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I tesori del Litorale sloveno
Maja Slivnjak è responsabile ufficio stampa dell’Ente per il Turismo Sloveno in Italia. Il post è sponsorizzato da:
Il Litorale sloveno in primavera è uno dei segreti meglio custoditi del mio paese. E, devo dire, anche uno dei più affascinanti. Non sono in molti, in questo periodo, a frequentare questi 47 chilometri di costa, ma cittadine come Pirano, Portorose e Isola sono veri e propri gioielli, e si affacciano sull’Adriatico più bello e blu che si possa immaginare.
Pirano, in particolare, sembra essere il paesaggio di un cartone di Hayao Miyazaki (mi viene in mente “Porco Rosso”, che infatti è ambientato poco lontano da qui, sulla costa croata). Con le prime giornate di sole, quando la bellezza del luogo è tale da far traboccare tutti di energia, riesco a immaginare poche cose più appaganti nella vita che contemplare l’Adriatico. Magari sorseggiando un bicchiere di vino al tavolino di uno dei tanti localini sul lungomare. I turisti latitano, e l’unico rumore che infrange il silenzio è quello delle onde: la cornice ideale per leggere un bel romanzo…
È una cittadina davvero eclettica Pirano, intrisa di storia, salsedine e sole. Dalle sue celebri mura del XVI secolo si può godere di una splendida vista del mare, come cinque secoli fa, ma senza il timore di avvistare tra le onde un vascello turco (al massimo qualche gabbiano). Le sette porte della città sono una vera cavalcata nella storia: ad esempio Porta Mugla è del XIII secolo, Porta Delfin con il suo stemma dei tre delfini è del XV secolo, Porta Marciana risale al XVI secolo. Sono medievali numerose stradine lastricate e il Duomo di San Giorgio, oggetto di varie leggende (non a caso San Giorgio è il patrono della città, e ogni anno alla fine di aprile, proprio in onore del santo, si celebra una suggestiva festa dei salinai).
Il palazzo municipale risale al Trecento, ma è stato ricostruito alla fine del XIX secolo in stile neoclassico. La lunga dominazione della Repubblica di Venezia è invece ricordata, oltre che dalla scultura del Leone alato presso il palazzo, dalla bella casa rossa chiamata, appunto, la Veneziana. Sulla facciata della casa, vivace esempio di barocco, un’epigrafe recita “Lassa pur dir” (Lasciali parlare); si racconta che la casa fosse stata un dono di un mercante veneziano alla sua bella amante piranese, e che oggetto della laconica epigrafe fossero le malelingue e i pettegoli locali.
La Veneziana è situata all’angolo tra via IX Corpo e piazza Tartini, la più grande della città. La piazza prende il nome dal celebre violinista del XVIII secolo Giuseppe Tartini (autore del famoso “Trillo del diavolo”). Tartini è il nume tutelare di Pirano, e ha la sua casa natia proprio sulla piazza. Oggi l’edificio, di origine trecentesca ma ristrutturato in stile neoclassico, è la sede della Comunità degli Italiani e ospita un piccolo museo di Tartini, inclusa la maschera mortuaria del virtuoso, il suo testamento e il suo violino.
A tratti ho la sensazione che Pirano sia un dono del mare, come se qualcuno avesse gettato in Adriatico una grande rete e recuperato dal fondale i tesori più bizzarri. La cittadina ha uno splendido acquario, con più di 140 organismi marini, una vasta esposizione di conchiglie, un museo del mare e un museo delle attività subacquee. Anche la cucina piranese, e in generale della costa slovena, è assai legata al mare: pesce alla brace, frutti di mare, brodetti, marinate, ma anche ministre, frittate mediterranee, polente, pane con l’olio d’oliva e i deliziosi asparagi selvatici che crescono ai margini dei boschi della zona.
Pirano poi è nota per il suo sale, tra i più rinomati del mondo. Quest’“oro bianco” sloveno viene estratto dalle saline di Sicciole, in funzione da tempi immemori, secondo un metodo tradizionale vecchio di 700 anni. Grazie alla sua particolare composizione minerale il sale è usato nei migliori ristoranti del mondo, e mia figlia Mia ne è ghiotta: ogni volta che passiamo da Pirano le compro un po’ di cioccolato con il sale.
Le saline sono il più esteso ambiente umido della Slovenia, e ospitano un’amplia varietà di uccelli. Ecco perché questo paradiso dei birdwatcher è stato proclamato quindici anni fa parco naturale, e protetto da regolamenti stringenti. In effetti sono state osservate lì oltre 270 specie di uccelli, 90 vi nidificano, e tutto il parco è un delicato intreccio di ecosistemi marini, palustri e terrestri. Al tramonto le saline sono uno spettacolo straordinario: il sole rosso si specchia sulle vasche dove evapora il sale, trasformandole in lastre incandescenti di metallo, e nell’aria tiepida sfrecciano gli uccelli a caccia di insetti; se non fosse per la brezza adriatica, si potrebbe pensare di essere nelle risaie del Vietnam, o del Laos.
Chi (come il mio compagno Borut) è molto attivo può anche percorrere in bici la Parenzana, la vecchia linea ferrata che un tempo collegava Trieste a Parenzo, oggi in Croazia; invece i più contemplativi, come la sottoscritta, possono optare per la passeggiata sul lungomare che in 20 minuti conduce sino a Portorose, e gratificarsi al traguardo con un bel bicchiere di vino istriano.
Portorose è una cittadina di 3mila abitanti affascinante sin dal nome, che rimanda a una chiesa del luogo dedicata a Santa Maria delle rose. Portorose è sempre stata amata dai potenti, sin dai tempi dei romani, che qui avevano sfarzose ville e tenute agricole (me li immagino, questi patrizi compiaciuti, che discettano di filosofia greca e politica romana contemplando il blu dell’Adriatico…) Centro termale attivo già nel Medio Evo, ai primi del Novecento Portorose era una località di villeggiatura rinomata in ogni angolo dell’Impero austro-ungarico. Fulcro della stagione mondano-balneare era l’hotel Palace, elegante struttura bianca dove la miglior aristocrazia viennese e la nobiltà magiara si mescolava con la rampante imprenditoria triestina e i facoltosi industriali della Boemia.
Oggi ribattezzato hotel Kempinski Palace, questo gioiello della ex “Riviera austriaca” (dove si respira ancora oggi un’atmosfera da Vecchia Europa) vanta tra i suoi ospiti personaggi illustri come il maresciallo Tito, il regista Orson Welles, gli attori Marcello Mastroianni e Yul Brynner, i cantanti Adriano Celentano, Mina, Patty Pravo.
Un’altra suggestiva località del Litorale sloveno è Capodistria, che il poeta italiano Gabriele D’Annunzio nell’Alcyone chiama “succiso adriatico fiore”. La cittadina, che in sloveno ha il nome di Koper, è nota per la bellezza della sua architettura, a cominciare dal quattrocentesco Palazzo Pretorio, per secoli sede del potere veneziano. Il dominio della Serenissima non era tutto rose e fiori: proprio accanto al Palazzo Pretorio c’è la “bocca del leone”, dove i cittadini infilavano le denunce contro i contrabbandieri di sale, i corrotti e i dissoluti.
Gli amanti della natura non si annoiano a Capodistria. Oltre al mare c’è, a soli tre chilometri dalla principale piazza della città, la riserva della Val di Stagnòn (Škocjanski zatok). Questa vasta zona umida accoglie tantissimi uccelli (dal fagiano al fenicottero, dalla tortora selvatica all’usignolo di fiume), pesci, anfibi e mammiferi come la volpe rossa, la lepre e il riccio. Non solo: si possono osservare anche due cavalli della Camargue e il boscarìn, il bue podolico che secondo alcuni sarebbe autoctono dell’Istria (e discenderebbe addirittura dall’uro, l’antenato selvatico di tutti i bovini), per altri sarebbe giunto nella regione al seguito di Attila, o dei primi coloni romani. Anche qui, come in tutto il Litorale, passato e presente si intrecciano.
In copertina in alto, Pirano (foto di Alan Kosmač/ Sidarta doo; fonte: Slovenia.info). Maja Slivnjak, autrice dell’articolo, è responsabile ufficio stampa dell’Ente per il Turismo Sloveno in Italia.
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