Governo

Altro che democristiano, il Pd morirà verdiniano

11 Marzo 2015

La preoccupazione di morire democristiani è ormai archiviata. Il processo storico è andato ben oltre: per molti post comunisti del Pd, che almeno a parole professano ancora un credo di sinistra, quello di perire (politicamente) sotto le insegne dello scudo crociato è quasi un sogno. Oggi come oggi è il migliore dei mondi possibili. Le riforme costituzionali hanno portato a un’evoluzione che travalica gli incubi più neri per il dirigente (e l’elettore) medio del centrosinistra: il Pd rischia di morire verdiniano, decretando la fine di qualsiasi velleità di un Partito democratico con una identità ‘progressista’ (tanto per usare un’etichetta démodé). Nei fatti si sta assistendo alla nascita del Partito della Nazione, il vero sbocco immaginato da Matteo Renzi che intorno a sé vede un paesaggio desertico, con gli avversari rasi al suolo, e lui unica oasi di governo.

Il supporto della truppa verdiniana è un qualcosa di profondamente diverso dal Patto del Nazareno che, condivisibile o meno, rappresentava un dialogo con una forza di opposizione per riscrivere le regole comuni. La transumanza di parlamentari riconducibili a Denis Verdini, ex (?) uomo forte della macchina politica di Berlusconi, segna una mutazione genetica di un partito che da tempo sembra più concentrato alla conservazione della maggioranza, e quindi del potere, che alla coltivazione di un reale disegno politico a lungo termine. Verdini è da sempre descritto come il “lato oscuro” del berlusconismo: il suo avvicinamento nella maggioranza non sarebbe un’operazione di secondo piano.

In tale contesto assume una fisionomia nuova anche la “campagna acquisti” iniziata nello schieramento di Scelta Civica. Quello era solo l’inizio di un percorso che prosegue verso una meta: la conclusione dell’esperienza del Pd così come lo si immaginava alla sua fondazione. Probabilmente il nome non cambierà a breve, per non spiazzare del tutto gli elettori. Ma in maniera evidente, con la scusa della post ideologia e del pragmatismo, Matteo Renzi ha scelto di navigare in altri mari politici, molto distanti dal porto di partenza.

L’ex rottamatore, del resto, ha già tanto ampia dimostrazione della sua spregiudicatezza, abbattendo qualsiasi steccato pur di arrivare all’ottenimento del potere. Enrico Letta, per esempio, ne sa qualcosa. Ma la lista di persone “eliminate” è piuttosto lunga. Si potrebbe anche ricordare l’improvviso raffreddamento verso le primarie quando è servito alla causa.

Figuriamoci se oggi il presidente del Consiglio ha qualche scrupolo di coscienze a recitare il de profundis del Pd. Per lui è poco più di un’etichetta, uno strumento per arrivare dove ha sempre sognato di trovare dimora: a Palazzo Chigi. Peraltro la grancassa di dichiarazioni renziane è già pronta a partire: “Il supporto di Verdini alle riforme è solo la scelta responsabile di una parte dell’opposizione”. E quindi di fronte al principio di responsabilità i “gufi” e i “rosiconi” devono solo tacere. Del resto non c’è da meravigliarsi: i “Responsabili” sono stati sdoganati da tempo, perché non approfittarne?

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