Partiti e politici
E se la Lombardia si scoprisse di sinistra?
Pochi giorni fa Giuliano Pisapia ha rinverdito un sogno, un sogno che è stato di tanti social-comunista della Prima Repubblica, e di tanti ulivisti della Seconda. E forse quel sogno il prossimo anno, o addirittura il prossimo ottobre, potrebbe diventare realtà: la Lombardia in mano alle sinistre. Il forse è d’obbligo, ma alcuni segnali paiono andare in quella direzione. Ma facciamo un passo indietro.
Dalle prime consultazioni, che datano 1970, ad oggi, al comando della regione lombarda si sono costantemente succeduti esponenti o democristiani (Bassetti, Guzzetti, Tabacci) o ex-democristiani (in realtà uno solo: Formigoni), con il tocco finale del leghista Maroni, l’attuale presidente. I suffragi del PCI non sono mai stati sufficienti a formare governi parlamentari di sinistra, nemmeno unendosi al PSI, e la Dc con i suoi alleati ha sempre avuto vita facile a proporre un proprio candidato, alternandone anche parecchi nel corso delle diverse legislature.
La situazione è addirittura peggiorata per la sinistra (o per il centro-sinistra ulivista) dal 1995, l’anno in cui si era passati alle coalizioni e alla elezione diretta del Governatore della regione. A cominciare da quella consultazione, Roberto Formigoni ha cominciato a farla da padrone elettorale, sconfiggendo nettamente tutti coloro che cercavano di intralciargli il cammino: Masi, Martinazzoli, Sarfatti, Penati hanno tutti perso con distacchi a volte imbarazzanti, fino a oltre 30 punti di margine.
La vittoria di Roberto Maroni giunse, quattro anni fa, come ciliegina sulla torta lombarda: nemmeno contro un candidato leghista il centro-sinistra è riuscito a farcela, nemmeno quando il centro-destra a livello nazionale era in forte ribasso, e la stessa Lega Nord in Italia non valeva più del 4% dei voti. Una specie di maledizione lombarda, soltanto di poco migliore di quella veneta, per l’area progressista, si chiamasse Ulilvo, Unione o Partito Democratico e alleati?
Oltre la maledizione, c’è però sempre stato nel tessuto lombardo una forte ritrosia ad abbracciare la strada di sinistra. La tradizionale sub-cultura cattolica prima, sostituita poi da un melange politico composto dai due lumbard per eccellenza (Berlusconi-Bossi) hanno sempre convinto maggiormente l’elettorato rispetto alle proposte forse troppo “rivoluzionarie” della sinistra, anche se vieppiù moderata nel corso degli anni.
E quindi? Perché il centro-sinistra può oggi sperare di ribaltare alla fine quel trend così forte? Per una serie di segnali che stanno emergendo. Prima di tutto i risultati elettorali delle provincie e dei capoluoghi di provincia, che da anni vedono quasi sempre prevalere candidati di quell’area; in secondo luogo gli attuali consensi degli elettori lombardi che non si dirigono più, in maggioranza, verso il centro-destra, con la crisi di Forza Italia e una Lega sempre più in difficoltà nelle aree più popolose della regione; infine la non buona performance dello stesso Maroni, che anche da molti suoi stessi elettori non viene riconosciuto come un cavallo su cui puntare anche per le prossime consultazioni. Ma che comunque si ricandiderà. Per quasi tutti, sarebbe meglio Salvini che però ha mire più nazionali e non sarebbe disponibile a confinarsi nella sua “stretta” regione.
E invece, dall’altra parte, ci sono le buoni reti e le interazioni con la cittadinanza che stanno costruendo i sindaci di centro-sinistra, da Gori a Sala, da Del Bono a Brescia e Galimberti a Varese, che ha sfatato un’altra maledizione. Tutti i sindaci lombardi oggi sono di area PD, e paiono governare con l’apprezzamento della popolazione. Un salto più in alto, verso l’intera regione, il centro-sinistra è in grado di farlo. Ma deve trovare quella compattezza perduta e, soprattutto, deve trovare una figura (Gori? Martina? Alfieri? Guerini?) che riassuma in sé quella nuova via che la regione deve perseguire, per poter vincere.
Un po’ come il modello-Milano: accompagnare il positivo trend economico-occupazionale, ma iniettando costantemente sane politiche di sviluppo.
(*) Una versione modificata di questo articolo è apparsa il 7 maggio scorso su Repubblica
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