Governo
Arriverà una Tangentopoli bianca, e spazzerà questo Pd
Ognuno di noi ha un suo ’68 da esibire, nuovo o vecchio che sia, e di cui va anche un po’ orgoglioso, seppure sotto forma squisitamente contemporanea, magari un piccolo impegno per gli ultimi, un lavoro in una periferia dimenticata, un aiuto silenzioso a chi sta peggio di noi, o più semplicemente un rispetto sacro per gli altri e per le idee degli altri che in questo tempo amaro si può trasformare in un ’68 di cui andare anche un po’ fieri. Questo per dire che nel corso degli anni ognuno di noi tendeva sempre a qualcosa, e a liberarsi di qualcosa. Tendeva a un mondo migliore e a liberarsi di quello peggiore. (Noi a liberarci della Democrazia Cristiana: ovviamente, e come è particolarmente luminoso in queste ore, non ce l’abbiamo fatta). Semplice, elementare, dunque rivoluzionario. In questi giorni abbiamo letto, com’era inevitabile, più di un profilo del nostro nuovo premier, Paolo Gentiloni. La sottile linea rossa ci dice che è un uomo pacato e rispettoso dello stile, che non ama il conflitto ma anzi lavora incessantemente per smussare gli angoli. Ok, tutte cose note. Qualcuno, però, ha inteso mettere l’accento sul suo passato scapigliato, da extraparlamentare di sinistra, come a riconoscergli una cazzimma che morfologicamente così, di botto, non si direbbe. Ne sono sortiti esiti discretamente comici, come in questo ritratto per l’Unità di Carmine Fotia dove già la rappresentazione di loden e sciarpina di cachemire in un corteo del Movimento studentesco dovrebbe farci sospettare che sotto ci sia la magagna. Qualcuno ha avuto perisno il coraggio di twittare che Paolo Gentiloni è il primo presidente del Consiglio che proviene dalle fila dell’extraparlamentarismo di sinistra.
Ma mettiamo pure che sia. Mettiamo che il Movimento studentesco romano, che Capanna a Milano neppure considerava, oggi abbia uno dei suoi più illustri rappresentanti nella poltrona più importante del Paese. Come dovremmo rivedere quelle lotte, gli ideali di quel tempo, alla luce di questa “rivisitazione” della storia, quali riflessione ci impone una realtà delle cose cambiata così radicalmente? Per farsene un’idea, del prima e del dopo, forse basterà leggere una terribile considerazione di Luciana Castellina – nel 1980 ebbe Gentiloni come redattore di “Pace e Guerra” – che ha poi dato il titolo all’intervista: «Da extraparlamentare Paolo era bravo, poi non so cosa gli è capitato». A differenza di Luciana Castellina, noi sappiamo perfettamente cosa (gli) è capitato. Innanzitutto la perpetuazione di un enorme equivoco della storia, laddove si è creduto che tutti gli extraparlamentari fossero tali sol per la licenza e il gusto di mischiarsi con il popolo quello vero. E ve n’erano a bizzeffe di Gentiloni Silverj Vien dal Mare in quel periodo, che poi negli anni hanno preso strade molto diverse ma tutte, indistintamente, proiettate tra le braccia del Potere. Magari anche operaio (Potop), come nel caso di Paolone Mieli. Era del tutto inevitabile che molti dei rivoluzionari dell’epoca imboccassero poi la strada dell’establishment, persino matematico, per quella vocazione culturale che li avrebbe resi i prescelti della storia.
Ma si può dire, con la serenità del tempo che è passato, che si trattava di autentici infiltrati della Democrazia Cristiana travestiti da movimentisti? Guardate la storia dei Rutelli’s, che sono come le matrioske: ognuno ha fatto l’ufficio stampa dell’altro, tutti allegramente convenuti in età discretamente matura in una formazione politica che era l’espressione ripulita e post-Tangentopoli della Dc, ovverosia la Margherita, copertura politica di un qualche rispetto per non dirsi di sinistra-sinistra ma dalla chiara matrice balenottera. Cos’altro era questa Margherita, che un giorno andò a sposarsi con il rospaccio ex comunista condividendone nulla della storia, ma solo con l’interessata utilità di un matrimonio elettorale?
Per tutti quelli che hanno fatto il ’68, ma anche per tutti quelli che hanno un loro ’68 nel cuore, questa è la fine ingloriosa di una storia, di una speranza collettiva e ancor più crudele è il contrappasso che si perde nella faccia assente e gentile di Paolo Gentiloni. Che poi è lo zio buono del presidente che lo ha preceduto, anch’egli democristiano fino al midollo, del quale non si sa neppure se un giorno avrà il coraggio civile di sostituire Verdini con Pisapia (si può avere di grazia, oggi, fine d’anno 2016, almeno questa certezza?). Questo ex presidente, che ha scelto serenamente il suo successore imponendolo a Mattarella, crede di poter vivere senza pagare dazio una realtà parallela. Che è poi quella di (ri)conquistare il Partito Democratico per via congressuale, immaginando che sia quella la base di partenza migliore per riconquistare il Paese. Che è quella di mettere un’anima buona a Palazzo Chigi e con lui gestire le nomine più importanti da rinnovare a primavera. Che si garantirà così la benevolenza di Eni, Finmeccanica, Poste, Enel, Terna, e di tutte le strutture militari del Paese perchè così si sta al mondo (e poi non si sa mai). Al quale interessa il decoro momentaneo di un’uscita dignitosa, ma poi dalla notte successiva, rimboccate le coperte ai bimbi, si riprende con la sopraffazione delle intelligenze, muovendo nomi, prottegendo amici. Ma non funziona così, non più almeno, il destino del Partito Democratico non coincide assolutamente più con il destino della gente italiana. I fessi che straparlano del 40% non sono su questa terra.
Ma arriverà una Tangentopoli bianca, questo è nelle cose. Lo si avverte. Il popolo “sente” perfettamente l’agitazione del Potere per il mantenimento e il controllo delle situazioni. Non solo c’è una distanza, ma una separazione netta. Molti gradi di separazione. È chiaro che a ogni piccola frattura, a ogni caduta di dignità, a ogni esercizio stolido del Potere, qualcuno da un’altra parte gode. E gode senza fare nulla, solo assistendo alle rovine fumanti e suonandoci sopra. Sono i 5 Stelle. Di questa Tangentopoli bianca, che è poi un livello di sopportazione che sta per essere definitivamente superato, questo Matteo Renzi sembra non sapere nulla. Non pervenuta. Qualcuno invece al prossimo giro elettorale ne godrà. Indovinate chi.
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