Parlamento
Campania, nel paese reale Renzi deve fare i conti con De Luca
A certe latitudini non servono gli slogan sottoforma di tweet o le kermesse che ricordino la Leopolda. Né tantomeno hanno senso i candidati con la puzza sotto il naso, l’occhialino di sinistra, ma confezionati a Palazzo Chigi. A certe latitudini uno come il vecchio sceriffo di Salerno, Vincenzo De Luca, strapazza il delfino di Antonio Bassolino, l’europarlamentare di fede “turca” Andrea Cozzolino. L’ex sindaco sfiora percentuali bulgare in tutta la regione e riesce a conquistare persino numerosi seggi nel napoletano. Gongola De Luca quando a notte fonda esce dal quartier generale. Semplicemente, ha avuto ragione la sua faccia tosta: «Vuole chiedere a Maradona che sta facendo la finale della Coppa Campioni, te ne vai in panchina?», disse provocatoriamente in una lunga intervista a Repubblica.
Perché nelle precedenti settimane i piani alti del Nazareno gli chiedono in tutti modi il passo indietro perché «la condanna in primo grado, seppur per abuso d’ufficio, imponeva una discussione». È Luca Lotti in persona a trattare con il vecchio leone di Salerno arrivando a promettere una poltrona di sottogoverno. Sui giornali si parla dell’Autorità portuale di Napoli, ma De Luca rimane fermo sul punto: «Non mi convincerete, io voglio vincere le primarie». In questa cornice le primarie dei veleni, dei brogli preventivi, dei seggi nelle sedi di Fratelli d’Italia, dei selfie con i sodali di Nicola Cosentino, sono rinviate quattro volte. Di più. Il desiderio del premier-segretario è un altro: evitare la competizione interna e provare a trovare una sintesi su una candidatura unitaria. Andrea Orlando è in lizza per settimane. Ha il physique du role per svolgere l’arduo compito. D’altronde, si ricorda l’esperienza di commissario del Pd, proprio a Napoli. Secondo rumors interni, però, il Guardasigilli non avrebbe mai pensato di lasciare il dicastero per Palazzo Santa Lucia. Stesso discorso vale per Raffaele Cantone: il presidente dell’Autorità Anticorruzione viene corteggiato da Renzi e dal ministro dell’Interno Alfano. Cantone è l’uomo che allargherebbe la coalizione di centrosinistra al Nuovocentrodestra. Piccolo particolare: non ha alcuna intenzione di lasciare la carica che presiede da qualche mese.
Si arriva così a Gennaro Migliore. Il vendoliano convertito al leopoldismo viene corteggiato e convinto dalla fronda napoletana dei renziani. Perché sul suo nome – è il refrain in Transatlantico – «riusciremo a trovare l’ampia convergenza necessaria per fare l’en plein: annullare le primarie, liberarci di Cozzolino e De Luca e conquistare la regione Campania». Detto, fatto. A 72 ore dall’apertura dei seggi Migliore si reca a Palazzo Chigi e ritira la candidatura. L’inquilino di Palazzo Chigi gli consiglia il dietrofront ma non è dato sapere il contenuto reale della discussione. Di certo, dopo quell’incontro l’ex vendoliano sparisce dai radar. E già qualcuno sussurra che ai piani più alti del Nazareno gli avrebbero promesso la poltrona di sindaco di Napoli. Sarà la volta buona per Migliore?
Infine è la volta di Luigi Nicolais, ex ministro del governo Prodi, oggi presidente del Cnr. Riunioni carbonare accompagnano e consumano una candidatura, quella di Nicolais, nata monca perché lontana anni luce dal dinamismo dell’attuale capo dell’esecutivo. L’ennesima tentativo di evitare le primarie non va in porto. A questo punto l’ex sindaco di Firenze lascia in prima linea Lorenzo Guerini e Luca Lotti a smistare il traffico e a monitorare la sfida delle sfide, quella fra Vincenzo De Luca e Andrea Cozzolino. Quest’ultimo sostenuto sotto traccia da Matteo Orfini e Andrea Orlando, più l’apparato napoletano.
Si entra nel vivo degli ultimi scampoli di campagna elettorale. Il chiacchiericcio si spreca. Inciuci, tradimenti e veleni accompagnano il fischio d’inizio della prima sfida delle primarie targate 2015. Persino i giornali generalisti preferiscono non occuparsi di una vicenda dalla quale Renzi in tutti modi si tiene lontano. Domenica uno marzo è il grande giorno, e le pagine nazionali di Repubblica e La Stampa non dedicano nemmeno una pagina alla storia campana. Una strategia di comunicazione? Se sì, non ha funzionato. Perché Vincenzo De Luca supera con agilità il 50%. E apre all’interno del Pd una faglia enorme. Cosa fare, insomma? Abbracciare con nonchalance la vecchia volpe di Salerno? Il presidente del Consiglio studia la contromossa, e a notte fonda da Palazzo Chigi filtra poco, pochissimo. Nessun tweet sul profilo del premier. Di certo, è l’accusa che arriva dall’entourage di Renzi, «i veri sconfitti della partita sono Andrea Orlando e Matteo Orfini». Ma a certe latitudini più che cercare i responsabili o gli sconfitti del match bisognerebbe prenderne atto. E fare tesoro di ciò che accade. Perché, come dicevamo, a certe latitudini non servono gli slogan sottoforma di tweet o le kermesse che ricordino la Leopolda. A futura memoria.
@GiuseppeFalci
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