Partiti e politici
Il solito errore della sinistra
Un nuovo partito di sinistra nascerà nei prossimi mesi, questo è ormai certo. Rimane ancora da capire chi ne farà parte, quale sarà il ruolo della coalizione sociale di Landini e soprattutto chi sarà il leader che si assumerà il fardello di trovare la strada del successo laddove tanti hanno già fallito.
In Liguria, l’esperimento tenuto con la candidatura di Pastorino non è stato il successo che si poteva sperare, ma ormai la strada è tracciata e c’è anche chi scalpita, come il Vendola che dice “facciamolo, è il momento” in un’intervista a Repubblica di un paio di giorni fa.
Ma è proprio in quell’intervista che, mi sembra, ancora una volta si mostra quale sia il più grande difetto della sinistra italiana. Nella foga di voler dare vita a qualcosa di nuovo per occupare lo spazio alla sinistra del Pd – prima che provvedano il Movimento 5 Stelle o addirittura la Lega Nord con la campagna anti-austerity – ci si è dimenticati di riempire il contenitore di contenuti.
Nella sopraccitata intervista, Vendola accenna al discorso anti-austerity, riferendolo peraltro alla Lega Nord. Per il resto, tutto il suo discorso è disseminato di una sola parola: Renzi. Al massimo declinata nella forma renzismo: “Il nostro avversario è il renzismo”; “Il Pd di Renzi è destra travestita da sinistra”; “Le elezioni sono state il primo inciampo di Renzi”. Il tutto corredato dalla fretta di approfittare di questo nuovo avversario per fare il nuovo partito, “e farlo subito”.
Certo, aver identificato il nemico ha dei vantaggi di non poco conto: galvanizza le truppe, aiuta a restare uniti, individua un tema costante e una battaglia da cavalcare; facilita anche il compito di trovare un elettorato che condivida la foga contro quell’avversario specifico.
Ha però anche degli svantaggi decisivi: lanciare un partito non a favore di qualcosa, ma contro qualcuno, rende inevitabilmente quel qualcuno il protagonista assoluto, la persona sempre al centro dell’attenzione, il politico attorno al quale tutto ruota. Ogni discorso, allora, finisce per mettere sotto la luce dei riflettori non chi lo sta facendo, ma l’oggetto delle attenzioni. Si pensa di mettere all’angolo il nemico, in realtà lo si sta solo rendendo più forte.
Trovare un nemico per darsi un’identità rende quel nemico il protagonista della contesa. E quindi, al di là di inciampi temporanei, il vincitore inevitabile. Colui che ha sempre e comunque il pallino del gioco in mano. È strano che sia ancora una volta la sinistra a compiere questo errore, visto che questa stessa strategia ha garantito a Berlusconi una vita politica così lunga.
Ciò che dovrebbe nascere non è un partito “anti-Renzi”, ma un partito alternativo a Renzi. Per davvero. Un partito che abbia la propria ragione di esistere indipendentemente dal segretario del Partito Democratico. Che viaggi sulle sue gambe, e non che debba fare riferimento ogni due per tre al “nemico” per avere qualcosa di cui parlare. Un partito, in definitiva, che sappia conquistare voti con le sue proposte, con le sue linee guida che poi si declinano in un programma specifico. Che poi è quanto, con alti e bassi, stanno facendo M5S e Lega Nord.
Nella sinistra italiana sembra che basti individuare un avversario e ripetere alla nausea “facciamo come Podemos, facciamo come Tsipras” per pensare di aver trovato la formula del successo. La dura realtà è che invece sotto il vestito non c’è niente e che si sta solo lavorando per garantire a Renzi di restare il fulcro attorno a cui ruota tutta la politica.
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