Milano
Dal neolitico al 2017, il design sloveno parla la lingua del legno
Maja Slivnjak è consulente per la DMC Lovely Trips. Il post è sponsorizzato da:
Ogni paese ha il suo poema epico, il suo piatto nazionale, e anche la sua materia prima. Cosa sarebbe il Cile, ad esempio, senza il rame? L’Australia senza l’opale, la Birmania senza i suoi rubini? L’abbondanza di marmo ha regalato all’Italia una tradizione scultorea-architettonica straordinaria, attestata da capolavori come Il pulpito di Sant’Andrea di Giovanni Pisano, La pietà di Michelangelo, Le tre grazie di Canova. La materia prima della Slovenia, invece, è il legno. La cosa non deve stupire: grazie al suo milione di ettari di boschi e foreste (pari a quasi il 60% del territorio nazionale), la Slovenia è ricchissima di legname, considerato dallo Stato come una vera e propria risorsa strategica, fondamentale per l’economia.
Ha molti pregi, il legno. Per esempio è un materiale molto duttile, utilizzabile sia per costruire case e mobili, sia per realizzare complementi d’arredo, giocattoli, fogli di carta, e persino bici e scocche per computer. Ancora, il legno è una risorsa rinnovabile, a differenza del ferro o del petrolio: basta prendersi cura dei boschi da cui viene ricavato, secondo principi di sostenibilità e rispetto della natura. Per fortuna, nel mio paese c’è notevole attenzione per questi aspetti: basti pensare che in una superficie inferiore a quella della Lombardia si trovano un parco nazionale, 3 parchi regionali, 44 parchi e 52 riserve naturali, oltre 1.200 monumenti naturali; ancora, grazie a 22mila specie animali e vegetali la Slovenia è uno dei paesi con la maggior biodiversità d’Europa.
Con il legno gli sloveni vantano un rapporto profondo, intimo, vecchio di millenni. Ne è una prova la ruota più antica del mondo, risalente al IV millennio a.C., che è stata trovata dagli archeologi nelle paludi di Ljubljana; fatta di rovere e frassino, apparteneva a un carretto a due ruote del Neolitico, e oggi è la gemma del Museo cittadino di Ljubljana. Sempre nei pressi della palude, nel fiume Ljubljanica, è stata trovata una punta di lancia in legno di tasso vecchia oltre 40mila anni. Insomma, sembra che i miei connazionali abbiano proprio la falegnameria nel DNA, come dimostra la veneranda età (anche 6mila anni) delle palafitte neolitiche delle paludi di Ljubljana: una soluzione abitativa perfetta, per una comunità stanziata in un terreno paludoso, periodicamente coperto di acqua e detriti.
Per secoli il legno è stato il materiale d’elezione degli artigiani, degli scultori e della “gente comune” della Carniola. Si pensi solo ai crocifissi lignei del Medioevo (ad esempio quello, davvero maestoso, di Pirano, forse creato da un intagliatore del XIV secolo) o a oggetti di uso quotidiano come gli sgabelli a tre gambe che i pastori usavano per mungere capre e vacche; alle torciere, spesso in legno di quercia o pero, o ai balocchi che i contadini producevano nei ritagli di tempo per i loro figli. Un esempio assai più moderno della passione tutta slovena per il legno è il famosissimo hotel Prisank; realizzato dall’architetto Janez Lajovic nella rinomata località montana di Kranjska Gora, l’hotel è stato non solo un riuscito esempio di modernismo sloveno, ma un esempio di cosa possa fare un bravo architetto con il legno, in questo caso di abete.
Prima ho citato il Museo cittadino di Ljubljana. Ma per ammirare le creazioni più recenti del design ligneo made in Slovenia l’occasione migliore è stata la mostra “Il design come capacità di cambiamento”, curata da Barbara Predan, e tenutasi a Milano, presso la Galleria San Fedele, nell’ambito del Fuorisalone 2017. Promossa dall’agenzia pubblica nazionale Spirit Slovenija, la mostra era una ricognizione a tutto campo delle più vitali intersezioni tra innovazione e tradizione nel campo del design sloveno in legno, guardando al presente e al futuro ma senza dimenticare il passato. Un modo, inoltre, per far conoscere all’esigente mercato italiano (e in primis ai raffinati milanesi) le più importanti aziende slovene del settore, e alcuni dei designer più rilevanti.
Devo dire che la cosa della mostra che più mi ha colpito è stato il calore emanato dai manufatti e dagli oggetti esposti. Lo so, può sembrare quasi paradossale, ma il legno, forse perché materiale organico, naturale, trasmette un’energia e un calore di cui l’acciaio, il cemento o la plastica sono privi. Calore, ma anche espressività. E in effetti, per rendersi conto delle grandi doti espressive di questo materiale bastava dare un’occhiata alle lampade esposte, in piallaccio di abete e acero o faggio. Lampade in grado, proprio grazie al materiale di cui erano fatte, di sprigionare una luce calda, non invasiva, soffice.
È umile, il legno, ma geniale nella sua già citata duttilità. Può essere l’ossatura di una casa o il telaio di una finestra. Un appendiabiti senza viti, in ciliegio o rovere; uno scaffale multifunzionale, magari in larice; una mensola in noce per i piccoli oggettini quotidiani, quelli che tutti tendiamo a smarrire. Alla stregua di un Proteo silenzioso ma vitale, può trasformarsi in mestoli, piatti e taglieri, in recipienti e in vassoi: un’attrezzistica della cucina casalinga che fa ripensare al saper fare gastronomico delle nostre nonne, ma in chiave post-moderna.
Ancora, il legno può essere il giocattolo amico dell’ambiente e dello sviluppo cognitivo, che il genitore regala al bimbo per stimolarne creatività e ideatività, o la scocca di un registratore di cassa, così da assicurare all’utilizzatore la massima robustezza e soprattutto longevità. Tante le funzioni possibili, insomma, ma con un denominatore comune: un nuovo rapporto tra cose, persone e natura.
La foto in copertina è di Aleš Zdešar, per www.slovenia.info – Maja Slivnjak, autrice dell’articolo, è consulente per la DMC Lovely Trips.
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