Letteratura
Sette brevi lezioni di fisica. La scienza bestseller di Carlo Rovelli
Se la scienza incontra lo storytelling e vanno insieme al cinema, in genere combinano pasticci. Imitation Game: dopo mesi di incertezze il genio matematico Alan Turing intercetta casualmente una segretaria che sente il fidanzato marinaio e, Eureka!, fonda la crittografia moderna, crea il primo supercomputer e vince la seconda guerra mondiale. La teoria del tutto: vent’anni dopo un altro genio matematico, Stephen Hawking da Oxbridge, fa certi suoi calcoletti che attirano l’attenzione di chi ne sa, e quant’è bravo nelle sue condizioni, e vince pure il Nobel; ma soprattutto quella sua moglie è davvero una santa donna. E mettiamoci pure Interstellar, dove grazie a certi avanzamenti tecnologici (suggeriti da Kip Thorne, fisico quantistico), e a una certa voglia del regista Christopher Nolan di fare il verso a Stanley Kubrick, scopriamo che: seconda stella a destra questo è il cammino, imboccare l’orizzonte degli eventi, e poi infilarsi nel buco nero (attenzione: spoiler) è forse la migliore cura anti-aging dalle origini dell’universo. Per farla breve: più il cinema si appassiona alla scienza e la riveste della sua melodrammatica superficialità, più ci si sospinge verso il ridicolo e oltre.
Che poi è un peccato, perché invece il mondo delle scienze si merita di meglio. Un libriccino di Adelphi, per esempio.
Sette brevi lezioni di fisica del fisico teorico Carlo Rovelli è il come volevasi dimostrare in libreria di una divulgazione scientifica che piace, funziona, all’occorrenza sorprende gli editori ma di certo ha un mercato vero.
Le brevi lezioni, scritte per chi conosce poco la scienza moderna, raccolgono ed espandono una serie di articoli pubblicati sul domenicale del Sole 24 Ore, con l’intento, conseguito in pieno, di condurci per mano sul bordo di ciò che sappiamo a guardare come scintilla il mare di quanto non sappiamo.
Ed è uno choc, parliamoci chiaro.
Primo: perché per la fisica ci vuole quello che oggi sembrano avere solo i concorrenti dei reality: tanta voglia di mettersi in discussione. Un conto è apprendere che Einstein ci ha regalato la “più bella delle teorie scientifiche”, la teoria della relatività generale, un conto è metabolizzare che la Terra non gira attorno al Sole perché tirata da una misteriosa forza, no, lo fa perché il Sole piega lo spazio intorno a sé, lo distorce, e la Terra, correndo in uno spazio che s’inclina, ruota. Si spiega, Rovelli: “come una pallina che rotoli in un imbuto: non ci sono misteriose forze generate dal centro dell’imbuto, è la natura curva delle pareti a far ruotare la pallina. I pianeti girano intorno al Sole e le cose cadono perché lo spazio s’incurva”. E sentite questa: non s’incurva solo lo spazio, pure il tempo. Il tempo passa più veloce in alto e poi rallenta, vicino alla Terra. Non è cinema: si può misurare. Due gemelli, uno va a vivere sul cucuzzolo e l’altro al mare: quando si rincontrano il montanaro è più vecchio. Un pochino, ma quanto basta a rabbrividire.
Secondo: perché per la fisica ci vuole coraggio. Noi esseri umani “se siamo speciali, siamo speciali come è speciale ognuno per sé stesso, ogni mamma per il suo bimbo. Non certo per il resto della natura”. Lassù è pieno di spazio, la nostra galassia non è niente di che e noi siamo briciole che per nulla sfuggono le regolarità della natura. Sì: la nostra anima è solo un’istanza come un’altra delle meraviglie dell’universo.
Carlo Rovelli ci racconta in poche, semplici pagine la grande rivoluzione avvenuta nella fisica del XX secolo e ci ricorda pure, col suo stile sospeso tra praticità e poesia, che la dicotomia tra le due culture, quella scientifica e quella umanistica, sta solo nella testa di chi non conosce né l’una né l’altra.
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