Governo
Cosa lega l’arresto di Incalza a Mario Draghi
Cosa lega l’arresto di Ercole Incalza, storico dirigente dei Lavori pubblici, a Mario Draghi? Nulla di quanto gli amanti delle trame possono pensare ma molto in termini di risultati. Sull’impatto del Quantitative Easing fortemente voluto da Draghi ci sono interpretazioni di ogni genere ma gli opinionisti sono generalmente propensi a sostenere che l’effetto su famiglie e settore privato, se ci sarà, sarà di rimbalzo mentre chi ne beneficerà direttamente saranno gli stati nazionali. Per questo gli analisti sommano al QE il budget straordinario per gli investimenti pubblici previsto da Juncker, non nascondendo però sia la esiguità del cash messo a disposizione dalla UE, sia, maggiormente, la effettività della smisurata leva finanziaria che dovrebbe innescare e sulla quale la Commissione appunta la propria credibilità. Questo pacchetto, di sapore keynesiano, dovrebbe permettere la apertura di cantieri pubblici in tutta Europa, in modo particolare in quei paesi che per vincoli di bilancio gestiscono ormai, e a fatica, solo le spese correnti e hanno tagliato drasticamente sugli investimenti.
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E qui ci imbattiamo sul caso Incalza, non tanto per le responsabilità individuali quanto per la ennesima prova della estrema fragilità ed opacità dei processi decisionali italiani in termini di opere pubbliche. Qualche tempo fa discutevo con un amico sul prevedibile innalzamento nel 2015 del lavoro per i nostri TAR (quello delle Procure arriverà dopo) giacché non esiste gara pubblica che non veda ricorsi in magistratura (amministrativa, se va bene) con tutte le dilazioni temporali del caso. In aggiunta, la scarsa qualità intrinseca delle opere in cantiere combinata con la fretta del Governo italiano nel voler vedere risultati fa pensare si avvicini una nuova stagione delle Emergenze procedurali e commissari straordinari più che una riforma delle stesse. La morale è che se l’Italia punterà sulle sole opere pubbliche per recuperare il gap di crescita con gli altri paesi europei è facile prevedere che questo gap in realtà si allargherà per la maggiore efficienza e velocità nel prendere l’occasione QE delle pubbliche amministrazioni altrui.
Tutto ciò, oltre a trasferire minimo al 2016 i primi concreti impatti del QE sulla ricchezza degli italiani, ci pone di fronte al lavoro di riforme dei processi e delle competenze che nessun governo ha voluto o saputo affrontare: mettere benzina in un motore imballato non serve a nulla, prima devi mettere mano al motore e dato che non hai tempo lo devi fare a motore acceso, cosa pericolosetta. Vi sono tracce di questo lavoro? Francamente nessuna e l’impressione è che i responsabili siano atterriti dalla dimensione del lavoro da svolgere: il tragico è che hanno ragione, se non cambia nulla.
Cosa deve cambiare? E’ facile, lo stato deve ridurre il perimetro della sua competenza e deve allargare quello dei privati: piaccia o non piaccia questa è la sostanza. Uno Stato ridotto è uno stato riformabile e gestibile; uno Stato che rimane obeso, strabordante, dove i dirigenti sono responsabili della correttezza della pratica da evadere e non del risultato da raggiungere comporta che chi vuole i risultati cerchi chi è disposto a infrangere la correttezza della pratica.
Questo è ciò che lega Incalza a Draghi: c’è un budget smisurato, non c’è il mezzo per impiegarlo. Ci sono però abilissimi roditori e masochistici quanto indignati lettori dei libri di Stella.
Volete da me una parola di speranza? Non ve la dò nemmeno se mi pagate.
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