Milano
Balzani promette mezzi pubblici gratis, ma la legge lo vieta
La campagna elettorale, si sa, fa brutti scherzi. Tira fuori il meglio ad alcuni, pochi protagonisti, e il peggio – ahinoi – alla maggioranza. Quando una campagna elettorale poi entra nel vivo, nel rush finale, e i sondaggi tiranni sono cattivi, la tentazione di pestare sull’acceleratore per cercare la rimonta, il gol impossibile allo scadere, può anche portare ad esagerare.
Succede oggi a Milano, ad esempio, dopo che gli ultimi sondaggi sembrano mostrare un vantaggio ormai incolmabile per il candidato Giuseppe Sala, Ad uscente di Expo e sostenuto dalla maggioranza del Pd cittadino nonchè da sette assessori della giunta Pisapia, che a dare fuoco alle polveri sia la candidata Francesca Balzani, sostenuta anche se non ancora pubblicamente e apertamente appoggiata da Pisapia. Balzani, oggi, provava calare l’asso e promette mezzi pubblici di superficie gratis per tutti, sempre. Circostanzia così la proposta: “Il trasporto pubblico locale sarà oggetto di una grande riorganizzazione, perché avremo la città metropolitana. Ci sarà bisogno di una nuova gara, di un sistema tariffario unico e penso anche a una mobility card che integri bike e car sharing. Non è una promessa ma un impegno: i mezzi di superficie sono quelli con l’impatto più ridotto in termini di entrate, sono quelli più usati dagli anziani e legati alla necessità, per esempio, di portare i bambini a scuola alla mattina. Il sistema va ripensato a partire dalla nuova gara”.
I suoi contendenti, Giuseppe Sala e Pierfrancesco Majorino, si affrettano a spernacchiare. Sala si affida all’ironia: “E perché non offriamo anche cappuccio e brioche a chi prende i mezzi”. Majorino sfida Balzani sul suo terreno, quello dei bilanci pubblici, annotando che nel piano pluriennale approvato proprio dall’assessore Balzani per il prossimo futuro non v’è traccia di questi provvedimenti. “Immagino che sia quindi tutto da rifare”. È la politica, e vale più o meno tutto.
Da un po’ più lontano, e scartabellando invece tra le leggi in vigore e tra quelle che presto dovrebbero esserlo, si potrebbero trovare obiezioni forse più ficcanti, probabilmente ultimative. Ad esempio, la proposta è incompatibile con una legge dello stato attualmente già in vigore, il decreto 422 del 1997 che all’articolo 20, comma 5, prevede che “I contratti di servizio pubblico devono rispettare gli articoli 2 e 3 del regolamento (CEE) n. 1191/69 ed il regolamento (CEE) n. 1893/91, avere caratteristiche di certezza finanziaria e copertura di bilancio e prevedere un progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi, rapporto che, al netto dei costi di infrastruttura, dovra’ essere pari almeno allo 0,35 a partire dal 1 gennaio 2000. Trovano applicazione ai trasporti regionali e locali, a tale fine, le norme della direttiva 91/440/CEE del Consiglio del 29 luglio 1991”.
La legge che c’è basterebbe, ma qualche dubbio ulteriore potrebbe venire tenendo conto di quella che ci sarà. Ad esempio, su Il Sole 24 Ore di ieri, Gianni Trovati analizzava nel dettaglio il testo della bozza di riforma dei servizi pubblici locali. Un decreto legislativo la cui bozza è appena stata approvata dal Consiglio dei Ministri, collegato all’ampia riforma della pubblica amministrazione che porta la firma del ministro Marianna Madia. La bozza andrà limata e precisata, certo, ma la direzione che indica è chiara così come la determinazione del governo ad arrivare in fondo (come ha fatto finora su tutti i dossier, e su quelli affidati a Madia in modo particolare, visto che è tra le riforme renziane quella più avanzata, anche nei decreti attuativi).
Come potete leggere, uno degli obiettivi del “biglietto trasparente” previsto dalla proposta governativa, già tramutata in decreto legislativo, è quella di innalzare la parte di costo coperta dal costo de biglietto. In sostanza, oggi, biglietti e abbonamenti coprono inferiore al 30% dei costi del servizio, e l’obiettivo fissato dal decreto è quello di raggiungere invece il 40%. Un aumento medio, insomma, di circa il 30% rispetto ai prezzi di oggi. In ogni caso, la soglia minima di copertura richiesta dal proveddimento sarebbe del 30%, aumentato di un altro 10% per le città metropolitane, come Milano. Milano, peraltro, gli obiettivi previsti dalla legge in vigore e da quella che sarà li supera già ampiamente, avendo raggiunto la copertura del 53% di costi con i ricavi da traffico.
Vogliamo forse dire che Francesca Balzani non poteva fare la proposta che ha fatto? Ma certo che no. Poteva. Ma avrebbe dovuto, da esperta conoscitrice di bilanci e da giurista di formazione, dire che per portare a casa questo ambizioso progetto, è disposta a fare una battaglia a tutto campo contro una legge nazionale e contro un progetto del governo che ne rafforza i principi. E invece, questionata su come si fa, economicamente parlando, a rendere la proposta sostenibile, ha risposto: «Le risorse si trovano nel momento in cui ci si dà una forte priorità».
Solo che la priorità tracciata dalla legge nazionale del governo Prodi I e dal governo è un’altra, e va nella direzione opposta. Ometterlo non si può neanche in campagna elettorale.
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