Ambiente
Accordi ambientali e integrazione europea: i rischi globali del caso Volkswagen
Sugli Stati Generali sono apparsi diversi contributi interessanti sulla vicenda Volkswagen, che analizzano il problema da punti di vista diversi. L’utile riepilogo di Francesca Mandelli, il richiamo ai rapporti incestuosi tra stampa e case automobilistiche di Michele Fusco (c’è qualcosa di più noioso e irritante della pubblicità sfacciata degli inserti automobilistici?), e i limiti del sistema tedesco, sia visto dall’interno (Flavio Pasotti) che dall’esterno (Stefano Iannaccone) apportano tutti granelli di verità.
Il mio consiste nello sviluppare una riflessione sulle possibili conseguenze anche geopolitiche di questa situazione.
In un articolo tecnico, si tende a smontare l’importanza reale degli ossidi d’azoto come fattore inquinante e si spiega perchè proprio su questi si sarebbero concentrati gli strali di questo “scandalo”. D’altra parte, si afferma che la discrepanza tra risultati dei test in laboratorio e su strada sia un fenomeno conosciuto, noto da tempo agli esperti (ne parla anche Aldo Ferrara).
Credo che ciò nonostante, sia difficile considerare lo scandalo attuale una semplice montatura, uno specchietto per le allodole. I problemi di coerenze dei test e gli accorgimenti tecnici per falsarne i risultati possono essere noti da tempo agli addetti ai lavori, ma non credo che Winterkorn si sarebbe dimesso per puro scrupolo né la casa di Wolfsburg avrebbe accettato di cospargersi il capo di ceneri così facilmente, in un mercato nel quale la reputazione è tutto. Nè credo che sia sufficiente la semplice spiegazione in termini di guerra commerciale: penalizzare un concorrente pericoloso.
Il mercato dell’auto è ancora tra i più importanti al mondo, non solo nei mercati maturi ma soprattutto in quelli emergenti. Il mercato dell’auto rimane quindi – chiave, ed è quasi sempre l’oggetto di accordi specifici all’OMC e anche nel quadro dei sempre più numerosi accordi di libero scambio e regionali. Nei negoziati di tali accordi, i due capitoli tradizionalmente più complessi sono quelli relativi alla regole d’origine e alle loro percentuali di contenuto (specie negli accordi regionali) e quelli in materia di accettazione mutua degli standard e dei controlli tecnici.
Nel caso dei rapporti Usa – UE, ancora i più intensi al mondo nonostante l’ascesa della Cina, l’ostacolo principale è sempre stato il secondo, e bisognerà vedere come lo scandalo Volkswagen si ripercuoterà in termini d’accettazione mutua delle rispettive istanze di controllo (la soluzione ideale e meno costosa, che richiede fiducia totale nella controparte). Di certo, l’ammissione immediata di colpa da parte di Volkswagen e’ un brutto colpo non solo per la reputazione tedesca, ma per quelle europea in toto.
Molto significative potrebbero anche essere le ripercussioni sulla conferenza COP 21 di Parigi, che si apre il 30 novembre e che ha per obiettivo il raggiungimento d’un accordo che sostituisca il superato e limitato Protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni. Se l’Europa finora andava fiera del fatto d’essere l’unico grande attore internazionale che era riuscito a ridurre le emissioni di circa il 18% rispetto al 1990 (frutto della combinazione dell’uso crescente d’energie alternative e della crisi economica interna), a fronte di un aumento delle stesse da parte di tutti gli altri emissori (Usa, Cina ed emergenti), la vicenda Volkswagen potrebbe mettere in dubbio la consistenza dei dati reali sulla riduzione e indebolire l’autorità morale europea in tali negoziati (nei quali ha anticipato la promessa d’aumentare la riduzione al 40% nel 2030), annacquando forse anche la decisione dei neo-convertiti Usa e Cina sulla via di quell’accordo. Entrambi hanno manifestato, dopo molte reticenze, la volonta’ di prndere impegni precisi, senza definirli. Non dovrebbero cambiare opinione adesso (anche se una futura amministrazione repubblicana potrebbe farlo), ma l’UE potrebbe arrivare a Parigi meno solida di quanto non si pensasse, specie se si confermasse che altri produttori automobilistici hanno adottato artifici simili a quelli di Volkswagen.
Il contenzioso Volkswagen è anche legato agli sviluppi nei mercati energetici, la caduta dei corsi petroliferi e il disincentivo esistente negli Usa a ridurre, nonostante tutto, l’uso di benzina. Se il “piccolo formato” negli Usa fa qualche passo avanti, il diesel e altri combustibili alternativi alla benzina mica tanto, e questo scandalo viene come un anello al dito della potente industria petrolifera americana, che può deviare l’attenzione dalle proprie manchevolezze e insistere sull’opportunità di pompare a piacere.
In Europa, è certo che la gaffe tedesca può far piacere a molti, annoiati dal perfezionismo tedesco, messo a dura prova. Personalmente, non ho mai crduto alla teoria dei paesi “virtuosi” a fronte di quelli “viziosi: la realtà è sempre più complessa, e certe situazioni sono il risultato di situazioni economiche precise, non solo di “vizi” e “virtu'” nazionali come propagandato dai media di ogni paese.
Se la definizione dei parametri tecnici di controllo su ogni prodotto è materia europea, l’amministrazione dei test è di competenza nazionale o molto spesso regionale, a seconda della struttura istituzionale dei paesi dell’UE. Bisogna però ricordare che test, standard e regolamenti tecnici sono il nucleo duro dell’integrazione europea, e uno dei fattori principali d’integrazione. Fondamentale che da questa crisi non venga fuori l’ennesimo tentativo di annacquare il processo d’integrazione, perché quanto è successo non è il risultato di alcuna manchevolezza europea, ma un comportamento volutamente ingannevole, forse meno grave di quanto non si dica oggi o forse no, da parte di una casa automobilistica di punta.
Sulla possibile crisi esiziale di Volkswagen e eventuali gravissime conseguenze in termini di export, calo della domanda e occupazione credo si esageri: la crisi costerà molto a Volkswagen, ma non la porterà al fallimento, né a un calo nella domanda di autovetture in generale: semmai di diesel.
Se però il risultato fosse una tendenza centrifuga in un campo nel quale l’integrazione europea funziona bene, e un indebolimento delle prospettive d’accordo globale sul cambio climatico, allora i danni del caso Volkswagen potrebbero rivelarsi davvero ingenti.
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