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“City of Ghosts”: a lezione di giornalismo a Raqqa, capitale dell’Isis

27 Gennaio 2017

C’era una volta Raqqa, Siria, una città aperta dove i ragazzi fanno le impennate in motorino, le notti sono lunghe, le ragazze ballano, si guarda il calcio in televisione sognando di diventare architetti, ingegneri oppure giornalisti. Non a caso qui – nel 2012 – le Primavere Arabe accendono l’entusiasmo dei giovani come da nessuna altra parte nel Paese. A migliaia si riversano nelle strade, urlando una sola parola: “democrazia”.

Taglio.

Un ragazzo cammina per le strade di Raqqa. E’ uguale a quelli che abbiamo appena visto, ma invece di gridare “democrazia” stringe una bandiera nera inneggiando a Dio. Da quella grande manifestazione di piazza non sono passati nemmeno due anni, ma sembrano due secoli. Per la prima volta dalla sua fondazione – avvenuta nel terzo secolo Avanti Cristo – Raqqa sta per diventare capitale. Non della Siria di cui era avanguardia culturale, ma di uno Stato nuovo conosciuto in tutto il mondo come Isis.

I motorini vengono distrutti, i locali chiusi, le donne segregate in casa. Sognare e’ proibito. La città diventa una città fantasma, nel silenzio complice del Mondo che preferisce voltarsi dall’altra parte per non alterare i complicati equilibri politici della zona.

Cosi’ comincia “City of Ghosts”, il documentario di Matthew Heineman (Cartel Land) in gara al Sundance Film Festival che racconta la caduta di Raqqa da un punto di vista speciale, quello dei 15 studenti della scuola di giornalismo locale che, guidati dal loro professore, invece che rassegnarsi a subire passivamente una delle dittature più crudeli e assurde della Storia decidono di reagire.

Da un lato usando la creatività, scrivendo slogan satirici sui muri armati solo di una bomboletta spray, stampando opuscoli di propaganda anti-fondamentalista con la stessa copertina dei pamphlet di regime, in modo da confonderli con le altre copie senza dare nell’occhio.

Dall’altra mettendo in pratica quello che hanno imparato a scuola, riprendendo di nascosto le atrocità che l’Isis mette in atto e poi postando tutto su Twitter, con il nome di battaglia di RIBSS – Raqqa Is Being Slaughtered Silently (Raqqa sta venendo macellata in silenzio).

Un uomo viene strappato alla sua bancarella, crocifisso – i polsi e le caviglie inchiodate come Cristo -, portato in giro per la città e poi lapidato a morte. La sua colpa? Nessuna. Si deve semplicemente far vedere che i tempi sono cambiati.

Sette operai, in ginocchio nella piazza principale del Paese, ascoltano un ragazzino di tredici anni offrire i loro corpi come sacrificio e monito per gli altri. Con la meticolosità di chi vuol far bene il proprio dovere, l’adolescente spara loro in testa. Uno dopo l’altro i corpi cadono. Le teste finiscono infilzate sul recinto di una scuola.

Immagini che abbiamo intravisto al telegiornale o su internet, a cui siamo assurdamente ed erroneamente abituati e che eppure qui riacquistano, improvvisamente, tutto il loro valore perché filmate da pochi passi, da una mano tremante e piena di paura che sa che, dovesse essere scoperta, farebbe la loro stessa fine. L’annullamento di qualsiasi distanza tra le vittime e l’osservatore e’ destabilizzante: quelli non sono più fantocci di un macabro show televisivo, ma diventano persone, inermi esseri umani che non desiderano altro che la morte, purche’ tutto finisca in fretta.

Ben presto l’Isis comincia a dare la caccia ai ribelli del RIBBS e il Califfo Al-Baghdadi in persona dedica loro un anatema, anch’esso ripreso in diretta. “Verremo a prendervi, vi uccideremo e poi festeggeremo la vostra morte, cani!”. Sembra di leggere quello che molti italiani hanno scritto sulla bacheca di Charlie Hebdo la settimana scorsa: che ad alcuni connazionali convenga un’istruttiva gita da quelle parti? O c’e’ davvero chi sogna un gemellaggio tra il vecchio Isis – Islamic State of Iraq and Syria – e questo nuovo Isis – Italian State dell’Ignoranza e della Stupidita’ – capitanato dal Califfo Al-Fiorhello?

Purtroppo il professore leader del RIBBS e’ individuato a causa di una spia. “Lo zio”, come lo chiamano i suoi studenti, viene sgozzato.

Dopo milioni di visualizzazioni, finalmente la Comunita’ Internazionale di accorge di Raqqa. Nessuno interviene, Obama garantisce che la situazione e’ “under control” ma alcuni ragazzi del RIBBS sono trasferiti segretamente in Germania. Li vediamo mentre, felici come e’ felice solo chi scappa a morte certa, provano ad organizzare la Resistenza di chi e’ rimasto in Syria da piccole camere in località segrete. Mentre camminano al sabato pomeriggio, guardando le vetrine dei negozi, mesmerizzati da così tanta libertà arrivata tutta insieme, parlando del mestiere del giornalista, di quanto vorrebbero tornare a farlo in Europa, da uomini liberi.

Ma i sogni come al solito durano poco. A Raqqa i compagni rimasti sono uccisi uno dopo l’altro. Per le vie delle città tedesche migliaia di persone alzano un cartello con scritto “Fuck Refugees”. L’Europa che doveva essere il lieto fine e’ solo l’inizio di una storia che nessuno sa come continuare a scrivere. Non ci saranno giornali su cui scrivere: solo stanze di pochi metri quadrati da condividere in quattro.

Oltre a essere un altro straordinario documento per capire la situazione attuale in Siria, oltre a essere un modo unico per rendersi davvero conto di cosa sia veramente l’Isis, “City of Ghosts” e’ – soprattutto – un’irripetibile lezione per tutti quelli che esercitano il mestiere di giornalista.

P.S. “City of Ghosts” (comprato poche ore fa da Amazon, che ne ha acquistato i diritti di distribuzione mondiale) e’ costato quanto il compenso di Carlo Conti per una singola puntata del Festival di Sanremo 2016.

 

 

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