che scoppiasse il caso, la card che accusava alcune alte cariche dello Stato di aver partecipato al funerale del capo dei capi di Cosa Nostra era già stata condivisa migliaia di volte. In molti hanno creduto che quella scena fosse reale. Purtroppo, malgrado le smentite a reti unificate, gli articoli pubblicati dai giornali cartacei e da quelli online, in molti ancora credono a quella e altre card simili, nonché alle tante notizie false che quotidianamente vengono riversate sulla rete per far soldi e per tirare la volata a quei partiti che sulla rabbia e sull’ignoranza fondano il loro consenso. Le fake news sono oggi un reale pericolo per la democrazia, non solo in Italia. E per quanto la materia sia delicata e il confine tra la regola e la censura sia davvero stretto, sarebbe indispensabile che i governi e le società che gestiscono i social network (che fatturano tre volte il pil della Francia) si attrezzassero per bloccare sul nascere fenomeni pericolosi. La libertà di opinione è un diritto fondamentale di ogni individuo, la libertà di falso è il suo cancro e come tutti i cancri va estirpato.

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