Governo
Quanti voti vale il brand Europa?
E’ stata la vittoria di Emmanuel Macron a convincere gli europeisti italiani a uscire dalla clandestinità e tirare fuori ragione e passione per un investimento politico sull’Europa, il nostro più desiderabile progetto comune. Nella Francia Melanchon-Lepenista, Macron non ha contrapposto agli avversari l’europeismo contraddittorio dei “pugni sul tavolo”; ha rilanciato l’impegno per una specie di rinascita neo-gaullista a dimensione europea – non esattamente una visione spinelliana ma una visione ambiziosa, progettuale e ai francesi l’Europa piace così, francese.
A quei tempi – meno di un annetto fa – in Italia gli anti-eurpeisti prosperavano, mentre la categoria dei costruttori d’Europa si articolava in uno spettro vasto e sfumato, fatto di molti “se”, tanti “ma” e un rosario di rivendicazioni.
Gli europeisti italiani degli ultimi tempi sono per lo più “antagonisti”- indimenticabile l’evoluzione umorale di Matteo Renzi premier, per l’Europa: dal vertice trilaterale italo-franco-tedesco (dunque non europeo) di Ventotene alla diretta video senza la bandiera blu a stelle dorate per una ripicca contro l’Europa restìa a concedere l’ennesima violazione alle regole comuni di bilancio.
Di italiani che europei si sentono ed europei sono, tuttavia, ce ne sono in Italia. Quale forza politica potrebbero mai votare costoro? Qualcuno si è posto per tempo la domanda.
Il primato dell’iniziativa spetta a Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Esteri dei governi Renzi e Gentiloni, radicale liberale che con Forza Europa ha piantato la bandierina nel deserto della proposta politica europea già mesi fa, ottenendone interesse elitario, attenzione, pacche sulle spalle.
All’iniziativa di Della Vedova si sono uniti i Radicali. Con Emma Bonino frontwoman nasce +Europa, la lista candidata alle politiche del 4 marzo che – come cronaca racconta – spunta il beneficio dell’esenzione dalla raccolta firme grazie alla disponibilità di Bruno Tabacci di mettere il simbolo “Centro democratico” a disposizione dell’iniziativa radical-elettorale +Europa.
Come in Francia, anche in Italia l’Europa scatena reazioni di pancia, per lo più negative. D’altronde, è stata usata come capro espiatorio di tutti i mali italiani senza che se ne riconoscessero mai le virtù, cioè i diritti e le garanzie che l’Europa ci consente di esigere dal nostro stato nazionale, che è talmente meraviglioso da esercitare la tortura e venirne per fortuna condannato.
Questo riconoscimento all’Europa i leader politici italiani – a parte i radicali – non lo concedono mai. Si pensi solo alle pressioni indebite dell’Europa denunciate nel 2011 da Berlusconi al tempo dello spread a 500. Lo stesso Berlusconi tuttavia che, se avrà giustizia della condanna da lui ritenuta ingiusta impartitagli in Italia, sarà grazie ad una corte di giustizia europea.
Il brand Europa insomma ha un mercato elettorale ristretto, ma con un’offerta stimolante e positiva potrebbe ampliarsi conquistando anche fette di anti-europeisti senza convinzione, come sono parte degli elettori grillini. La timidezza di Luigi Di Maio a spararla grossa contro l’Europa è dovuta alla consapevolezza che di elettori favorevoli al ritorno alle frontiere, alla Lira, al club del terzo mondo extra-europeo, in Italia non ce ne sono granché.
L’ha capito anche il capo politico dei 5 Stelle, cioè la Casaleggio: lo spazio elettorale “europeista” non è indifferente. Anche Berlusconi d’altronde ha già provveduto a marcare il territorio comunicativo pro-Europa. Il Pd ha addirittura lanciato eventi intitolati agli Stati Uniti d’Europa, sebbene Matteo Renzi non ne abbia rappresentato sin qui il più sincero dei testimonial.
Da questo punto di vista l’offerta elettorale + Europa è un’ottima intuizione. Le credenziali federaliste dei Radicali, l’autorevolezza di Emma Bonino, l’expertise di Della Vedova garantiscono alla lista il bollino di qualità europeista certificata. Non necessariamente questo è garanzia anche di voti, naturalmente.
In campagna elettorale però il mercato lo fa l’offerta. Se l’offerta fosse un progetto popolare, non tecnocratico, di rinnovamento e avanzamento dell’Europa, l’ascolto crescerebbe e crescerebbe anche il bisogno degli europei italiani di spazi politici per contribuire, mobilitarsi, partecipare.
Si alimenterebbe insomma una domanda di Europa fondata non su una scelta distorta, Europa sì/Europa no, ma su un dibattito sentito e diffuso, anche al di fuori delle solite cerchie, su Europa, come. Regole democratiche, tutele sociali e tutele digitali, diritti comuni: si parlerebbe di questo, non di “Europa”. Di obiettivi europei desiderabili e conseguibili e di un progetto europeo per conseguirli. Un progetto fatto di tante di parti, non solo istituzionali, in cui ciascuno ha la propria e la parte di ciascuno non è solo andare il 4 marzo a votare.
Se l’offerta degli europeisti italiani doc facesse insomma venire voglia di +Europa, i competitor meno convinti – Berlusconi, Renzi e lo stesso Di Maio – dovrebbero alzare il tiro a loro volta, impegnarsi con maggiore convinzione per non rischiare di regalare voti alla Bonino. Sarebbe intelligente, strategia macroniana. A Della Vedova, tra l’altro, Macron piace.
@kuliscioff
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