Innovazione

L’influencer marketing è una bolla che prima o poi scoppierà?

13 Aprile 2018

Lo scorso gennaio un hotel di Dublino ha pubblicamente accusato una travel blogger pubblicando la sua offerta di visibilità in cambio dell’ospitalità presso la struttura: la circostanza ha avuto una certa eco per la reazione stizzita dell’albergo, ma anche per la necessità di comprendere meglio l’apporto dei cosiddetti influencer data la difficoltà a misurare le loro attività secondo i metodi classici del marketing digitale.

Anche nel rapporto con i loro follower, gli influencer rischiano di perdere credibilità: lo scorso autunno Sara Melotti, un’influente travel-blogger, ha raccontato come il cambiamento dell’algoritmo di Instagram abbia influito sulle sue scelte editoriali e – è la sua accusa – anche sul modo con cui altre influencer del settore abbiamo messo in secondo piano il racconto personale per sostituirlo con un atteggiamento più in linea con i requisiti dell’algoritmo e tale da mettere in luce più le attività di sponsorizzazione da parte delle imprese.

Se pensiamo a quello che avvenuto in settori come il fashion e il food, gli influencer hanno applicato al meglio le tecniche del marketing digitale come l’indicizzazione sui motori di ricerca e la predisposizione di un efficace storytelling su YouTube e sui social media, ma hanno soprattutto fondato il proprio successo sulla capacità di raccontare in presa diretta la propria esperienza personale intercettando il calo di fiducia che i lettori dimostrano nei confronti dei media tradizionali. Tale credito non è però dato per sempre: si fonda sulla autenticità con cui testimoniano il loro racconto in prima persona ed ogni attività pubblicitaria è una sfida alla loro credibilità.

Se gli influencer debbono quindi camminare su un sentiero sottile fra contenuti offerti ai propri lettori e valore prodotto per le aziende partner e se i social media stanno offrendo tecnologia crescente (pensiamo ai video live) e strumenti avanzati per monetizzare la loro audience (ad esempio i co-branded post su Facebook ed Instagram), le aziende debbono sviluppare sistemi efficienti per individuare, mappare e interagire con gli influencer nonché modalità sostenibili per valutarne il coinvolgimento.

Ecco qualche strumento con il quale le aziende possono individuare gli influencer più adeguati per loro:

Buzzsumo.com, per individuare dove si parla di un tema e capire quale è il blog che ha prodotto post più virali sui social media;
Facebook Audience Insights per analizzare le Pagine Facebook che il proprio target segue maggiormente;
Followerwonk per comparare influencer su Twitter;
Buzzole Finder per individuare influencer.

Di seguito invece qualche tool per osservarne l’apporto:

– i co-branded post su Facebook ed Instagram consentono l’accesso al partner commerciale a tutti i dati di rendimento dei post pubblicati dall’influencer;
Socialblade per analizzare i rendimenti di un canale YouTube;
Tweetreach per osservare la diffusione dell’hashtag della campagna e per osservare la visibilità ottenuta da chi su Twitter si è rivelato più efficace;
– molti sono poi i tool che analizzano gli account su Instagram più influenti fra i quali Sproutsocial;
– nel caso dei blogger, imprescindibile l’analisi delle Conversioni Indirette con i software come Google Analytics e l’osservazione dei link con Google Search Console e Open Site Explorer.

La diffusione dei social media ha introdotto, anche per aziende più piccole, la possibilità di interagire con il proprio mercato attraverso testate editoriali online, blog e protagonisti della Rete: sono nel contempo necessari strumenti e risorse avanzate per valutarne l’apporto per evitare che questo fenomeno tipico della Rete si sgonfi come una bolla.

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