Milano
Renzi manda Guerini a Milano a dire che le primarie non sono un obbligo. Anzi
“Mi dicono di riunioni e riunioncine sulle Amministrative del 2016 che mettono in discussione modi e tempi delle primarie milanesi, in sostanza decidendo di non decidere. Spero siano solo sciocchezze. Le primarie vanno fatte, senza se e senza ma. Non sono le riunioni dei capicorrente quelle che decidono i candidati. E’ il popolo del centrosinistra. Quindi la dico semplice: andiamo avanti. E il 9 luglio per chi volesse saperne di più ne parliamo”. Pierfrancesco Majorino non ci gira attorno, e dalla sua bacheca di Facebook si schiera, ancora una volta, dalla parte di chi difende recisamente le primarie per decidere il candidato sindaco di Milano per il 2016. Una cosa, sicuramente, la sa anche Majorino: non si tratta di “sciocchezze” ma di riunioni vere e proprie, presenti tutte le molteplici componenti del pd di Milano e un emissario di Matteo Renzi sicuramente dotato di mandato del presidente-segretario: cioè Lorenzo Guerini, Arrivato per parlare di primarie a Milano proprio oggi, mentre il mondo stava col fiato sospeso per il possibile default greco.
I toni sarebbero stati quelli del tessitore prudente, il concetto buttato sul piatto però è di quelli netti e indigesti: le primarie, a Milano, e non solo, possono tranquillamente non farsi. Se il pd trova il candidato giusto, avrebbe detto Guerini, non avrebbe senso insistere su un rituale partecipativo che ultimamente è servito più a mostrare gli scricchiolii sinistri che attraversano pd renziano che non a corroborarne la forza – ironia della sorte – consacratasi a suo tempo proprio attraverso il lavacro delle primarie. Anzi, Guerini, cioè Renzi, si sarebbe spinto più in là: lasciando intendere che chi dovesse insistere su un percorso partecipativo a tutti i costi potrebbe trovarsi contro il partito, pronto persino a sconfessare chi non dovesse stare al diktat. Ogni riferimento è sicuramente diretto a chi più di tutti sta lavorando per una propria candidatura: Majorino, naturalmente, che rilancia il suo evento del 9 di luglio, in cui in tanti si aspettano una discesa in campo esplicita, ed il parlamentare Emanuele Fiano, che ha convocato un’assise per il 4 luglio.
In questo scenario, l’ambiente registra che qualcosa sta cambiando dalle parti del sindaco. Dopo essere stato fermo, sul dossier della successione, per un paio di mesi, avrebbe annunciato al partito la sua intenzione di partecipare più attivamente al percorso. In che modo? Per sostenere qualcuno dei candidati o solo per fare il garante di un percorso? Presto per dirlo, e difficile in ogni caso immaginare, al momento, un Pisapia che, mentre ragiona sul suo futuro e sulle opportunità che possono aprirsi, si faccia protettore entusiasta di un percorso che elimini, per scelta romana, le primarie.
Sullo sfondo, le variabili sono tante. Sala é il candidato di un pezzo sostanzioso di renzismo, e potrebbe piacere anche a quel centro di Milano che è sempre molto influente quando si decide anche se non lo è altrettanto quando si contano i voti, ma è anche inviso a chi, legittimamente, ritiene che il Pd debba e possa esprimere una o più candidature valide. I nomi sono tanti, ormai girano da un po’, a cominciare da quello di Umberto Ambrosoli, e naturalmente sono incompatibili con una candidatura unitaria imposta dall’alto. Il centrodestra sembra spaesato ma ha dimostrato che a certe condizioni può ancora vincere. Renzi sembra aver perso il tocco e sa che a Milano e alle prossime comunali si gioca tanto. Tanto da farlo diventare il laboratorio di nuove alchimie, nuove procedure, insomma il nuovo partito renziano: quello di un Renzi 1 senza le primarie. Più che #lavoltabuona, peró, il motto sembra diventato #olavaolaspacca.
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