Giustizia
Chi è Carmelo Zuccaro: vita e miracoli del Procuratore che accusa le Ong
Forse c’è un nuovo “sceriffo” in città. La città è Catania, lui è Carmelo Zuccaro, la nazione l’Italia. Da giugno 2016 è il Procuratore Capo alle pendici dell’Etna, salito alla ribalta delle cronache per la sua inchiesta – che non è un’inchiesta, almeno per ora – sulle organizzazioni non governative (ong) che soccorrono i migranti nel Mediterraneo. Ora gode di fama indiscussa anche nell’opinione pubblica, come non se ne vedeva forse dai tempi di Mani Pulite con i clacson che osannano i Borrelli e i Di Pietro “non tornate indietro” lungo corso di Porta Vittoria a Milano.
Potrebbe esserci qualcosa di sporco, di molto sporco – dice il magistrato – dietro gli “umanitari”. Indicibili accordi con i trafficanti; soldi che dalla Libia approdano ai conti esteri (quali?) delle organizzazioni; piani per destabilizzare l’economia e la società italiana (tutte parole sue) e marciare quindi su questo caos organizzato. Manca solo il “Piano Kalergi” ma non disperate, il tempo è galantuomo.
Prove? “Non ne abbiamo – ci tiene a precisare. “Non ne abbiamo ancora” aggiunge minaccioso. “Abbiamo delle conoscenze”. Io so ma non ho le prove. Un magistrato come Pasolini. Bene. Fonti? Non si può dire. Perché non provengono dai vari organi di polizia giudiziaria ma è materiale d’intelligence – non utilizzabili in un processo. L’Aise? Il Dis? Cia? Mossad? Europol? Non dice quali agenzie (chiacchierati sono i servizi tedeschi e olandesi), ma ora sì, abbiamo le prove, tuona Zuccaro intervistato da la Stampa il 23 aprile. Abbiamo le prove. Quali prove, ordunque? “Delle telefonate fra la Libia e alcune ong”. Strano. Perché 30 giorni prima, parlando davanti al comitato Schengen a Montecitorio ha detto testualmente “non ho sotto controlli i telefoni”. Che abbia disposto intercettazioni in due settimane? Difficile visto che per le utenze estere servono rogatorie non proprio facili da ottenere.
L’arcano viene svelato qualche giorno più tardi: non sono vere e proprie telefonate ma solo i tabulati. Quindi Zuccaro sa solo che le chiamate sono avvenute e in un solo caso – sostiene – il contenuto di un’intercettazione effettuata dai servizi segreti con la frase “Stiamo mettendo in mare i gommoni. Intervenite!”. Pronunciata in che lingua? Sarebbe interessante saperlo. Rivolta a quale ong? C’è il segreto. Da parte di chi? Un prete libico? Un miliziano di Ansal Al-Shari’a? Un trafficante di uomini? Magari un altro migrante che non è partito e ha avuto notizia di un naufragio dove è morto il fratello, come ha testimoniato Save The Children ai microfoni di “Tutta la città ne parla” su Radio3. Magari. Visto che i numeri di telefono delle ong sono pubblici su internet per ovvie ragioni.
Ma Zuccaro non ha solo questo. Lui sostiene di possedere i nastri di alcune conversazioni avvenute via radio. Lavoro d’intelligence pure questo. Intelligence piuttosto scarsina visto che basta sintonizzarsi sul canale 16 della radio, dedicato alle emergenze internazionali, per sentire tutte le conversazioni che avvengono su quelle specifiche frequenze. Per esempio è normale sentire alla notte, quando tutti sono collegati in attesa di SOS o mayday, alcune grida, schiamazzi e parolacce in italiano che militari libici, forti di un dubbio gusto dell’umorismo, urlano nelle radio per divertirsi e importunare chi sta dall’altro capo della trasmittente. Chi è stato in mare lo sa. Sembra saperlo meno l’attuale capo della Procura di Catania, la città di Pippo Fava, spesso oggetto di critiche per non procedere a velocità omogenea nelle diverse indagini condotte.
Ma andiamo avanti. Il capo delle toghe rosso-blu è uomo “riservato”, che “preferisce il silenzio alle parole, le azioni ai fatti”, “un uomo di Stato con la schiena dritta”, indipendente dalla politica e che schifa la visibilità mediatica, “non per scortesia – giammai – ma per portare avanti ciò che ha iniziato e ricominciare subito dopo un’altra cosa”, “impossibile trovare uno spazio, una pausa, strappargli un’indiscrezione”. Così lo descrivono in Sicilia le cronache di giudiziaria al momento della sua nomina. Un magistrato tutto d’un pezzo che come da stereotipo tiene un profilo basso e va dritto per la sua strada. Tanto mite e schivo lo Zuccaro appare che negli ultimi due mesi ha parlato solo qualche decina di volte con la Stampa, Agi, Ansa, TGR Sicilia, Agorà, Matrix (due volte) e Repubblica – solo per rimanere sul nazionale – pronunciando timide frasi come “Davanti alla Libia a Pasqua sembrava lo sbarco in Normandia”. Per intendersi il weekend di Pasqua è stato quello in cui un gommone è rimasto abbandonato per 30 ore in mezzo al mare nonostante i ripetuti contatti, come ha ricostruito il Guardian, mentre l’unica nave di Frontex che da mesi a questa parte effettua sporadici salvataggi, la norvegese Siem Pilot, veniva prima dirottata verso lo Ionio per poi vantarsi di aver soccorso 1.700 persone su 8.500. Quando nemmeno questa informazione sembra del tutto vera – stando alla parole di Riccardo Gatti della ProActiva Open Arms – perché i salvataggi li hanno fatti le navi umanitarie e la marina militare. Ma su tutto ciò Zuccaro torna riservato e non si esprime, oltre a guardarsi bene dal convocare conferenze stampa aperte dove porre delle domande. Le telecamere lo infastidiscono proprio.
Ma chi era Carmelo Zuccaro prima dell’improvvisa notorietà? È stato un enfant prodige della giustizia e dell’antimafia siciliana. A soli 40 anni Presidente di Corte d’Assise a Caltanissetta durante i processi su Capaci e via D’Amelio ter. Ancora oggi ha per le mani alcuni dei fascicoli più scottanti, come quello sul Cara di Mineo che vede addirittura il coinvolgimento del Sottosegretario all’Agricoltura di Ncd, Giuseppe Castiglione, a cui viene contestata corruzione in cambio di voti quando in Sicilia reggeva la Provincia di Catania. Una curiosità: sul Cara di Mineo non ha parla così tanto, non rilascia interviste e davanti alla commissione parlamentare sul sistema d’accoglienza ha chiesto che ampi stralci della sua deposizione fossero secretati.
Si laurea presto Zuccaro ed entra in Guardia di Finanza come solo i 50 migliori laureati potevano fare domanda all’epoca. A 25 anni vince il concorso ed entra in magistratura. La corrente di riferimento fra le toghe è UniCost, Uniti per la Costituzione, minoritari lungo la penisola (anche se spesso decisivi, grazie agli accordi fra correnti che contraddistingue la girandola delle nomine) ma non a Catania. Dove i centristi togati hanno da sempre un peso specifico particolare. A 36 anni, nel 1992, in piena fase stragista e dopo la morte di Falcone e Borsellino, viene invitato in Parlamento da Luciano Violante, insieme con altri magistrati siciliani di spicco. Per parlare dei rapporti malati mafia-politica-imprenditoria sull’isola. E svela dettagli succulenti, per quella fase, tanto da chiedere la secretazione degli atti pure in quel caso. Giustamente.
A inizio Duemila uno screzio che si prolunga per un lustro con il giudice Pasqualino Bruno, di 20 anni più anziano ed esperto di lui. Entrambi vogliono la poltrona di Procuratore a Nicosia. Il giudice Bruno fa ricorso numerose volte per otto anni contro la decisione del Csm di affidare a Zuccaro l’incarico. E vince sempre. Ma per uno di quei curiosi corto circuiti della giustizia italiana non ci va lui a Nicosia. Infatti il magistrato che contesta una decisione del Csm deve rivolgersi a Tar e poi Consiglio di Stato. Quest’ultimo può solo revocare la decisione presa e rimetterla di nuovo alla mercé del Consiglio Superiore. Il quale, se gradisce (e Zuccaro lo gradivano), compie la stessa scelta revocata dai giudici amministrativi. Ad avere tempo il loop può andare avanti all’infinito.
Zuccaro, però, è un sopraffino uomo di legge. Come quando, nel 2011, assieme al suo Capo, Michele Patané e lui nel ruolo di Aggiunto e coordinatore della Dda, chiede l’archiviazione dell’ex Governatore di Regione, Raffaele Lombardo, per concorso esterno in associazione mafiosa. I due avocano l’inchiesta scatenando la furia dei quattro pm di Catania titolari che vogliono tirare dritto lungo la strada della “caccia al cinghiale” Raffaele Lombardo. I pm vogliono pescare l’asso dal mazzo. La Procura si spacca. Le motivazioni di Zuccaro e Patané sono formalmente ineccepibili ma il Gip dell’epoca gli dà torto lo stesso. E ancora in primo grado Lombardo viene condannato sia per voto di scambio che per concorso esterno. Bisogna attendere l’appello, il 31 marzo 2017, per dare a Cesare ciò che è di Cesare. Per l’ex Governatore condanna per voto di scambio acclarato (con l’aggravante del metodo mafioso), stabilisce la corte, ma concorso esterno proprio no. Certo, Lombardo i voti li ha presi, i boss li ha incontrati ma non ha attivamente favorito Cosa Nostra. Il fatto non sussiste e Zuccaro aveva ragione sin dal principio. Perché lui agisce col fioretto quando muove un’accusa – come si confà a un magistrato attento alle garanzie di indagati e imputati.
Il fioretto lascia posto a una sciabola quando parla di ong, trafficanti, immigrazione. Per esempio il 4 dicembre 2015: un ventunenne siriano, Morad Al Ghazawi, viene arrestato a Pozzallo dalla Polizia di Ragusa per terrorismo e col sospetto di essere una cellula solitaria dell’Isis entrata in Europa. È il caso del “migrante con il passaporto Isis” o “diploma Isis” o “lasciapassare per jihadisti”, come lo ribattezzano i giornali citando fonti investigative. Chi prende in mano il fascicolo e coordina le indagini? Proprio lui: Carmelo Zuccaro, quando già sta imboccando l’ultima curva per il rush finale che lo conduce, sei mesi dopo, sulla poltrona più prestigiosa dell’ufficio giudiziario etneo. Sul ventunenne siriano si affida a Digos ragusana e investigatori.
Che trovano sul telefono del ragazzo un documento su carta gialla con foto di un’altra persona, un timbro dell’Isis e un testo in arabo che attesterebbe il superamento di un corso di formazione jihadista (sic). C’è un problema: il testo è stato tradotto in maniera grossolana. In realtà è un “attestato di non-miscredenza” come scoprono Radio Radicale, che per prima solleva il caso, e la redazione di Meridionenews, rilasciato dal “governatorato della Svezia a nome di Mamo Al Jaziri”, un cantante siriano di origini curde che vive a Stoccolma da anni. Un documento che gira in rete da più di un anno sempre con foto diverse – una bufala pazzesca.
Come del resto le altre “prove” eclatanti della Procura: il testo che gli trovano su whatsapp “Non c’è altro Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo Profeta” che a Catania stabiliscono essere il messaggio di affiliazione allo Stato Islamico. Mentre invece è la “shahada”, uno dei primi precetti del Corano – la professione di fede – che vale per tutti i musulmani del mondo. O ancora: la richiesta di fermo della Procura dove si cita un’altra bufala: il video ritrovato sul telefono di Morad Al Ghazawi dove secondo i magistrati si vede “un arabo proclamare la difesa della Siria imbracciando fucili e spade”. E in effetti si vede. Bene: ’’arabo in questione nel video ha una lunga barba finta, il fucile è finto, la spada pure ed esce dalla stanza sculettando. È satira. Proprio contro gli islamisti come ha mostrato Amedeo Ricucci su Rai 1. Tutte informazioni disponibili prima della sentenza a cominciare dal fatto che sul passaporto del ventunenne, quello vero non il “passaporto Isis”, ci sono timbri del 2012 che mostrano come si è rifugiato in Giordania prima di partire alla volta dell’Europa. Nel 2012. Quando Isis nemmeno esisteva in Siria. Ma le evidenze non bloccano la Procura guidata da Zuccaro che ancora quest’anno chiede quattro anni di carcere. Viene assolto ma intanto Morad si è fatto 16 mesi di prigione a Sassari in quella nota come la “Guantanamo d’Italia”. Ora è in Germania, ricongiunto alla famiglia. Chi lo conosce dice che è rimasto seriamente traumatizzato, fino ad oggi.
Ma Zuccaro non si demoralizza con gli errori – clamorosi – e torna all’attacco. Questa volta delle ong. Si concede prima a un quotidiano locale dove dichiara fra le altre cose: «Ci stiamo muovendo con dei poteri che non sono quelli dell’autorità giudiziaria». Interessante, verrebbe da chiedersi: ma quali? Con quali regole di ingaggio, e sulla base di quali norme? Poi si concede a Repubblica: “Forse la cosa è ancora più inquietante – dice – alcune ong hanno finalità diverse: destabilizzare l’economia per trarne dei vantaggi”. Boom. Destabilizzare l’economia. Se fossimo dalle parti della mitica Procura di Trani potremmo immaginare un grande complotto fra ong, migranti, trafficanti e agenzie di rating per sconvolgere l’Italia.
Non solo. Zuccaro esce dal perimetro della sola giustizia che gli calza oramai troppa stretta e dispensa consigli a mezza Europa con perle di saggezza come: «La giustizia ha tempi troppo lunghi». Per lui l’immigrazione «è un problema politico non basta la risposta giudiziaria». E quindi si domanda perché, ad esempio, Malta non collabori prendendosi anche lei i migranti senza che la Ue batta un ciglio. Sul perché Bruxelles non faccia la voce grossa e non affidi i “compiti a casa” a uno dei suoi 3-4 paradisi fiscali interni ai confini Ue, sospendiamo il giudizio che ci viene da ridere. Ma se il magistrato, ormai famoso perché il solo uomo in Italia ad intaccare gli interessi dei “veri” poteri forti italiani come ong e Caritas, avesse voluto una risposta con cui purtroppo non si fanno i titoli dei giornali, avrebbe potuto leggersi un documento del Ministero delle Infrastrutture. È il resoconto delle attività di soccorso svolte nel 2015. Dove a pagina 2, nelle note, si legge: «Oltre alla propria area SAR (Search and Rescue NdR) in esecuzione della convenzione di Amburgo del 1979, l’Italia opera di fatto anche in un’area di 630.000 km² di responsabilità degli Stati frontisti del nord Africa (Tunisia, Libia ed Egitto) e di Malta. Tale situazione è dovuta all’inadeguatezza degli assetti di Guardia Costiera dei Paesi frontisti, ovvero come nel caso di Malta, dell’eccessiva estensione dell’area SAR di competenza rispetto alle risorse disponibili». Traduciamo a modo nostro un’ovvietà: Malta è troppo piccola. La Ue invece non è piccola e quindi ci sarebbe piuttosto da domandarsi dove stanno le navi dell’agenzia europea Frontex. Ma Zuccaro questo non se lo chiede. Lui pensa a «Una Procura Europea? Molto rumore per nulla», come recita il convegno che ha presieduto all’Università di Catania lo scorso 22 ottobre.
Di cosa va a caccia, quindi, il magistrato? A leggere e ascoltare le sue numerose interviste o scartabellando fra le audizioni ufficiali in Parlamento si rischia l’emicrania. Perché al lunedì le accusa di collusione con i trafficanti di uomini, ipotizzando quindi «un collegamento di fatto, obiettivo, tra gli organizzatori del traffico e queste ong», dichiara davanti al Comitato Schengen a Montecitorio il 22 di marzo. Tre righe più sotto si smentisce: «A prescindere dal fatto che ancora non ci risulta e probabilmente non inseguono profitti privati, si rendono comunque responsabili del reato di cui all’articolo 12 della Bossi-Fini o no? Appena si verificherà un caso aprirò un’indagine». Bossi-Fini, articolo 12. Quindi favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nelle sue varie declinazioni. È una linea – discutibile, perché le convenzioni internazionali sull’obbligo del soccorso in mare sono superiori alla legge italiana – ma almeno è una linea.
Un mese dopo però dichiara: «Ci sono le ong buone e quelle cattive». E fra quelle buone Medici Senza Frontiere, dal 1971 una nelle principali organizzazioni al mondo e nel ’99 premio Nobel per la Pace. MSF, però, è anche quella che ha effettuato materialmente più trasbordi a Pozzallo, Augusta, Catania e gli altri porti italiani per via della netta superiorità dei suoi mezzi e preparazione dei suoi equipaggi. E quindi dovrebbe essere nell’occhio del ciclone se l’obiettivo è dimostrare il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Non è così perché è MSF è fra le “buone”. Mentre sotto la lente della Procura, fra le “cattive”, rumors olandesi dicono che ci sarebbe la Sea Watch 2 (ong tedesca, bandiera olandese) che però non ha mai, nemmeno una volta, varcato le acque territoriali italiane con a bordo migranti. È un’imbarcazione troppo piccola per farlo, come tante altre presenti in mare. Inadatta a fare trasbordi. E quindi ormeggia a Malta e parte solo per missioni di due settimane consecutive. A chi “cede” la Sea Watch i migranti dopo averli soccorsi in alto mare? A navi militari delle operazioni Mare Sicuro, Sophia e a quelle della Guardia Costiera Italiana e sotto l’egida del Maritime Rescue Coordination Centre di Roma. E infatti la GC rilascia comunicati stampa ringraziando tutti i soggetti coinvolti nei soccorsi con nomi e cognomi. O almeno lo faceva, fino a poco tempo fa. Prima che un provvidenziale, quanto improvviso e inspiegabile, guasto ai server e ai pc togliesse dall’imbarazzo le capitanerie, visti i venti di tempesta che si abbattono sulle ong. E i comunicati non sono più arrivati nelle redazioni.
Cosa vuole fare Zuccaro ora? Indagare per violazione della Bossi-Fini anche la Guardia Costiera e il MRCC che coordinano le ong? Anche l’ammiraglio Enrico Credendino di EuNavFor Med che, fra le altre cose, ha combattuto per cinque anni la pirateria in Somalia? Il contrammiraglio Andrea Cottini appena insediatosi a capo di Mare Sicuro? I vertici del Ministero della Difesa e delle Infrastrutture? Parrebbe proprio viste le risposte piccate che ha ricevuto da tutte queste istituzioni. Il Ministro Pinotti, l’ammiraglio Credendino, il generale Screpanti della Guardia di Finanza, il vice Ministro agli Esteri, Mario Giro, e di recente anche il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando – che viaggia sull’equilibrismo delle primarie Pd – hanno tutti smontato o quanto meno detto che non c’è alcuna prova a supporto delle ipotesi di Procura e Frontex. Fatte invece proprie da uno youtuber ventitreenne di Torino intervistato da Striscia la Notizia (e che per il momento è la fonte più autorevole di notizia di reato) e deformate in maniera grossolana dal deputato M5S Luigi Di Maio («servizio taxi») e anche da Matteo Renzi («ong furbe»). Oltre che da un nutrito manipolo di complottisti della prima ora, alcuni dei quali frequentano anche ambienti ministeriali.
Siamo sicuri che non sarà così: nessuno dei vertici dello Stato verrà mai indagato dalla Procura di Catania per violazione della Bossi-Fini o per qualche strana associazione per delinquere con le reti criminali libiche. Non potrebbe essere altrimenti. Indagare un povero migrante buttando in pasto al mondo la sua affiliazione all’Isis, del resto, è sicuramente più facile.
L’improvvisa ribalta conquistata dal procuratore, tuttavia, non ha lasciato indifferenti gli organi competenti. Giovanni Legnini, vicepresidente di Csm, ha diramato una nota, nella giornata di pubblicazione di questo articolo, che recita così: «Sulle dichiarazioni del Procuratore della Repubblica di Catania Carmelo Zuccaro, comunico che, dopo aver sentito i capi di Corte e il presidente della Prima commissione consiliare, avv. Giuseppe Fanfani, sottoporrò il caso all’esame del Comitato di presidenza alla prima seduta utile fissata per mercoledì 3 maggio. Fermo restando che, come è noto, spetta al ministro della Giustizia e al Procuratore generale della Cassazione di valutare se sussistono o meno i presupposti per l’esercizio dell’azione disciplinare».
Attendiamo sviluppi e, naturalmente, le prossime interviste.
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