Governo
Fare pulizia al MIT: ecco perché la missione di Delrio è impossibile
Pulizia: è questa la parola chiave in base alla quale Matteo Renzi ha scelto Graziano Delrio quale successore di Maurizio Lupi a Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Una pulizia oggettiva e soggettiva, per così dire, del dicastero. Innanzitutto, infatti, Delrio dovrà sfrondare lo sfrondabile, a partire dall’ “allegato infrastrutture” del Def (Documento di economia e finanza”) da presentare in Consiglio dei Ministri dopo Pasqua: è pressoché certo che si passerà da un elenco di 419 interventi per 285 miliardi di euro a una più sparuta lista di circa 50 opere, per un valore di circa 80 miliardi.
Il caso Musci
L’altro repulisti, dopo la bufera del caso Incalza, è ritenuto non meno necessario, ma sarà forse ancor più complicato, perché il Ministero è stato sottoposto a partire dal febbraio 2014 ad un processo di riorganizzazione che, pressoché concluso, è stato gestito dalla precedente amministrazione, individuando praticamente tutti i ruoli apicali per i prossimi anni.
È in quest’ottica che, secondo indiscrezioni, la prima poltrona a saltare potrebbe essere quella di Francesco Musci. Ex provveditore delle Opere Pubbliche di Puglia e Basilicata, Musci il 12 marzo, nell’ultimo Consiglio dei Ministri precedente l’arresto di Incalza e soci avvenuto 3 giorni dopo, è stato indicato come presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Un tempismo singolare dato che da due anni e mezzo il CSLP aveva una presidenza ad interim senza che nessuno sembrasse crucciarsene più di tanto. Indicato dall’ex Ministro Maurizio Lupi, il Governo non si è accorto o ha finto di non accorgersi che per Musci appena un mese prima il pm brindisino Antonio Costantini aveva chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di lottizzazione abusiva nell’ambito di un’inchiesta sulla realizzazione di un terminal nel porto salentino.
Oltre a Musci, la cui nomina non è ancora stata formalizzata, Delrio ha per legge 90 giorni per decidere se confermare i capidipartimento Amedeo Fumero (Trasporti) e Paolo Emilio Signorini (Lavori Pubblici), ma per il resto le posizioni apicali, come spiegato, sono già state quasi tutte assegnate o confermate.
La perdita dei fondi europei e i figli premiati
E non è solo una questione di vertici. In questi giorni, infatti, si sta concludendo la procedura di “interpello”, vale a dire il sistema di rotazione degli incarichi dei circa 200 dirigenti ministeriali di prima e seconda fascia, in corso ormai da mesi. Una procedura sulla quale stanno emergendo diversi punti oscuri. A fine febbraio la dirigente Chynthia Fico ha accusato la direttrice generale Margherita Migliaccio di averla indebitamente rimossa dall’incarico di responsabile dell’Autorità di Gestione del Pon Reti 2007-2013 (programma di gestione dei fondi strutturali europei in ambito infrastrutturale). Attraverso il suo legale Fico aveva denunciato non solo di aver saputo con anticipo da chi sarebbe stata sostituita, ma anche che la subentrante (che si occuperà della programmazione 2014-2020), Angela Catanese, era stata responsabile dell’attività di audit interno del Pon.
Proprio l’audit, stigmatizzava Fico, corroborata dalle dichiarazioni rilasciate da un portavoce della Commissione europea, è fra le principali cause dell’interruzione dei pagamenti del Pon imposta da Bruxelles, che rischia di costare al paese (la situazione è ancora in impasse e il termine è fine anno) la perdita di circa 900 milioni di euro di fondi (il 50% del totale).
Rintuzzate le accuse spiegando che la scelta aveva motivi curriculari e lo stop europeo motivazioni diverse da problematiche di audit, Migliaccio era tornata agli onori delle cronache poco dopo. A latere del caso Incalza, infatti, emerse che il figlio della direttrice, Antonio Alberto Tomao, architetto 28enne, era stato assunto nel marzo 2014 da Ingegneria SPM, società milanese guidata da quello Stefano Perotti che i magistrati di Firenze hanno fatto arrestare a metà marzo come sodale di Incalza. Un mese prima dell’assunzione del figlio, Migliaccio, in qualità di presidente della relativa Commissione di valutazione, aveva giudicato Incalza come la figura più idonea per guidare per tutto il 2014 la Struttura Tecnica di Missione del Ministero. Valutazione poi validata dal summenzionato capodipartimento Signorini, da gennaio succeduto alla guida della suddetta Struttura Tecnica su indicazione, sostengono gli inquirenti toscani, proprio di Incalza.
Le irregolarità sulla rotazione e il privilegio sindacale
Quello di Fico non è però un caso isolato, perché le irregolarità sull’interpello sarebbero altre e ne starebbero causando la ritardata chiusura (avrebbe dovuto concludersi a febbraio). È ad esempio il caso di una posizione di fascia A attribuita ad una dirigente della Ragioneria Generale dello Stato, cioè di un’altra amministrazione (ma conosciuta alle Infrastrutture dove ha lavorato per 15 anni), quando in via prioritaria si sarebbe dovuto scegliere personale interno. Circostanza che la direzione del personale del Mit ha giustificato a Unadis, sindacato autonomo fortemente rappresentativo dei dirigenti della pubblica amministrazione, adducendo “motivate esigenze organizzative”.
Proprio questo sindacato a febbraio aveva evidenziato a Lupi alcune irregolarità nella procedura, salvo poi ritrattare – “le anomalie riscontrate sono state risolte” ha riferito una portavoce – nei giorni scorsi. Un curioso ammorbidimento che qualcuno collega alla previsione di escludere dalle posizioni contendibili nell’interpello un posto di funzione dirigenziale di fascia A “a tutela di dirigente in distacco sindacale” e al fatto che l’unica dirigente in distacco sindacale è Barbara Casagrande, segretario generale di Unadis.
Un Consiglio Superiore svuotato
Il posto in questione, peraltro, è quello di Consigliere presso il CSLP. Ragion per cui tale previsione è stata contestata non solo dalla Cgil funzione pubblica, ma anche (e durissimamente) da Massimo Sessa, reggente ad interim negli ultimi due anni e mezzo del CSLP, che avrebbe eccepito a Lupi come l’operatività del massimo organo consultivo dello Stato in materia di lavori pubblici, depotenziato negli ultimi anni del 50% sulla dotazione globale e del 60% per quel che concerne i consiglieri (rimasti in 8), sarebbe stata sensibilmente lesa con un dirigente impegnato full time in attività sindacale.
Del resto se svuoti gli organismi istituzionali, ne puoi inventare di nuovi e più malleabili come le strutture tecniche di missione, il lavoro va pur fatto. Sessa quindi non è stato ascoltato e, se la nomina di Musci sarà confermata, tornerà alla direzione di una semplice sezione del Consiglio.
A Delrio il lavoro non mancherà.
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