Medio Oriente

iTrace: da dove arrivano le armi dello Stato Islamico

28 Aprile 2015

Il Conflict Armament Research tenta di tracciare il traffico di armi illegali nelle zone che sono teatro di conflitti, risalendo alle fonti di armi e munizioni: chi sono i paesi produttori, o attraverso quali paesi arrivano queste armi. In particolare, i luoghi dove attualmente si concentra l’interesse delle analisi del CAR sono alcuni paesi centro-africani (come il Sudan e il Ciad), paesi protagonisti della primavera araba e di quello che ne è venuto dopo (Libia ed Egitto), e la zona caldissima di paesi come Iraq e Siria, al cui interno si è costituito il territorio occupato dallo Stato Islamico. Uno dei progetti del CAR si chiama iTrace: finanziato dall’Unione Europea è un vero e proprio database interattivo che ripercorre le tracce e le direzioni del traffico di armi consultabile pubblicamente in rete. Un grandioso strumento di indagine che ci permette di analizzare come, ad esempio, ha costruito il suo arsenale lo Stato Islamico: di che genere di armi trattiamo, chi sono i paesi produttori, come ha conquistato le armi sul campo di battaglia l’ISIS.

In un dispaccio che analizza la situazione delle armi e dei proiettili nelle mani dell’ISIS in Iraq e Siria tra Giugno e Luglio 2014, il CAR ha scoperto che i missili anticarro M70 90 mm in possesso dell’ISIS, sono molto simili a quelli trasferiti dall’Arabia Saudita all’Esercito di Liberazione siriana durante la guerra civile nel 2013. Inoltre molte armi di piccolo taglio catturate dall’ISIS (e classificate come small) sono di fabbricazione statunitense. Interessante anche l’analisi di proiettili e munizioni nelle mani dell’ISIS: provengono in larga parte da almeno 21 paesi, e sono state fabbricate in un arco di tempo di 70 anni, tra il 1945 e il 2014, con una grande preponderanza di produzioni cinesi, statunitensi e russe (risalendo fino all’URSS). Inoltre sono state rinvenute munizioni fabbricate dall’Iran tra il 2006 e il 2013, cosa che violerebbe anche la risoluzione Onu 1737, che sanciva il divieto per l’Iran di esportare armi. Forte la presenza anche di proiettili che in gergo si chiamano WOLF, fabbricati principalmente in Russia da una compagnia americana (Sporting Supplies International): i proiettili WOLF sono stati distribuiti dal governo USA ai paesi alleati della regione. Anche munizioni di recente produzione russa (2013) sono state trovate in possesso dell’ISIS, probabilmente depredate alle forze di difesa siriana. Proiettili e munizioni sembrano arrivare anche dal Sudan, paese dalla forte tradizione di produzione d’armi (è il terzo in Africa, dopo Egitto e Sudafrica), e il cui ruolo molto ha giocato nelle guerre civili africane degli ultimi anni.

Ilyas Akengin (Agence France Presse): Danza curda dopo la presa di Kobane
Ilyas Akengin (Agence France Presse): Danza curda dopo la presa di Kobane

Uno dei rapporti più recenti del CAR analizza armi e munizioni sottratte all’ISIS (in particolare dalle forze curde) durante la battaglia di Kobane in Siria, tra il settembre del 2014 e lo scorso Gennaio. Nell’arsenale sono stati rinvenuti fucili cinesi CQ da 5.56 mm, che somigliano ai fucili CQ che il Sudan forniva ai ribelli sud-sudanesi nel 2013: entrambi hanno il numero di serie rimosso (una pratica molto utilizzata nel traffico illegale di armi). Non è chiaro però se queste armi siano state portate in Siria da cinesi, sudanesi o un terzo intermediario. Anche fucili di produzione belga sono stati ritrovati nell’armamentario dell’ISIS, probabilmente di provenienza libica. E ancora armi anti-carro di produzione russa e bulgara, missili egiziani, e altri tipi di armi homemade.

Molto presto, grazie a iTrace potremo avere una mappa più chiara dell’armamentario illegale che gira in questo pazzo mondo, come ad esempio l’intero arsenale di fucili e carabine M16 di produzione Usa che si trovano oggi in Siria.

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