Partiti e politici
Il caso Pizzarotti e il futuro del Movimento
L’avviso di garanzia che ha raggiunto il sindaco di Parma Pizzarotti potrebbe essere uno di quegli eventi che segnano un prima e un dopo, una sorta di spartiacque per il M5S. Con questo non mi riferisco al fatto che verrebbe meno la presunta “diversità etica” dei cinquestelle rispetto agli altri partiti – quello della moralità come tratto antropologico caratterizzante i partiti e i politici è un terreno scivoloso, come ci insegna la recente storia della sinistra negli anni del berlusconismo -, quanto al fatto che l’esperienza di Parma non è paragonabile per rilevanza a nessun’altra delle amministrazioni grilline della penisola.
Parma è stato il primo comune importante ad essere vinto dai cinquestelle (un comune capoluogo dell’Emilia-Romagna rossa) e soprattutto il primo – e al momento unico – caso di scontro palese tra la leadership nazionale del Movimento e un suo autorevole amministratore locale. Uno scontro che va avanti in modo più o meno palese da almeno un paio di anni e che, come dimostra la “corrispondenza” con lo staff di Grillo resa pubblica da Pizzarotti, ha portato alla chiusura totale delle comunicazioni tra i due litiganti.
In queste ore ci si interroga su quanto sia inquietante l’idea che sia uno staff anonimo a poter controllare l’operato di un sindaco eletto e quindi influenzare la vita delle istituzioni democratiche. La perplessità in merito è legittima e non può essere sicuramente derubricata a questione di poco conto. Eppure c’è un altro elemento di riflessione, di non minore importanza, ossia provare a capire se e quanto questa rottura inciderà sul futuro del Movimento 5 Stelle. Questa epurazione (perché di questo si tratta) potrebbe essere il viatico di una frattura insanabile nel Movimento e così aprire una stagione conflittuale tra ortodossi ed eterodossi? Che ricaduta potrà avere all’interno del Movimento e sulla sua immagine esterna?
Per quel che concerne la sfida tra fedeli ed eretici, è probabile che molto si deciderà nelle prossime ore e che sarà lo stesso Pizzarotti e definirne i contenuti. Appare improbabile che questo strappo possa in qualche modo essere sanato come accaduto in passato, perché troppo profonda e lacerante è stata la rottura. Allora è possibile che il sindaco di Parma possa pensare di coagulare attorno a sè sia gli scontenti all’interno del Movimento, sia quelli che dai cinque stelle sono usciti (o sono stati cacciati). La domanda da porsi è se tale scelta possa essere coronata da un qualche successo e danneggiare irrimediabilmente il M5S. Personalmente nutro dei dubbi che la rottura di Pizzarotti e l’eventuale organizzazione attorno alla sua figura di fuoriusciti e delusi dal Movimento, possa condurre a risultati politici rilevanti al di fuori di Parma. Per definire la rottura tra i grillini non ho usato casualmente due termini mutuati dalla dimensione religiosa. Questo perché il rapporto tra “seguaci” e “capo” nel Movimento, le relazioni tra militanti e dirigenti, il legame emotivo nei confronti delle ragioni fondative del Movimento e una certa fedeltà ai valori originari – tutti elementi caratterizzanti la struttura organizzativa del M5S – , ricordano i tratti di chi appartiene ad una comunità definita da forti connotazioni etico/identitarie, come per l’appunto accade ai fedeli di una Chiesa. Non dobbiamo mai scordare che il tema della “purezza morale” e della “diversità dagli altri partiti” sono la cifra politica e valoriale del Movimento: gli italiani che votano cinque stelle lo fanno essenzialmente per queste ragioni.
Penso che la cacciata di Pizzarotti, a differenza di come è stata letta in queste ore da molti commentatori, non sia destinata ad avere necessariamente ed esclusivamente delle ripercussioni negative. In una fase di pressione e di attenzione mediatica altissima verso il Movimento, questa epurazione può raggiungere due risultati positivi: a) la cacciata dell’eretico serve per preservare la purezza del gruppo, ribadire pubblicamente le ragioni fondative del Movimento (trasparenza e onestà a tutti i costi) e affermare l’intransigenza nel rispetto di certi valori, b) cementare l’unità di un gruppo che nelle ultime settimane sembra alquanto instabile, utilizzando la risorsa sempre valida del capro espiatorio. Il senso è quello di dire a militanti, simpatizzanti ed elettori di stare attenti non solo agli avversari esterni ma anche a quelli interni: noi siamo “diversi” e per questo siamo oggetto di attacchi costanti.
Non dobbiamo tralasciare il fatto che questi due risultati possono avere una ricaduta positiva anche nei confronti dell’opinione pubblica e degli elettori. In un momento in cui è riaffiorata in modo preponderante la questione della corruttela diffusa nel circuito politica – pubblica amministrazione, il M5S cerca di ribadire la propria alterità cacciando un suo esponente di punta perché raggiunto da un avviso di garanzia. Dobbiamo ricordare che c’è un’ampia fascia dell’elettorato italiano fortemente ostile alla classe politica e che si nutre di sentimenti anti politici e anti partitici: ribadire la propria diversità, anche a scapito di un certo buon senso e del rispetto delle regole minime del garantismo, è forse poco sano dal punto di vista del buon funzionamento della democrazia interna di un movimento ma può condurre ad insperati vantaggi nella creazione del consenso elettorale. Indubbiamente una traiettoria di questo tipo segnala per l’ennesima volta lo stato disastroso in cui si trova il sistema dei partiti in Italia, e come questa condizione stia influenzando negativamente anche il buon funzionamento della democrazia italiana.
Per capire se queste riflessioni hanno un fondamento non dovremo attendere molto. Il primo banco di prova saranno le prossime amministrative, una tornata elettorale che sta assumendo un’importanza inaspettata fino a qualche settimana fa.
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