Governo

Rottamato dal “clima di emozione”

27 Dicembre 2016

“Sulla riforma costituzionale mi gioco tutto”. Con queste parole, ripetute più volte, Matteo Renzi ha  condannato il suo governo a una fine anticipata, legata all’esito del referendum del 4 dicembre.

“L’Italicum lo copieranno in tutta Europa”. Oggi quella legge elettorale attende un giudizio – per molti negativo – della Corte costituzionale ed è già stata ampiamente messa in discussione da tutte le forze politiche, anche all’interno del partito dell’ex premier.

“Il jobs act non si tocca. Non si può dire: ragazzi abbiamo scherzato”. Pare, invece, che il governo Gentiloni stia lavorando a diverse modifiche all’impianto normativo per evitare che l’eventuale referendum abrogativo faccia a pezzi la riforma e dia un altro colpo “mortale” al Pd.

Cosa è successo? Che cosa ha trasformato, in pochissimo tempo, Renzi da rottamatore “smart” e di successo in una specie di perdente seriale? Molti dicono: “è la realtà che ha condannato Renzi”. Ora però, mi chiedo: quale realtà può aver bocciato una riforma costituzionale mai partita? E una legge elettorale mai utilizzata? Sul jobs act, poi, ci sono numeri e pareri discordanti. Io ho sempre pensato che sarebbe stato condannato da un’altra realtà (la stessa che condanna qualunque leader politico oggi, in Italia e nel mondo): la realtà mediaticamente determinata che produce il clima d’opinione.

Molto semplicemente, Renzi è passato da rottamatore vincente a rottamato perdente perché la sua immagine si è logorata in 3 anni di governo. Nessuno è in grado di sopravvivere, oggi, a 3 anni di governo senza perdere fiducia, credibilità e appeal sul popolo. Perché le opposizioni hanno “carta bianca” per sintonizzarsi con i nostri desiderata e perché i media cavalcano ogni notizia sensazionalistica (anche quando notizia non è) per venderci informazioni. E, solitamente, le cose positive non fanno notizia. Il tutto condito dalla crescita costante della post-truth society e della “bolla dei filtri”: un pezzo ampio della popolazione crede ormai a ciò a cui vuole credere (va oltre il vero e il falso, siamo al “così è, se mi piace”) e continua a (dis)informarsi in una bolla mediatica “su misura”, confezionata dagli algoritmi del web che a furia di personalizzare le nostre ricerche non fanno altro che chiuderci in un mondo pseudo-informativo fatto apposta per le nostre preferenze e non per risolvere i nostri dubbi e soddisfare la nostra curiosità. Se una verità non ci piace, spesso finiamo per convincerci ancora di più del suo contrario. Si chiama “backfire effect” in psicologia cognitiva, non mi dite che non avete ampie prove di questo atteggiamento…

In questo trionfo di bias cognitivi e in questa alluvione di stimoli, anche parlare di “opinione” sembra un eufemismo. Più che clima di opinione, infatti, sarebbe il caso di parlare di “clima di emozione”. Nessuna opinione maggioritaria pro-riforme costituzionali, pro-legge elettorale majority assuring, pro-riforma del mercato del lavoro può diventare nell’arco di pochissimo tempo indiscutibilmente minoritaria. Se lo è diventata è perché più che un’opinione sulle politiche del governo è un insieme di emozioni legate a una persona, Matteo Renzi.

Se prima tutto ciò che toccava diventava oro, oggi tutto ciò che ha toccato diventa un rottame. Questo fenomeno non può essere spiegato “razionalmente”, non può, cioè, essere un’opinione su opzioni di policy. È un’emozione, una sensazione generalizzata che ha cambiato verso. Come direbbe colui il quale ha cavalcato la prima ondata per crescere ed è rimasto inabissato sotto l’onda di ritorno.

“Volete il potere attraverso l’immagine? Allora perirete di ritorno di immagine”. Così scriveva Bourdieu diversi anni fa e oggi questo fenomeno sembra ancora più evidente. Vale per Renzi, ma vale per tutti. Chiunque ambisca a governare, è bene che sappia a cosa va incontro.

 

 

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