Governo
Appello per la scuola pubblica
E allora che fare? È con i genitori che bisogna prendersela perché non vogliono che i loro rampolli facciano progressi sottostando a severa disciplina. Tanto per cominciare sacrificano tutto, ivi incluse le proprie aspettative, all’ambizione. In secondo luogo, pur di centrare in fretta gli obiettivi, buttano nel Foro ragazzotti immaturi. (…) Se invece lasciassero allo studio uno sviluppo graduale, permettendo così ai giovani di modellare le proprie menti sui precetti della filosofia, di migliorare lo stile con rigore impietoso e di soffermarsi a lungo sui modelli da imitare (…), allora sì che la grande oratoria ritroverebbe tutto il prestigio della sua maestà. Ma al giorno d’oggi a scuola i ragazzi passano il tempo a giocare.
(Petronio, Satyricon, 4)
Con poche efficaci parole già nel I secolo d.C. Petronio mette in evidenza due gravi problemi della scuola: la fretta di centrare gli obiettivi e il ludocentrismo, palesi storture e disfunzioni in nome delle quali il luogo deputato allo studio e all’educazione è stato volutamente trasformato in una struttura aziendale e verticistica organizzata, in generale, per l’intrattenimento dei giovani – e non per la loro migliore formazione – secondo gerarchie feudali che ormai poco spazio lasciano alla cultura e che perseguono, invece, l’intenzionale abbassamento dei saperi e il deliberato declassamento dei docenti, ridotti a svolgere una mera funzione burocratica con compiti esclusivamente applicativi ed esecutivi.
La fretta di centrare gli obiettivi non spinge soltanto i genitori a pretendere risultati rapidi e immediati per i loro figli, ma induce tutto il “sistema scuola” a semplificare e a deproblematizzare i processi di istruzione. Tale fenomeno ha determinato uno svuotamento capillare dei contenuti e del loro significato a vantaggio di non meglio specificate “competenze” che subordinano il mondo dell’istruzione alle logiche economicistiche, finalizzando quasi completamente lo studio alle istanze del mercato del lavoro: a tale scopo risponde, infatti, in modo particolare, l’istituzione della Alternanza scuola-lavoro, che, addirittura, dal prossimo anno avrà un peso notevole nel punteggio degli Esami di Stato a scapito delle effettive prove d’esame: un provvedimento, questo, che depaupera ulteriormente il valore dello studio in sé, cioè come attività libera, e lo asserve, appunto, alla dimensione economica.
In secondo luogo, la più palpabile realizzazione di principi ludocentrici – spacciati dal Miur come metodologie innovative o addirittura come “avanguardie didattiche”- consiste nella acritica celebrazione degli strumenti tecnologici che in modo pervasivo hanno occupato ogni spazio fisico e operativo della scuola, nella erronea convinzione che l’azione orientata a sostituire o snellire lo studio con attraenti applicazioni digitali e a nobilitare queste ultime con appellativi mutuati dall’ambito semantico dell’istruzione (“learning app”), possa nascondere il loro surrettizio scopo: depotenziare il senso della cultura nel mondo scolastico.
Alla luce di queste considerazioni è sorta un’iniziativa encomiabile: un APPELLO PER LA SCUOLA PUBBLICA a favore del quale tutto il mondo della cultura si sta mobilitando e che, per l’appunto, è già stato firmato da illustri intellettuali del calibro, per esempio, di Romano Luperini, Giulio Ferroni, Umberto Galimberti, Salvatore Settis, Michela Marzano, Nadia Urbinati.
Per indicazioni e informazioni specifiche si rinvia al seguente link: http://www.laletteraturaenoi.it/index.php/il-presente-e-noi/732-appello-per-la-scuola-pubblica.html
Per la lettura del testo integrale dell’appello con i nomi degli attuali firmatari e per compilare il modulo di adesione, si fa riferimento al seguente link: https://sites.google.com/site/appelloperlascuolapubblica/
Petronio con acuta capacità di analisi rivolge nel Satyricon una precisa accusa al ceto intellettuale del suo tempo: un silenzio complice. Perciò fa pronunciare allo straccivendolo Echione, nel suo latino popolare e impreciso, un’inquietante provocazione rivolta al retore Agamennone:
Tu, qui potes loquere, non loquis. (“Tu che puoi parlare, non parli”).
Compito degli intellettuali (gramscianamente intesi come persuasori permanenti) è rompere ogni forma di passiva accettazione dell’esistente dato come immutabile: occorre PARLARE, DENUNCIARE, prendere posizione contro la vile indifferenza o, peggio, l’interessato utilitarismo, mali che perpetuano lo status quo.
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