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Il lato oscuro dei new media: mister 4chan chiude e torna a casa dalla mamma
Carnevale o rutto? La sentenza toccherà ai posteri, ma quando si parla di 4chan.org si può presentire il risultato fin da ora. Per i Greci il caos è ciò che si spalanca sbadigliando, un abisso senza fondo e senza senso. È una buona definizione anche per 4chan.org, il sito che Christopher Poole ha creato il 1° ottobre 2003, dalla sua stanza di studente quindicenne di New York City. L’intenzione era aprire uno spazio in cui condividere fotografie e materiale sui manga giapponesi, a immagine e somiglianza del nipponico Futaba Channel; quello che è uscito è un fenomeno di proporzioni cosmogoniche, espresso da numeri in cui si allineano tanti zeri quanti di solito ne infilano le statistiche di dimensioni nazionali: 35 milioni di visitatori e 320 milioni di pagine viste al mese, oltre 40 miliardi di clic accumulati dal giorno dell’online. Invece della devozione alla cultura popolare giapponese, con la sua rassegna di cimeli iconografici e testimonianze private, la bacheca ha finito però per ospitare il campionario delle perversioni mediatiche al gran completo: questa trasfigurazione, decretata dai lettori/autori che sciamano nel forum, ne ha sancito il successo universale.
La notizia è che nonostante i risultati strabilianti dell’operazione, Poole ha deciso di ritirarsi a vita privata nel gennaio di quest’anno, dopo dodici anni di onorata carriera e nemmeno un centesimo guadagnato dalla gestione della piattaforma. Anzi, al termine del suo lungo percorso, il fondatore di 4chan ha dovuto abbandonare l’appartamento in affitto e tornare a casa dalla madre, oberato da 20 mila dollari di debiti. Le macchine necessarie a contenere le evacuazioni digitali dei frequentatori del sito hanno un costo non comprimibile sotto una determinata soglia, e Poole ha sempre dovuto sostenere il peso economico della morbosità dei suoi ospiti da solo: nemmeno gli imprenditori più spregiudicati si sono mai avventurati nell’esperimento di sponsorizzare la bacheca che partorisce e mette in circolazione i memi più imbarazzanti di Internet.
Gli utenti rimangono un quarto d’ora per ogni visita, grufolano su oltre nove pagine a sessione. Per oltre il 67% sono lettori fidelizzati, che compiono l’accesso diretto alle pagine del sito senza passare dalla mediazione di motori di ricerca e da social media; un altro 23% arriva da link posizionati su siti esterni. Sono tanti, interessati, autogestiti: emanano le loro deiezioni senza bisogno di sollecitazioni esterne, se le scambiano e se le contemplano con altrettanta autonomia, senza piani editoriali e processi di produzione redazionali. In apparenza 4chan incarna il sogno imprenditoriale di qualunque editore. Creatori di contenuti e consumatori spesso coincidono, fanno tutto da soli perché conoscono bisogni espressi e inespressi del mercato, essendone loro stessi i portatori. I problemi cominciano ad emergere non appena si dà un’occhiata alla natura dei contenuti capaci di richiamare le legioni di visitatori che affollano il forum, di attrarre e di conservare la loro attenzione. In un editoriale di qualche anno fa, il magazine Gawker dichiarava che il materiale prodotto ed esposto nella bacheca principale di 4chan, la sezione /b/ o Random, sarebbe stato in grado di sciogliere il cervello dei suoi visitatori: difficile scegliere un’immagine più efficace. L’intossicazione di gattini di cui il web soffre in modo endemico è partita da qui: ma i LOLcats sono l’invenzione più innocente dei fan che affollano la creatura di Poole, che sono anche all’origine di chimere inaccessibili ai migliori manuali di psicanalisi come i Pedobears, la Tubgirl, il Goatse.
Va riconosciuto a Poole il merito di un impegno implacabile, portato avanti per più di dodici anni, nei campi della tassonomia e della censura. Ha creato oltre sessanta bacheche per classificare ogni genere di contenuto, con abnegazione degna di Linneo (o di Borges), dai videogame alle conservazioni LGBT. Ha monitorato i post degli utenti eliminando la raffica di immagini pedopornografiche e di snuff movie proposti dagli utenti più indisciplinati. Ha imposto un regolamento che discrimina ciò che è ammissibile da quello che non si può tollerare, includendo in questo segmento i sintomi della violenza fisica reale, degli abusi sui minori, della violazione massiva perpetrata sui dati più basilari della privacy personale. Ha rispettato persino i precetti del Digital Millennium Copyright Act. Ma tutto questo non è nemmeno vagamente bastato a metterlo al riparo dalle controversie legali e dalla stupidità dei professionisti della giurisprudenza – che in molti casi ha innescato una competizione senza quartiere con quella degli autori dei contenuti pubblicati in bacheca /b/.
Il diluvio di LOLcats e di Rickrolling può sciogliere il cervello delle menti più deboli, sotto l’effetto della massa di idiozie cui gli utenti vengono esposti; dal punto di vista del diritto tuttavia non emergono implicazioni nocive di alcun genere. Non esiste ancora nessuna normativa ecologica che punisca lo stoccaggio di enormi quantità di spazzatura in Rete. A dispetto del messaggio di benvenuto di Poole, in cui si richiede di non condividere contenuti stupidi, la famiglia di contenuti disgustosi ha cominciato ben presto ad affollarsi di Tubgirl, la donna colpita da un attacco di diarrea mentre si trova nella vasca da bagno – seguita da scherzi razzisti, sessisti, omofobici e antisemiti di ogni genere.
Il repertorio include un’offerta informativa che assicura la liberazione dagli schemi del politically correct e un sicuro effetto sul pubblico: nel sondaggio condotto nel 2009 da Time per la selezione del personaggio più influente del mondo, Poole si è laureato primo in classifica, superando personaggi del calibro di Barack Obama (consolato dal Nobel per la Pace), di Oprah Winfrey e del Dalai Lama. D’altra parte fino al 9 luglio del 2008 la sua identità di fondatore e amministratore di 4chan era rimasta segreta: le sue apparizioni online erano veicolate (e lo sono state fino ad ora) dal nome di battaglia moot. È stato Jamin Brophy-Warren a compiere un vero e proprio scoop rivelando al mondo nome e cognome dell’allora ventenne Poole con un articolo sul Wall Street Journal.
Anche il fatto che Anonymous abbia preso corpo sulle pagine del forum e che abbia scelto per il proprio battesimo l’etichetta che viene assegnata dal Sistema agli utenti che frequentano la bacheca senza registrarsi (ossia quasi tutti), ha dato qualche motivo di pensiero all’FBI, e quindi al povero Poole. Ma secondo l’intervista rilasciata a David Kushner lo stress si è accumulato nel corso del tempo ed ha attraversato il punto di non ritorno durante l’estate scorsa, con l’esplosione in sequenza del Fappening, e poi della controversia sul Gamergate. Il primo è stato battezzato anche Celebgate, quando non si è voluto ricorrere all’etichetta spontanea degli utenti di Poole (che è una crasi di fap e It’s Happening: nell’idioletto della bacheca, sta per «il meme della masturbazione»). Scandalo e bufera giudiziaria hanno investito nell’agosto 2014 4chan, dove per la prima volta sono state diffuse le foto private di diverse celebrità americane, tra cui Jennifer Lawrence, Kate Upton e Kirsten Dunst, rubate da iCloud. Contrariamente a quanto avviene su Digg o su Reddit, su 4chan la pubblicazione è automatica, e viene rimossa dall’amministratore solo a prosteriori. Di conseguenza, chiunque voglia dilettarsi con la divulgazione di immagini di orge private, qui trova un altoparlante e un apparato di broadcasting di efficienza facile e sicura.
La comunità di 4chan si è impegnata ad incendiare il Gamergate con una sequenza di molestie sessiste nei confronti di un gruppo di donne che lavorano nell’ambiente dei videogame. All’origine di tutto si trova il blog in cui Eron Gjoni accusa l’ex fidanzata Zoe Quinn di essersi prostituita al giornalista Nathan Grayson per ottenere una recensione sul magazine online Kotaku, in favore del suo videogame Depression Quest. Nonostante la smentita da parte della testata che la critica sia mai stata pubblicata, dal 16 agosto 2014 su 4chan cominciano a fioccare intimidazioni contro la game designer e le sue sostenitrici, con minacce di violenze sessuali, di morte, di lesioni, persino con un progetto di fucilazione di massa per tutti coloro che si fossero presentati ad un dibattito pubblico presso l’università dello Stato dello Utah. Oltre alle provocazioni, i più facinorosi si sono prodigati in un’attività di doxxing, degna dei migliori «motori di ricerca di carne umana» che agiscono in Cina contro i dissidenti: la pubblicazione di informazioni su singoli individui, in modo che siano rintracciabili a casa propria o via telefono.
Sembra che a quel punto Poole abbia cominciato a meditare le parole con cui si è congedato dalla comunità di 4chan il 26 gennaio 2015: «As 4chan’s sole administrator, decision maker, and keeper of most of its institutional knowledge, I’ve come to represent an uncomfortably large single point of failure». (In un sistema informatico il single point of failure è la componente il cui malfunzionamento provoca la disfunzione dell’intera struttura).
È facile passare dall’allevamento di troll e di Pedobear, simpatici orsetti manga con spiccate inclinazioni pedofile, ad attività monetizzabili, o comunque accettabili dalla comunità dei finanziatori? Pare di no. Nel maggio 2010 Poole ottiene da Lerer Ventures (in collaborazione con nomi di primo piano, come Ron Conway, Marc Andreessen, Chris Dixon e Joshua Schachter) un primo round di investimento da 625 mila dollari per la fondazione di Canvas: una comunità fondata sullo scambio di immagini manipolate con Photoshop, tese alla creazione di memi da condividere online serbando l’anonimato dell’autore. Sebbene il fondatore e i suoi sostenitori si prodighino in tutte le interviste ad assicurare l’esistenza di differenze tecnologiche di fondo rispetto a 4chan, il pubblico continua a preferire il vecchio forum. Così, quasi due anni dopo l’operazione richiede un rilancio, che prende il nome di DrawQuest e che rastrella un secondo finanziamento di tre milioni di dollari da Union Square Ventures, che insieme a SV Angel e Founder Collective, si va ad aggiungere alla precedente compagnia di investitori. Per prendere meglio le distanze da 4chan, la nuova impresa consiste nella creazione di un’app per iPad, che mette a disposizione gli strumenti per creare illustrazioni a mano, con finalità estetiche e non memetiche.
Questa volta i numeri sono più confortanti: l’app riesce a convincere 1,4 milioni di utenti a effettuare il download, a farsi usare da 25 mila persone al giorno, a produrre otto milioni di disegni e 550 mila registrazioni. Ma anche con questi indicatori di gradimento, il 21 gennaio 2014 Poole è costretto a riconoscere il fallimento economico della sua avventura imprenditoriale. Dopo quasi 4 milioni di dollari andati in fumo, 20 mila dollari di debiti e due messaggi di addio, quello che resta è che il papà di 4chan vive con profonda onestà la coscienza dei propri fallimenti. Bancarotte finanziarie e morali costruite con numeri giganteschi, che nella storia dell’umanità in genere sono stati manipolati da ragazzi dell’età di Poole solo quando si trattava di imperatori o figli di imperatori.
Se 4chan fosse il film di un carnevale senza interruzioni, Poole ne sarebbe il papa legittimo. In un ambiente dove tutti i valori sono rovesciati, anche i trofei del re devono essere sconfitte, le sue ricchezze devono tramutarsi in debiti, il suo dominio in esilio. L’incoronazione di un antieroe sarebbe un bel finale romantico, e trasfigurerebbe la sua bacheca in una sottile operazione intellettuale, degna delle analisi critiche di Bachtin, dove si ribaltano i valori istituzionali, si denuncia la loro autoreferenzialità, si accusa il potere di mascherare la propria violenza sotto la parvenza di una legge di natura. Il carnevale scioglie i ranghi e spezza i legami autorizzati tra segni e significati. Separa i simboli e li rovescia in diaboli: per questo le creazioni di 4chan ci sembrano tanto brutte.
Ma Bachtin pensava a Rabelais, mentre l’inferno che si rovescia su 4chan è una condizione permanente di idiozia, ed è difficile ammettere che tutti gli adolescenti impegnati nella replica dei memi siano raffinati critici dei valori istituzionalizzati negli stereotipi linguistici e nelle funzioni gerarchiche della società. In un certo senso si potrebbe invece sostenere che siano i memi a generarsi attraverso di loro, come un’epidemia di virus influenzale: la loro affabulazione è una disgregazione della retorica abusata dai giornalisti, dai massmediologi, dagli eserciti di nerd instupiditi dalle ore – dalle notti – trascorse in immersione onanistica davanti ai social media e alle bacheche elettroniche.
Quello che esce da 4chan è la pulsione dell’inconscio di Internet che si mostra allo studioso delle reti vomitandogli in faccia lo sproloquio insensato di tutto quello che le persone perbene vorrebbero non venisse mai alla luce. È il demonio evocato dall’esorcista, che si moltiplica e si reincarna ovunque senza che si possiedano i mezzi per fermarlo; è la notte dei LOLcats viventi. È il brutto stesso dell’esistenza, senza mediazioni e senza letteratura. Senza nemmeno la macchia della colpa sediziosa, dell’intenzione ribelle.
La nostra è un’epoca di vuoto di passioni, e il flusso continuo di notizie che passano online è un frullatore del significante frammentato senza nemmeno significati da negare o rovesciare. Forse allora Poole è davvero il nostro Rabelais, e il suo fallimento è quello dell’intera cultura che il suo forum ha masticato e rivomitato da dodici anni. Ogni epoca ha il carnevale che si merita.
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