Governo
Più promozioni e più precariato: ecco l’università di Giannini & Renzi
“Hai visto, finalmente assumeranno un po’ di nuovi ricercatori, si parla di 1500 posti!”. Così mi ha svegliato stamani un’amica che ancora ha fiducia nelle dichiarazioni di un Ministro della Repubblica e nella capacità dei giornalisti di vagliare le informazioni. Purtroppo quella fiducia era mal riposta. La mia amica e compagna di sventura – anche lei come me precaria di lungo corso – aveva letto su un autorevole quotidiano le dichiarazioni del Ministro Giannini, la quale rivendica che per merito dei commi di competenza del suo dicastero introdotti nella legge di stabilità saranno ‘assunti subito 1500 nuovi ricercatori’.
Nulla di più falso, non solo quella cifra non trova alcuna corrispondenza con la realtà, ma il Ministro si dimentica di dire che i pochi posti nuovi saranno tutti posti precari perché i commi da lei voluti spingono gli atenei a fare nuovo precariato e non assunzioni stabili. Ministro burlone, o Ministro incompetente? Difficile dirlo, di certo al dicastero di Viale Trastevere sembra si stiano impegnando per battere il primato raggiunto da Maria Stella Gelmini come peggiore Ministro del dopoguerra. I 1500 posti annunciati sono reali come il celebre tunnel dei neutrini che secondo il portavoce di Maria Stella avrebbe collegato il CERN di Ginevra con i laboratori del Gran Sasso. La cosa forse ancor più sconfortante però è vedere come un autorevole quotidiano riprenda le fantasiose e infondate dichiarazioni del Ministro senza sottoporle ad alcun vaglio critico. E non è la prima volta che accade, analoghe dichiarazioni erano già state riportate dallo stesso quotidiano qualche giorno prima, ma quella volta si trattava solo di 700-800 posti virtuali. Si vede che al MIUR han pensato che bisognava raddoppiare per attirare l’attenzione, e noi invece ci chiediamo perché a quel punto non decuplicare o moltiplicare addirittura per 100, tanto sempre di posti inesistenti si tratta.
Al Ministero conducono la loro strana partita, parlando di posti immaginari, ma i giornalisti potrebbero far lo sforzo di controllare. Un’informazione più attenta, più orientata alla verifica di fatti e dichiarazioni, più competente e precisa gioverebbe non poco al sistema universitario e, in generale, al paese. E anche alle coronarie dei poveri precari che non meritano di essere illusi in questo modo. Del resto capire di cosa si parla, e cosa c’è davvero dietro le cortine fumogene di vane parole create ad arte da alcuni politici, sarebbe la premessa necessaria per crearsi un’opinione e dunque per discutere di problemi e possibili soluzioni.
I malanni del sistema universitario italiano sono noti da tempo: i fondi sono andati calando costantemente nell’ultimo decennio, l’età media del corpo docente e tra le più alte del mondo e in crescita costante (l’età media dei professori Associati, la prima posizione di ruolo nel sistema attuale, è di 53,4 anni), un numero ragguardevole di persone (si stimano circa 40.000, ma i calcoli sono difficili vista la varietà di posizioni contrattuali) lavorano in condizioni di assoluta precarietà e incertezza, saltando da un contratto all’altro come Tarzan sulle liane. A questo si aggiunge il fatto che nel mercato globale della conoscenza l’Italia è un esportatore di scienziati: il saldo tra uscite ed entrate dall’esterno è assolutamente negativo. E questo avviene per tante ragioni, ma anche perché da noi le selezioni sono chiuse, i concorsi spesso una formalità, e dunque le possibilità di ingresso per uno che non sta ‘in fila’ sono scarse, se non nulle.
Di fronte a questo stato di cose i governi succedutisi negli ultimi cinque anni come hanno risposto? In sintesi hanno continuato a tagliare le risorse, ad aumentare la precarietà (messa a esaurimento della figura del ricercatore a tempo indeterminato), e hanno invece introdotto norme e limitate risorse volte a favorire promozioni per coloro che hanno già un posto stabile nel sistema. Stiamo assistendo in questi mesi a un numero ragguardevole di promozioni di Ricercatori a tempo indeterminato al rango di Professori Associati, in buona parte tramite finti concorsi il cui esito è chiaramente predeterminato. Magari sono tutti meritevoli, ma il punto è che non si prova nemmeno a verificare davvero se nel vasto mondo ci siano soggetti più meritevoli o con competenze più idonee per lo sviluppo di dipartimenti e atenei.
Pescare solo dal proprio orticello nel mondo globalizzato ha evidentemente poco senso. Uno dei casi più clamorosi è quello dell’Università del Salento, di cui si è parlato molto di recente (vedi qui, qui e qui), che ha addirittura approvato dei bandi per posizioni da Professore Associato in cui si sancisce con assoluta chiarezza quale sia la logica localistica e lo spirito di chiusura che anima le selezioni: si stabilisce che coloro che hanno insegnato in Italia avranno 20 punti, mentre chi abbia insegnato all’estero ne riceve al massimo 4. Il punto è che quelli sono finti concorsi, i dipartimenti hanno in realtà già deciso chi deve vincere (cioè per lo più ricercatori interni già impiegati a tempo indeterminato) e dunque le valutazioni sono una formalità alla quale si deve provvedere evitando fastidi, cioè evitando che possa arrivare un marziano tanto titolato da metter in difficoltà gli studiosi locali. Quel che fa Lecce non è diverso da quanto fanno o stanno facendo un po’ tutti gli atenei, chi più chi meno, ma in quel caso è più evidente perché l’hanno messo per iscritto attribuendo quei curiosi punteggi.
E dunque veniamo alle meravigliose norme introdotte dal Ministro Giannini nella legge di stabilità approvata dal Governo. Come affronta l’invecchiamento del corpo docente più anziano d’Europa, la penuria di risorse, i concorsi non propriamente trasparenti e meritocratici, la precarizzazione e il brain drain? Semplice: la legge di stabilità non fa nulla in merito, però ci pensa il Ministro a compensare con dichiarazioni fantasiose rilanciate da giornalisti poco attenti. Nella sostanza la legge di stabilità aggrava le condizioni del paziente. In sintesi, rinvia i tagli di qualche anno (ma nel medio termine ne aumenta l’importo) e spinge verso un’ulteriore precarizzazione, introducendo norme che favoriscono ulteriori promozioni a discapito di vero reclutamento (critiche e analisi puntuali si possono trovare qui, qui e qui). Nello specifico abbassa i costi per reclutare Professori Ordinari – la figura apicale del cattedratico – così gli atenei potranno promuovere un po’ di Associati in più, e per questo toglie i vincoli che imponevano di fare vero reclutamento di personale nuovo per posti non precari.
Così avremo un corpo docente ancora più anziano, più precari e più studiosi che fuggono dal nostro paese. Un po’ come se il medico che vi diagnostica una tonsillite invece che darvi un antibiotico vi invitasse a fare una bella corsa all’aria aperta quando fuori c’è un freddo polare. In compenso però il Ministro, come il medico ciarlatano, promette miracoli.
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