Governo

Da MPS a Piombino: #matteosveglia, sei ancora in tempo

12 Luglio 2016

Su MPS si sono concentrate in modo dilettantesco numerose promesse di intervento, puntualmente non seguite da fatti. Il 6 luglio Pier Paolo Baretta, sottosegretario al Ministero dell’Economia, promette alla radio un intervento in poche ore e poi smentisce. Si fa trapelare poi la notizia di un intervento nel fine settimana sulle sofferenze di MPS (ma forse non si trovano i soldi) e nulla accade.

Siamo convinti dell’impegno e della buona fede di quanti lavorano in questi giorni a trovare una soluzione al problema MPS, ma occorre metodo e professionalità per portare una soluzione a casa e non fare brutte figure. È un titolo quotato le cui vicende impattano su tutti i titoli delle banche italiane ed una confusione così non è ammissibile. Tanti investitori  istituzionali hanno perso soldi, confidando sulla vigilanza della BCE e sull’autorizzazione a rimborsare i Tremonti bonds, e stanno pensando di fare causa alla prestigiosa istituzione guidata da Mario Draghi, visto che poco dopo ci si trova con lo Stato ad intervenire ed iniettare gli stessi soldi azzerando azioni (e secondo i tedeschi anche i subordinati). Un rischio serio, se a fare causa fosse qualche nome prestigioso della finanza globale. Si sta parlando della credibilità della Banca centrale, elemento essenziale per le politiche macroeconomiche dell’Unione Europea. Una crisi alla BCE che in tanti vorrebbero (inclusi gli americani che scommettono su una rottura dell’unione monetaria, ritenendo che la BCE sia insolvente…). L’obiettivo vero è Mario Draghi. Un rischio serio, questo, non come la patrimonializzazione di MPS. Una contraddizione forte questa serie di eventi, anche per la Vigilanza europea. Così come gli stress test, pensati per gestire il rischio e stabilizzare i mercati, che utilizzati invece a fini politici, destabilizzano titoli ed interi mercati. Per di più l’EBA è guidata da un italiano, Andrea Enria. Evidentemente il brillante Filippo Sensi non ha portato il nostro consiglio (del resto, il suo blog si intitola Nomfup, acronimo per “Not my f**ing problem”).

Ieri si è verificato un evento apparentemente irrilevante. Ad accogliere i cinesi a Venezia per la Conferenza internazionale “Along The Silk Roads” in cui si parlava di investimenti in porti c’era un inedito trio: Delrio, passato da sottosegretario della Presidenza del Consiglio a Ministro delle Infrastrutture, Romano Prodi, e (sorpresa, sorpresa) Enrico Letta.

Una coincidenza o qualcosa di più? C’è un filo sottile che lega i tre e passa per porti ed acciaio. In Toscana, la Toscana (anche) di Matteo Renzi. A Piombino, su cui ha scritto il tostissimo Claudio Gatti. Gatti presenta dubbi condivisibili sulla serietà dell’acquisizione fatta da Rebrab. Ed infatti a distanza di un anno gli investimenti latitano, salvo qualche piccolo anticipo pagato per i forni elettrici, anche grazie alla generosità di Unicredit e di SACE (pochi milioni, comunque), spinti forse dalla politica. Le linee produttive sono ferme o quasi. Il commissario Nardi che ha realizzato la cessione è preoccupatissimo. Personalmente sono convinto che Gatti abbia ragione. Sulla base di tre elementi: (i) l’amministratore delegato Zambon, persona seria che arrivava dalla Beltrame, è sparito velocemente (ii) gli investimenti veri a distanza di un anno non si sono visti (iii) Rebrab ha promesso di reimpiegare tutti gli oltre 2.000 dipendenti, cosa insostenibile con l’assetto produttivo basato su un forno elettrico. Quando si fanno promesse insostenibili, c’è sempre puzza di bruciato. È solo questione di tempo.

L’investimento di Rebrab a discapito di un acciaiere serio come Jindal è stato fatto dal Governo Renzi. Non per caso la vicenda dei due marò che si stava risolvendo s’era nuovamente complicata. La vicenda di Piombino è stata seguita da Claudio De Vincenti, ora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed ai tempi dell’accordo Vice Ministro per lo Sviluppo Economico.

Immaginiamo che Gatti abbia ragione. Probabilmente il problema di Piombino emergerà a breve. Si potrebbero fornire a Piombino altri mezzi finanziari per guadagnare tempo, ma non servirebbe. Si potrebbe infilare Piombino nel salvataggio dell’ILVA, ma è già complicato di per sé (bisogna anche aiutare qualche altro acciariere italiano…). L’emersione del problema farebbe emergere un fortissimo dissenso sociale nel cuore della Toscana, con oltre 2.000 famiglie (e relativo  indotto) nei guai.

Qui entra Delrio, che come Ministro delle Infrastrutture è interessato al destino del porto di Piombino su cui Rebrab doveva investire (ed anche lì poco o niente). Si dice nel back office del potere che Del Rio abbia coinvolto Prodi per smuovere Calenda, Ministro dello Sviluppo Economico, competente sull’acciaieria. Cosa c’entra Letta? È di Pisa, molto vicino a chi conta davvero a Livorno. Ed è il famoso Enrico di #enricostaisereno, diventato virale.

Un filo sottile, forse immaginario. Immaginiamo l’esplosione del problema di Piombino, nel cuore della Toscana, a ridosso del referendum che toglie il sonno a Renzi. Una bella inchiesta su questo fantasioso algerino e la stranissima assegnazione a lui, arrivato a procedura quasi finita e senza competenze nell’acciaio, di un impianto così importante. Un disastro prevedibile e che come tale travolgerebbe il premier in un momento delicatissimo. Nel cuore della Toscana da cui è partito. Un colpo mortale. Difficile scaricare oggi la colpa sul governatore della Toscana Rossi o De Vincenti.

Forse per questo ieri Renzi ricordava a Severgnini il famoso hashtag #enricostaisereno? A #matteostaisereno noi preferiamo #matteosveglia. Sei ancora in tempo.

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